Angelo Schiavio: dallo Scudetto del 1925 alla Rimet del ’34
Giugno 21, 2020Angelo Schiavio è stato uno dei più prolifici attaccanti degli anni ’20 e ’30 del calcio italiano, vincitore dei mondiali del 1934 e di diversi titoli col Bologna, ci cui è stato una bandiera per quasi 15 anni.
Il 10 giugno, nella storia, è una data che lega con un filo rosso due avvenimenti della storia italiana a 10 anni di distanza.
1924: l’omicidio Matteotti, reo di aver denunciato i brogli elettorali fascisti, è il segnale inequivocabile della gestione violenta del potere del regime.
1934: l’Italia, nei mondiali di casa (la Coppa Rimet), diventa campione per la prima volta. Si disse che gli arbitri della manifestazione furono scelti personalmente dal duce, che fu visto dialogare più volte amichevolmente con i direttori di gara delle partite dell’Italia.
Il gol del 2-1 decisivo fu di Schiavio, nei supplementari, contro il mitico portiere cecoslovacco Planicka. Schiavio, dopo la segnatura, svenne per l’emozione e la calura, e fu rianimato a furia di schiaffoni da Beppe Meazza, il quale per l’occasione si era spostato sulla mezzala per concedere al bolognese, ormai distrutto dalla fatica, il centro dell’area.
Furono i mondiali degli oriundi (ben 5), soprattutto di Mumo Orsi e Luisito Monti. Quest’ultimo, da centromediano, era alla sua seconda finale mondiale consecutiva. La prima, persa, con la maglia dell’Argentina ai mondiali uruguayani. Resterà l’unico calciatore nella storia ad aver giocato due finali mondiali con maglie diverse.
Schiavio, col gol del 1934, completerà un decennio di grande fama sportiva, essendo stato artefice del primo scudetto felsineo della storia, nel 1924-25. In quell’occasione, ci vollero 5 partite fra Genoa e Bologna per decidere la finalista della Lega Nord (che avrebbe poi facilmente battuto in finale quella della Lega Sud, l’Alba Roma in quel caso). Andata, ritorno e tre spareggi. L’ombra del fascismo e la violenza tra frange ultrà delle opposte tifoserie, furono alla base di quello Scudetto, passato alla storia come “lo Scudetto delle Pistole”, a causa dei colpi di rivoltella sparati alla stazione ferroviaria di Torino.
Ancora oggi il Genoa rivendica quello Scudetto, sulla base della prima gara di spareggio, nella quale un gol fantasma di Muzzioli, in un primo momento non convalidato dall’arbitro, diede il via alla rimonta bolognese. Il direttore di gara avvertì De Vecchi che la partita si sarebbe conclusa solo per ordine pubblico, data la presenza a bordo campo di diverse migliaia di camicie nere da ambo le tifoserie. Ma il giorno successivo, su pressione degli alti ranghi dei fasci bolognesi, la Federazione ordinò la ripetizione della partita.
Mussolini aveva preso a cuore la questione, considerando Bologna tra le primissime città in cui le agitazioni agrarie condotte dai fascisti avevano preso il posto delle cooperative rosse, spodestando i socialisti con violenti colpi di mano. La strage di Palazzo d’Accursio del 21 novembre 1920, è infatti ritenuta dagli storici un avvenimento fondamentale in questo senso.
La quinta e decisiva gara, fu giocata a porte chiuse, in campo neutro, di primissimo mattino. Il Bologna vinse 2-0 in un clima estremamente sereno.
Il 10 giugno tornerà presto a dare appuntamento alla storia del nostro Paese. Nel 1940 l’Italia entrerà in guerra, con toni trionfalistici. In poco tempo, quei toni avrebbero lasciato spazio agli anni più disastrosi della storia moderna.
Nel 1968, il 10 giugno torna ad essere propizio. L’Italia alza al cielo la sua prima e finora unica Coppa Henry Delaunay, superando la Jugoslavia per 2-0 nel replay. Campioni d’Europa, che sia di buon auspicio per la prossima rassegna continentale.
Immagine di copertina tratta da Wikipedia