El Chino Recoba e l’Inter di Moratti: un amore a metà

El Chino Recoba e l’Inter di Moratti: un amore a metà

Luglio 7, 2020 0 Di Luca Sisto

L’argentino Cesareo Onzari è noto per aver materializzato, primo in una partita internazionale ufficiale, il gol da calcio d’angolo (che in precedenza non aveva valore a fini regolamentari; si noti che il primo ad averlo segnato in assoluto è stato tale Billy Alston, in seconda divisione scozzese). Segnando contro i campioni olimpici dell’Uruguay (reduci dall’oro a Parigi 1924), tale marcatura venne quindi definita “gol olimpico”.
Vero artista di questo particolare ed etereo fondamentale del tiro da calcio d’angolo, è stato Alvaro El Chino Recoba. Un tiro il suo col sinistro, ricordato come tra i più funambolici della storia del calcio. Nessun portiere era al sicuro quando Recoba aveva il pallone, neppure nella metà campo opposta.
Se chiedete a Massimo Moratti quale sia stato il suo calciatore preferito, vi risponderà di certo Recoba. Ok, il più forte Ronaldo Fenomeno. La più vincente l’Inter del Triplete. Ma quello che ti creava amore e disamore all’interno della stessa partita? El Chino. Quello che recitava testi di Galeano col sinistro? El Chino. Nessuno meglio di lui.
A Sandrino Mazzola, che di piedi buoni ne sa tanto per discendenza sanguinea, consigliarono di andare a vedere un ragazzetto paffutello del Nacional de Montevideo. Fece un salto in Uruguay e, neppure finito il derby col Penarol, chiamò Massimo Moratti:
“Presidente, ho trovato il prossimo fenomeno del calcio”. “Sandrino, come si chiamerebbe sto sudamericano?”. “Pres, gli stanno già tutti addosso a questo Recoba, è un fuoriclasse.”
Moratti si fida ciecamente di Mazzola. Recoba segna 30 gol in 33 partite in quella stagione col Nacional, e a 21 anni nemmeno compiuti viene acquistato dall’Inter per la stagione più importante degli anni novanta interisti: quella ’97-’98, in contemporanea con il Fenomeno Ronaldo.
L’esordio stagionale è contro il Brescia. L’uomo più atteso è Ronaldo, ovviamente. Ma dopo il vantaggio bresciano con Dario Hubner nel primo tempo, l’Inter assedia la porta di Cervone senza trovare la via della rete. Simoni prova a pescare la carta giusta dalla panchina: entra El Chino Recoba al posto di uno spento Ganz. A dieci dal termine, palla sul sinistro dell’uruguayo ai 30 metri, collo esterno all’incrocio opposto e Cervone non ci arriva, è il pareggio. Passano neppure 5 minuti, Doni commette fallo ai 25 metri. I nerazzurri lasciano che sia proprio l’esordiente Recoba a calciare: parabola forte e tagliata, ancora all’incrocio, col portiere bresciano che stavolta non copre il suo palo. Doppietta e 3 punti per i nerazzurri.
A fronte di sole 9 presenze con spezzoni di gara, Recoba segnerà solo un altro, clamoroso gol in quella stagione: quello del pareggio interista a Empoli, con un tiro da fermo, ma da centrocampo, che coglie Roccati, fino ad allora impeccabile, fuori dai pali.
L’Inter finisce seconda tra le polemiche per la partita con la Juventus, ma porta a casa la Coppa Uefa nella finale tutta italiana contro la Lazio.
Recoba la stagione successiva trova ancora meno spazio. A gennaio va in prestito al Venezia, che nel frattempo aveva girato il bomber Schwoch al Napoli in B. Svogliato, appesantito e triste, fa il suo ingresso nello spogliatoio di una squadra alla disperata ricerca di punti.
Pippo Maniero, suo compagno di reparto, dirà di lui:
“era felice solo in campo, col pallone tra i piedi. Di allenarsi non aveva voglia, ma quanto mangiava! Ci salvò praticamente da solo”.
Capitan Luppi aggiunge:
“durante gli allenamenti, Mister Novellino lo chiamava Cigno. Al che noi, ridendo, gli dicemmo Mister, si chiama Chino, perché somiglia a un cinese. Il Mister non voleva saperne – lo chiamo come mi pare, fa lo stesso – poi a fine stagione si arrese, gli regalò un cigno di vetro di Murano per farsi perdonare. Senza di lui saremmo finiti certamente in B”.
Recoba sembra pronto per spiccare il volo. Moratti stravede per lui e arriva a cacciare Simoni. Nella stagione 1999-00 contribuisce con 10 gol al quarto posto nerazzurro che vale i preliminari di Champions: il rigore da lui sbagliato contro l’Helsinborg nell’occasione, ad agosto, sancirà la sconfitta nerazzurra. Dopo ancora, lo scandalo passaporti, con Recoba squalificato 4 mesi e messo fuori squadra dall’Inter, in via precauzionale, già da febbraio. Torna in campo solo nel dicembre 2001, ma l’era Hector Cuper era cominciata e un posto, nello squadrone interista assurdamente a trazione difensiva (nonostante un parco attaccanti fenomenale e un Ronaldo spesso infortunato) non c’è.
All’ombra della Juve condannata da Calciopoli, El Chino vincerà due Scudetti con l’Inter, lasciando nel 2007, in prestito al Torino, ad un anno dalla scadenza reale del contratto. Realizzerà 72 gol con l’Inter fra campionato e Coppe, senza mai trovare un vero posto fisso nell’11 base.
L’ultimo gol con l’Inter, direttamente da calcio d’angolo contro l’Empoli, tra le sue vittime preferite.
Dopo il prestito al Torino, con il quale segnerà un gol in A e due in Coppa Italia, termina la sua esperienza italiana. Si trasferisce al Panionios in Grecia, ma decide a fine stagione di tornare in Uruguay, al Danubio.
Quando la fine della carriera sembra vicina, visibilmente ingrassato e rallentato ma alla ricerca di nuovi stimoli, torna al Nacional. Vince due campionati uruguaiani e segna addirittura 5 gol olimpici, di cui uno in Copa Libertadores contro l’Argentinos Juniors.
La leggenda del ragazzo che preferiva la pesca al pallone, sul Rio de la Plata, termina nel 2015 con l’addio al calcio, a 39 anni.
I pareri sulla sua carriera restano discordi. Un diamante grezzo che non è mai davvero diventato quel gioiello che prometteva di essere, non solo per demeriti personali, di un carattere e un fisico troppo deboli, forse, per gli asfissianti ritmi e le pressioni della Serie A.
A noi piace vedere Recoba come uno dei quadri bucolici di Van Gogh: poco apprezzati dalla critica finchè il Maestro era in vita. Ma quando se ne andò, venduti come meritavano, ovvero tra i più grandi capolavori della storia dell’arte. Recoba era questo tipo di giocatore, perfetto nelle sue imperfezioni, sapeva incantare come nessuno con quel sinistro. Ed è per quel piede, che avresti pagato oro pur di vederlo dal vivo.