Long live Agdam: Allahverdi Bagirov e il Qarabag
Giugno 30, 2020La parabola del Qarabag, squadra dell’enclave armena in Azerbaigian, e del suo ex allenatore morto durante il conflitto, Allavherdi Bagirov.
Allahverdi Bagirov, a vederlo, non sembra un allenatore di calcio, ma è stato anche questo nei suoi 46 anni di vita.
Nato ad Agdam, oggi città fantasma della regione de facto indipendente del Nagorno-Karabakh, ha allenato il Qarabagh fino alla guerra che ha coinvolto la regione. Ufficiale dell’esercito azero ed ex leader del Fronte Popolare dell’Azerbaijan, Bagirov è morto durante la guerra, il 14 giugno 1992, quando la sua camionetta, sulla strada per Agdam, ha impattato una mina anticarro.
Rispettato dagli armeni, eroe nazionale per gli azeri, Bagirov ha combattuto soprattutto per la libertà del suo popolo, al di là di un conflitto etnico mai sopito nell’area.
Bagirov durante il conflitto. Foto Zeta Vision
L’odierno Nagorno-Karabakh è formato quasi interamente dalla regione storica dell’Artsakh, antico regno caucasico e altro nome con il quale viene chiamata l’attuale Repubblica a riconoscimento limitato.
Dopo la rivoluzione d’Ottobre e la salita al potere dei bolscevichi, la regione fu assegnata, come Repubblica autonoma, alla Repubblica Sovietica dell’Azerbaijan, nonostante fosse a schiacciante maggioranza armena. Dal canto loro, gli armeni, hanno ingoiato l’ennesimo rospo di una storia travagliata, fatta di una delle più grandi diaspore che il Pianeta ricordi e di quello che diversi storici hanno definito come genocidio da parte dell’Impero Ottomano (fra morti e displaced, si contano almeno un milione di armeni, ma la stima è parziale).
La questione del Nagorno-Karabakh è perciò riesplosa con la dissoluzione dell’URSS. Gli armeni sono tornati a rivendicare la regione e la guerra con l’Azerbaijan risultava inevitabile.
Il Qarabag: una rivincita sportiva
Come specificato in precedenza, in seguito al cessate il fuoco del 1993 e dei processi di pace condotti sotto l’egida del Gruppo di Minsk, oggi il Nagorno-Karabakh è de facto indipendente, ma il Qarabagh, una volta distrutta la città e lo stadio di Agdam, ha trovato rifugio a Baku, capitale azera, diventando la squadra di calcio numero uno del Paese, nonché la prima ad arrivare ai gironi di Champions League nel 2017-18 sotto la guida di Gurban Gurbanov.
In un gruppo estremamente proibitivo, gli azeri sono stati capaci di strappare due pareggi all’Atletico Madrid, relegando gli spagnoli in Europa League (competizione poi vinta dai Colchoneros) e favorendo il passaggio del turno di Roma e Chelsea.
Riporta il politologo John Agnew nel suo articolo “La filatelia fa girare il Mondo”, dal libro Fare Geopolitica, che il Nagorno-Karabakh, pur non essendo riconosciuto dalla comunità internazionale come indipendente, stampa un proprio francobollo, facendo viaggiare prodotti attraverso la dogana armena praticamente indisturbati. Agnew spiega che la filatelia è uno dei modi più efficaci di espressione dell’identità nazionale di uno Stato. C’è da credergli.
Ma la questione armeno-azera sul territorio crea ancora attriti profondi. Durante l’ultima Europa League, in Lussemburgo, in occasione di Dudelange-Qarabagh, un drone è atterrato sul campo con una bandiera armena. Tralasciando le possibili conseguenze sulla sicurezza di atleti e giocatori, la cosa ha fatto infuriare non poco gli azeri, costringendo l’arbitro a sospendere la partita per diversi minuti.
Il capitano Rashad Sadygov ha ricevuto, a nome della squadra, le scuse ufficiali del Ministro dello Sport lussemburghese, attraverso l’amabasciata azera, e il caso è così rientrato.
Sulla questione del Nagorno-Karabakh e sulla squadra di calcio del Qarabagh, di cui abbiamo parlato in questo pezzo, si consiglia la lettura del libro di Emanuele Giulianelli: “Qarabag: la squadra senza città alla conquista dell’Europa”.