
Kurban Berdyev e il suo rosario musulmano
Luglio 2, 2020Kurban Berdyev e il suo rosario musulmano stretto fra le mani in panchina, hanno fatto la storia del Rubin Kazan. Un allenatore mistico.
“Il rosario musulmano per me non è un vezzo o una tradizione. È qualcosa che sento di dover portare alle partite. Non me ne separo mai. In un paio di occasioni, non per colpa mia, sono arrivato alla partita senza. Non mi sono sentito a mio agio. I credenti mi capiranno”.
Il Turkmenistan in cui nasce Kurban Berdyev è ancora uno Stato dell’Unione Sovietica.
Oggi è qualcosa di profondamente diverso. L’88% della popolazione è di religione islamica sunnita e il Paese è estremamente chiuso rispetto alle influenze esterne.
Il leader supremo è Gurbanguly Berdymukhamedov, un uomo spietato con i suoi sottoposti (famosi i video che girano in rete in cui insulta, umilia e declassa, se non peggio, i suoi ministri) e che ha fatto del Turkmenistan un Paese con libertà di stampa e di parola pressoché inesistente.
Berdyev, grazie al suo passato da calciatore in URSS, ha doppia nazionalità russo-turkmena, ma è da allenatore che si è fatto conoscere nel mondo intero, portando due volte al titolo i tatari del Rubin Kazan.
Profeta del 3-4-2-1, oggi molto in voga, ama utilizzare un’ossatura con un centrale di difesa e un centravanti di fisico per sfruttare al massimo il vantaggio del corpo a corpo nelle zone più sensibili. Utilizza spesso invece un centrocampista molto tecnico per impostare l’azione con rapide verticalizzazioni sugli esterni.
Non a caso, fra i suoi giocatori feticcio, si annoverano il gigantesco centrale difensivo spagnolo Cesar Navas, il terzino argentino Cristian Ansaldi (oggi al Torino), il regista ecuadoreño Christian Noboa e l’attaccante Aleksandr Bucharov.