
Andrés Escobar: in morte di un Capitano
Luglio 11, 2020 0 Di Luca SistoL’omicidio di Andrés Escobar in Colombia, resta una delle pagine più nere nella storia dello sport e del narcotraffico del Paese dei Cafeteros.
Se digitate “Escobar” su un noto motore di ricerca del web, le prime pagine di risultati sono tutte dedicate al personaggio più famoso della storia della Colombia, grazie a dio dopo Gabriel Garcia Marquez.
Il capo del narcotraffico colombiano per oltre una decade, venne a mancare nella sua Medellin il 2 dicembre 1993. Pablo Escobar aveva riciclato molti dei proventi del commercio illegale di droga nel calcio, investendo nella locale squadra, l’Atletico Nacional, rendendola la più forte del continente.
In vista dei mondiali casalinghi del 1986, poi riassegnati al Messico (ne abbiamo scritto qui), la Colombia aveva iniziato un percorso di sviluppo del settore giovanile molto produttivo. Da quella nidiata sarebbero venuti fuori calciatori di livello internazionale: l’istrionico portiere René Higuita, Freddy Eusebio Rincon, ala di classe e temperamento, El Pibe Valderrama, volante di centrocampo passato alla storia anche per la sua riconoscibile folta chioma bionda riccioluta, i bomber Adolfo Valencia e Faustino Asprilla, e El caballero del fùtbol, Andrés Escobar. Quest’ultimo, cresciuto calcisticamente proprio nell’Atletico Nacional, con il portiere Higuita condivise la vittoria nella Libertadores 1989.
La Colombia si era affacciata con favore già ai mondiali di Italia ’90, dopo 28 anni d’assenza dalla competizione iridata, ma era stata eliminata agli ottavi dal Camerun di Roger Milla, col San Paolo di Napoli che ebbe modo di conoscere da vicino le gesta ardite di Higuita, colpevole di un avventuroso dribbling sul Leone camerunense.
Argentina – Colombia 0-5
Eppure la Colombia era ormai una realtà del fùtbol sudamericano. Il 5 settembre 1993, a due mesi dalla morte del criminale più ricercato delle Americhe, la Colombia si giocava il passaggio a USA ’94 nello scontro al vertice con l’Argentina, fresca bicampione della Copa America (’91 e ’93, incredibile a dirsi ad oggi, sono anche gli ultimi due titoli della rassegna per l’Albiceleste).
Allo stadio Monumental di Buenos Aires, gli argentini hanno l’obbligo di vincere per evitare l’eventuale spareggio interfederazione con l’Australia.Maradona, terminata la poco felice esperienza al Sevilla (dove aveva giocato con El Cholo Simeone), si allenava col Newell’s per tenersi in forma in vista di una chiamata futura della Seleccion. Ma Alfio Basile non lo riteneva ancora pronto. Sarebbe tornato, a furor di popolo, proprio nel doppio confronto contro l’Australia.
Già perché quel 5 settembre a Buenos Aires si manifestò el partido de la verguenza, come fu ribattezzato dai quotidiani locali e in una famosa copertina de El Grafico.
Doppiette di Rincon e Asprilla e gol della staffa di Valencia, 0-5. Colombia che torna ai mondiali da protagonista, Argentina costretta a passare, come detto, per il ripescaggio.
Se in campo sportivo i Cafeteros del CT Francisco Maturana vivono un periodo d’oro, la guerra scatenata dai narcotrafficanti contro il governo e fra gli stessi cartelli della droga, porterà il Paese sull’orlo del collasso sociale. Neppure la morte di Escobar, con la rinascita del Cartel de Cali e il breve interregno dei Los Pepes (acronimo di Perseguidos por [perseguitati da] Pablo Escobar), capeggiati dai fratelli Castano, servì a rasserenare il clima.
Andrés Escobar e la Colombia a USA ’94
È in questo terribile contesto storico che la Colombia gioca i mondiali di USA ’94. Il girone sembra promettente, con la Romania di Hagi, la modesta Svizzera e i poco temibili Stati Uniti padroni di casa.
Alla prima giornata i colombiani incappano nella clamorosa forma dei romeni, i quali faranno fuori anche gli argentini agli ottavi. La seconda giornata contro gli USA è quindi già un in&out. Al ’35 del primo tempo, su un pallone crossato basso in area si avventa Andrés Escobar, deviando sfortunatamente nella propria porta. La Colombia è in balia dei propri demoni. Stewart segna il 2-0 nella seconda frazione, mentre al ’90 Valencia accorcia inutilmente le distanze. La Colombia è eliminata. A nulla servirà la vittoria nella terza giornata contro la Svizzera. Passano in tre con i padroni di casa ripescati, ma i Cafeteros finiscono quarti.
L’omicidio Escobar
Dieci giorni dopo la disfatta americana, Andrés Escobar si trova nel parcheggio di un pub poco fuori Medellin, El Indio. La sua vita di lì a poco avrebbe subito una svolta: entro 5 mesi si sarebbe sposato con la fidanzata Pamela; Maturana voleva farne il nuovo capitano dopo Carlos Valderrama; il Milan l’aveva scelto come futuro erede di Franco Baresi nella difesa rossonera.
Si disse che i narcos colombiani avevano subito grosse perdite economiche relativamente alle scommesse sui mondiali, e che Escobar era ritenuto il capro espiatorio di quella sconfitta.
Chiacchiere che non giustificheranno mai ciò che avvenne in quel parcheggio.
Escobar era diretto alla sua auto, quando incontrò due fratelli legati a gruppi paramilitari colombiani (i Los Pepes di cui sopra), Pedro David Gallon Henao e Juan Santiago Gallon Henao. Questi ultimi lo riconobbero e aggredirono verbalmente, ma Escobar rispose per le rime, esigendo rispetto. “Usted no sabe con quién se està metiendo”, minacciarono. In quel momento uscì dall’auto Humberto Munoz Castro, che cominciò a crivellare di colpi l’auto di Escobar, col calciatore colpito a morte.
La vita non finisce qui
Grazie alle testimonianze di coloro che soccorsero invano Escobar, Castro fu dapprima condannato a 43 anni di reclusione, per omicidio volontario. Ai funerali di Stato di Andrés Escobar presero parte 120000 persone, tra cui il presidente Cesar Gaviria Trujillo e i compagni di nazionale, nel frattempo scortati dalla polizia per paura di ulteriori ripercussioni.
Con l’entrata in vigore del nuovo codice penale, la condanna di Castro fu ridotta a 23 anni, salvo poi uscire di prigione, per motivi oscuri, già nel 2005 dopo 11 anni.
Solo il 16 gennaio 2018 avvenne finalmente la cattura di Juan Santiago Gallon Henao.
Il padre di Andrés, Dario, ha dato il via al “Proyecto Andrés Escobar”, con l’intento di assistere i bambini poveri del Paese fornendo istruzione e strumenti per l’attività sportiva. Rese così onore alla volontà del figlio, affinché una sconfitta non fosse la fine del mondo. Andrés disse dopo i mondiali: “la vida no termina aquì”.
Ed è per questo che nessuno lo dimenticherà mai.
Immagine di copertina tratta da Raisport.
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