Dani Alves e l’importanza dei terzini nella Seleçao

Dani Alves e l’importanza dei terzini nella Seleçao

Luglio 7, 2020 0 Di Luca Sisto

Dani Alves e Marcelo sono l’ultima stirpe dei grandi terzini della Seleçao, un ruolo sottostimato ma che ha fatto la differenza ai mondiali.

Dai centravanti ai terzini: storia dei migliori interpreti per ruolo nella Seleçao

Ci siamo posti un quesito. Cosa ha fatto la differenza negli anni migliori della Seleçao?
Andiamo per esclusione.
Grandi attaccanti il Brasile ne ha praticamente sempre avuti. Anche quando non ha vinto o non ha ben figurato ai Mondiali.
Leonidas negli anni ’30. Ademir e Friaça negli anni ’50. Altafini, Vavà, Pelè, Amarildo negli anni ’60. Lo stesso Pelè e Tostão nel mitico Brasile del ’70. Forse, solo nell’82, con Serginho perlopiù attaccante di manovra, è mancato, ma in quell’occasione aveva un centrocampo incredibile. Poi ci sono stati Careca, Romario, Bebeto, fino ad arrivare al Brasile di Ronaldo e, infine, Neymar, Firmino e Gabriel che costituiscono gli attuali papabili titolari.
Anche a centrocampo la qualità, la sostanza e la fantasia non sono praticamente mai mancate. Il Brasile ha prodotto storicamente una quantità infinita di ali e trequartisti.
Se portiere e centrali difensivi solo raramente hanno costituito il top della gamma mondiale (solo in epoca recente ci sentiamo di dire che gente come Julio Cesar, Dida, Alisson e Ederson sono considerati al pari, se non oltre, delle altre scuole di portieri), nel Brasile la differenza l’ha sempre fatta la qualità dei terzini.
Oggi, è palese la penuria di laterali difensivi destri in Brasile.

Dani Alves, l’ultimo della sua specie

Dopo Cafù, ci sono stati Maicon (fenomenale nella stagione del Triplete nerazzurro, di cui ricorre il decennale) e Dani Alves. Quest’ultimo, in forza al Sao Paulo, però, in Qatar avrà ormai 39 anni, ed è ancora il titolare e punto di riferimento in un ruolo che, dopo di lui, non ha prodotto nulla di comparabile. Capitano e miglior giocatore del Brasile campione della Copa America del 2019, nonostante venisse da un lungo infortunio che l’aveva tenuto fuori dalla campagna di Russia 2018, Dani Alves è attualmente il giocatore più titolato al mondo nei trofei per club.
Il Brasile campione del ’58 e del ’62 poteva contare sulla spinta di veri e propri pionieri del ruolo, interpretato come difesa/attacco, prima che Facchetti e Maldera in Italia, Breitner in Germania e Krol in Olanda ne rivoluzionassero il concetto fondativo in Europa.
Nilton Santos a sinistra e Djalma Santos a destra, inseriti dalla FIFA nella lista dei 150 giocatori più forti di sempre, sono con il portiere Gilmar l’inizio della filastrocca del Brasile iridato.
Nel ’70 viene fuori il laterale destro più importante della storia del ruolo: Carlos Alberto. Ala aggiunta in una squadra in cui almeno 4 giocatori erano capaci di creare superiorità numerica, furoreggiava sulla fascia a tal punto da mettere la firma con un gol spettacolare nella finalissima contro l’Italia, al termine di un’azione considerata fra le più belle di sempre.
A sinistra in quella leggendaria formazione troviamo il compianto Everaldo, che 4 anni più tardi perirà in un incidente stradale, a soli 30 anni.
Ma è negli anni Novanta che il Brasile sublima il concetto di terzino di spinta, portando fenomeni come Branco, Jorginho, Cafù e Roberto Carlos a vincere i Mondiali nel ’94 e nel 2002 e sino alla finale nel ’98.

L’assetto della Seleçao nel 2002

Fra queste 3 edizioni, l’unica novità tattica rispetto al canonico 4-2-2-2 brasiliano, è rappresentato dall’edizione 2002. Felipao Scolari decise per l’occasione di disegnare la Seleçao con un inedito 3-4-2-1. Con Cafù e Roberto Carlos esterni a tutta fascia, e con il blaugrana Edmilson da libero aggiunto fra i due centrali Lucio e Roque Junior. Edmilson si occupava di guidare la linea difensiva e le marcature preventive in fase di ripiegamento, mentre in fase di possesso era deputato all’uscita bassa del pallone.
Avendo perso Emerson per infortunio, il Brasile giocava col doble pivote Kleberson-Gilberto Silva. I due suddetti esterni ad appoggiare la manovra e garantire l’ampiezza, laddove Rivaldo e Ronaldinho, con la loro qualità, erano deputati alla creazione di vantaggi sulla trequarti. Davanti, un Ronaldo tornato in versione deluxe dopo l’ultima delusione nerazzurra, già promesso sposo del Real Madrid.
L’assetto della Seleçao 2002 non è mai stato ripreso con continuità e il Brasile non ha più trovato quell’equilibrio necessario a vincere una competizione breve e complessa come quella di un mondiale, finendo schiacciata nelle successive edizioni da diverse rappresentanti del calcio europeo. Nell’ordine, Francia, Olanda, la Germania del Mineirazo, e infine il Belgio, hanno bruscamente stoppato il cammino del Brasile verso la finale.
Difficile dire come arriverà il Brasile a Qatar 2022. Un argomento che presto tenteremo diffusamente di trattare. Ma una cosa è certa. Senza un erede di Marcelo a sinistra e Dani Alves a destra, vincere quel mondiale sarà utopia.