Didier Drogba, il politico

Didier Drogba, il politico

Luglio 4, 2020 1 Di Luca Sisto

8 ottobre 2005, stadio Al-Merrikh, Sudan.
Drogba viene raggiunto negli spogliatoi da alcuni ragazzi che lo abbracciano e dalla tv ivoriana. Inquadrato dalle telecamere in un momento di estasi mistica, prende il microfono e pronuncia poche semplici parole:
“Fratelli ivoriani, per favore, deponete le armi! Fermate la guerra e promuovete libere elezioni. Vi abbiamo portato ai Mondiali. Tutto il mondo ora guarderà la Costa d’Avorio, un popolo che deve restare unito”.
La selezione degli Elefanti è rappresentata sia dal nord che dal sud in quest’impresa, prima nella storia della golden generation ivoriana.
Ci sono i fratelli Tourè, nativi del nord del Paese. E c’è Drogba, che è del Sud.
Mentre a Yaoundé il Camerun spreca il match ball con l’Egitto, con il terzino sinistro Pierre Wome (visto a Roma e Bologna) che tira un rigore sul palo, la Costa d’Avorio (che pure aveva perso entrambe le partite contro i Leoni) vince il girone per un punto e vola in Germania.

Screen da Youtube

Ma il primo pensiero di Drogba è per la guerra civile che infuria nel suo Paese. Pochi giorni prima della partita, Gnahorè gli aveva raccontato di aver telefonato alla sorella e che, durante la conversazione, si sentivano distintamente degli spari. La famiglia di Gnahorè si era rifugiata sotto il letto per 4 giorni ed era uscita solo per procurarsi del cibo.
Le fazioni opposte erano rappresentate dal presidente Gbagbo, che controllava il sud del Paese, raccolto intorno all’ex capitale Abidjan, e i ribelli che controllavano il nord.
Nel momento in cui Drogba passava dal Marsiglia al Chelsea nel 2004, per una cifra record di 24 mln di euro, i combattimenti nel Paese avevano raggiunto l’apice.
Il cessate il fuoco richiesto in diretta Tv da Drogba ebbe infine luogo, almeno sino alla rassegna iridata.
Ma fu ancora Drogba, durante un tour celebrativo per la Costa d’Avorio tenuto dopo i mondiali, a fare un annuncio che avrebbe cambiato per anni la storia del Paese.
“Ho parlato col Presidente [non era vero, lo mise di fronte al fatto compiuto], la prossima partita della nostra nazionale contro il Madagascar avrà luogo a Bouake”.
Bouake è la capitale scelta dalla fazione dei ribelli nel nord della Costa d’Avorio. Il fatto stesso che Drogba fosse di Abidjan e avesse promosso, come disegno unitarista, una città del nord per accogliere una partita ufficiale di qualificazione alla Coppa d’Africa, lo fece assurgere ad eroe nazionale.
“Ha fatto più Drogba per la Costa d’Avorio in dieci minuti, che otto anni di processi di pace guidati dall’ONU”,
ebbe a dire un giornalista francese.
Il 3 giugno 2007, Drogba segna il quinto gol della partita contro il Madagascar ed esce dal campo esultando, inseguito dai soldati ribelli in mimetica, che volevano abbracciarlo, in una scena che sembra il finale di un film.
Oggi sappiamo che il cessate il fuoco sarebbe durato non più di altri 4 anni.
L’ex presidente Gbagbo è stato infine arrestato e si trova a l’Aja, in attesa del processo d’Appello per crimini contro l’umanità.
Ma la generazione d’oro ivoriana aveva mostrato al mondo che sì, il Paese poteva davvero restare unito sotto un’unica bandiera, in pace.
Immagine di copertina tratta da Wikimedia Commmons.