Croazia-Germania a France ’98: una partita storica

Croazia-Germania a France ’98: una partita storica

Luglio 8, 2020 3 Di Luca Sisto

Storia e retroscena politici di Croazia-Germania a France ’98, quarti di finale: dalla genesi della nazionale croata successiva alla dissoluzione della ex Jugoslavia, fino al terzo posto ai Mondiali.
Per comprendere la portata di questa gara, dobbiamo partire da lontano. Molto lontano.
La “polveriera” balcanica, ovvero la regione che si estende dai confini del nord est italiano con la Slovenia, e comprende l’Istria, sino all’entroterra della Macedonia del nord (e, fisicamente, una parte della Bulgaria), la Dalmazia e i territori di Serbia, Montenegro e Kosovo e che, per semplicità espositiva (per quanto carente) chiameremo territori della Ex Jugoslavia (quindi, politicamente, Albania esclusa, ma fisicamente inclusa), era tornata ad esplodere con tutta la sua tremenda carica agli inizi degli anni novanta.
Tito era passato a miglior vita da oltre dieci anni, ma ne dovettero scorrere circa la metà prima che si creassero i prodromi della dissoluzione dell’unità Jugoslava in più stati indipendenti e riconosciuti come tali.
I diversi stati federali cominciarono a mal digerire la direzione del partito comunista centrale di Belgrado. La rinascita dei nazionalismi interni alle repubbliche autonome, verso la seconda metà degli anni ottanta, in una Jugoslavia che si era sempre fatta paladina dei Paesi non allineati (ovvero non appartenenti nè al Blocco Occidentale nè a quello Sovietico), solleticò interessi diversi da quelli di “fratellanza e unione” su cui Tito aveva basato il proprio regno.
Generali che erano fedeli a Tito, ma che alla sua morte avevano cominciato a nutrire interessi personali, come Franjo Tuđman in Croazia e Slobodan Milosevic in Serbia, nonché Izetbegovic in Bosnia, cercarono quindi una exit strategy.
La prima a portare avanti una breve guerra di secessione (la guerra dei dieci giorni) fu la Slovenia, da sempre più mittel europea che jugoslava. L’intervento dell’esercito nazionale durò poco. La Slovenia si riconobbe indipendente nel 1991 e, con l’appoggio delle potenze occidentali ormai dominanti in seguito alla dissoluzione dell’URSS, anche la Croazia fece lo stesso a ridosso del 1992.
È l’inizio della guerra fra serbi e croati, che coinvolgeva numerosi interessi economici e territoriali, tra cui la spartizione della Bosnia (musulmani bosniaci, serbi e croati costituivano le tre diverse etnie) e la guerra nella Krajina, la regione a maggioranza serba della Croazia.
Sul fronte sportivo, i croati fecero appena in tempo a vedersi riconosciuta l’indipendenza dall’ONU nel giugno 1992 e parteciparono al preolimpico di basket per le qualificazioni a Barcellona ’92, sulle ceneri della ex Jugoslavia, squalificata nel frattempo dagli Europei di calcio.
La Croazia in piena guerra partecipò alle Olimpiadi e, guidata da Drazen Petrovic, arrivò fino all’argento dietro solo al Dream Team.
La terribile serie di conflitti serbo-croati, con omicidi di massa, crimini contro l’umanità e una serie di operazioni di pulizia etnica da ambo le parti e nei territori bosniaci, di cui preferiamo omettere i particolari, ebbe infine una risoluzione nel 1995 con gli accordi di Dayton, dopo mesi di negoziati, ratificati in gennaio a Parigi. Gli accordi riconoscevano l’indipendenza dei territori così come riconosciuti dagli ex confini federali (detto in parole poverissime). Dalla parte croata, USA (NATO) e Germania (attraverso il cancelliere Helmut Kohl) fecero la voce grossa, facendosi valere nei confronti dei serbi, sostenuti dalla Federazione Russa.
Dopo Dayton, la guerra nella ex Jugoslavia proseguì con la questione kosovara fino al ’99.
La NATO intervenne con durissimi bombardamenti su Belgrado, in una capitale che vedeva definitivamente sfumare il mito della Grande Serbia. Ma questa, come direbbe Monsieur Lapalisse, è un’altra storia.
La Croazia non aveva fatto in tempo a presentarsi alle qualificazioni per USA ’94, ma aveva altresì ottenuto il pass per Euro ’96.
In Inghilterra aveva ben figurato, surclassando 3-0 i campioni uscenti della Danimarca e uscendo ai quarti, proprio contro i futuri campioni della Germania, per 2-1 grazie al gol decisivo di Sammer, libero con licenza di offendere che si prese l’MVP del torneo e il Pallone d’Oro a fine anno.
La Croazia staccò in seguito il biglietto per France ’98, il suo primo Mondiale.
Tra i convocati agli ordini del CT Blazevic, compaiono Prosinecki, Jarni e Suker, che figuravano nella selezione jugoslava a Italia ’90. Prosinecki è inoltre uno degli artefici della vittoria della Stella Rossa di Belgrado in Coppa Campioni nel ’92. Manca l’altro bomber Alen Boksic, per infortunio. L’attaccante che in Italia ben ricordiamo con le maglie di Lazio e Juve, a 20 anni era pure lui in forza alla Jugoslavia nel mondiale italiano.
La Croazia si presenta a France ’98 con un bel misto di esperienza e giovani talenti affermati. Seconda nel girone dell’Argentina, aveva superato gli ottavi di finale contro la Romania grazie a un rigore di Davor Suker. Il bomber del Real Madrid fresco campione d’Europa, risulterà poi capocannoniere della rassegna mondiale con 6 gol.
Il gol della staffa di Davor Suker, per la disperazione di Andreas Köpke (foto Fifa.com)
La Germania era finita davanti alla Jugoslavia, ma aveva avuto il suo bel daffare per avere la meglio della strenua resistenza messicana agli ottavi. Un 2-1 in rimonta che faceva sorgere più di un dubbio sulla condizione fisica dei tedeschi, campioni d’Europa in carica.
In porta, Andreas Köpke si era preso la titolarità a partire dagli ultimi vincenti Europei, laddove si era fatto notare per un rigore bloccato al nostro Gianfranco Zola nel girone.
Tra i convocati, a 8 anni dalla caduta del muro, ci sono anche due giocatori che hanno indossato la casacca della Germania Est: il vecchio lupo d’area Ulf Kirsten e Olaf Marschall.
Berti Vogts affida a capitan Matthaus il compito di comandare la difesa da libero in un 3-4-1-2 ibrido, con Hassler sulla trequarti, Jeremies e Hamann a fare da diga. Klinsmann è ancora il bomber affiancato a Oliver Bierhoff. La Germania ha l’aria di essere a fine ciclo, ma sottovalutare i tedeschi è sempre una pessima idea.
Nella Croazia Blazevic si affida alla vecchia guardia, con a centrocampo il campione milanista Zvone Boban ma preferendo a Prosinecki, di fianco al mediano Soldo, il compassato Asanovic, appena retrocesso col Napoli in serie B al termine di una stagione horror.
Le fasce del 3-5-2 sono affidate a Stanic e Jarni con l’inserimento di Goran Vlaovic da seconda punta. Sconfessato quindi il 3-6-1 dei gironi, per dare più peso all’attacco e non ingolfare il centrocampo, già intasato dai mediani tedeschi in un modulo speculare.
La Germania parte forte a differenza di quanto mostrato nella fase precedente. La pressione offensiva è continua, ma Ladic non capitola.
A ridosso della fine della prima frazione, i due episodi che ribaltano totalmente la gara: il difensore tedesco, centrale di destra, Wörns rimedia un’espulsione diretta per fallo da ultimo uomo. Allo scadere, Jarni si insinua nello spazio lasciato vuoto da Wörns per battere Köpke con un micidiale diagonale mancino dal limite dell’area.
Nel secondo tempo Vogts passa alla difesa a 4, la partita resta equilibrata ed entrambe le squadre sprecano buone occasioni.
A 10 dal termine è Goran Vlaovic a realizzare il 2-0 imbeccato da Boban, con un preciso destro in diagonale.
L’azione personale di Davor Suker (in foto copertina), chiude definitivamente i conti.
Cade la Germania, mentre a Zagabria si sogna in grande.
Sarà un’inopinata doppietta del difensore francese Lilian Thuram a rimontare il gol di Suker in semifinale, spedendo i croati verso la finalina contro l’Olanda.
La Croazia batte quindi gli Orange per la medaglia di bronzo: gli uomini di Blazevic fanno ritorno in patria, accolti da eroi, per aver realizzato la più bella favola di France ’98.
Ci vorranno 20 anni e il fantastico argento di Russia 2018 (sconfitta, ancora, contro la Francia) per rivivere emozioni così.