USA ’94: il pazzo Mondiale degli Azzurri

USA ’94: il pazzo Mondiale degli Azzurri

Luglio 11, 2020 0 Di Luca Sisto

Nel novembre 1993 esce il pezzo eurodance più famoso degli anni novanta: Corona canta “The Rythm of the Night” che scalerà le classifiche mondiali di singoli, piazzandosi al n.1 tra i più venduti in Italia nel 1994.
Max Pezzali è ancora il frontman degli 883, che pubblicano “Come Mai”, terzo singolo estratto dal loro secondo famosissimo lavoro “Nord Sud Ovest Est”, finendo l’anno al secondo posto della Hit Parade italiana e sfondando al Festivalbar. Pezzali in seguito avrebbe dichiarato di aver scritto la canzone per Massimo Ranieri.
L’Italia di USA ’94 sembra invece scritta apposta per Arrigo Sacchi. Ci sono i suoi fedelissimi del Milan (ben 7 elementi, con Maldini, Baresi, Costacurta, Tassotti e Donadoni del gruppo storico, a cui aggiungere Massaro e Albertini), che hanno appena vinto campionato e Coppa Campioni con Capello, surclassando con un sonoro 4-0 il Barcellona allenato da Cruijff, con Romario e Stoichkov di punta, due super protagonisti di USA ‘94, che incroceremo sul nostro cammino. C’è una batteria di portieri fortissima con un Pagliuca in gran forma, in procinto di passare all’Inter, ma con un Marchegiani che l’ha degnamente sostituito in più di un’occasione durante le qualificazioni. C’è il blocco Parma, con Zola, Benarrivo, Minotti, Apolloni, il terzo portiere Bucci e con Dino Baggio (appena prelevato dalla Juventus con la quale ha giocato due stagioni dal ’92 al ‘94) e Mussi, che ha giocato nel Toro ma tornerà al Parma dalla stagione successiva, e che Sacchi ha avuto al Milan a fine anni ottanta. E c’è Roberto Baggio, insieme a Totò Schillaci il migliore di Italia ’90, e adesso il miglior giocatore italiano. Reduce dal Pallone d’oro vinto nel 1993, Baggio è la Stella con la S maiuscola dei Mondiali. Gli altri due attaccanti sono Signori e Casiraghi della Lazio, tanta roba.
USA ’94 per noi ha un sapore agrodolce. Un mondiale in cui l’Italia passa da ripescata in un girone abbordabile. Una fase ad eliminazione diretta superata col brivido. Una finale noiosa e con un triste epilogo contro la Seleçao, forte sì ma non brillantissima, con le lacrime di Franco Baresi a chiudere il sipario.
Si comincia contro l’Eire (già superato a Italia ’90) allenato da Jack Charlton, ed è subito sera. Gli improbabili orari di USA ’94, per consentire ai palinsesti d’oltreoceano di mostrare le migliori partite ad orari accettabili, mordono subito le gambe agli Azzurri che faticano terribilmente. Un errore in disimpegno di Baresi libera l’irlandese Houghton al limite: parabola arcuata che supera Pagliuca, 0-1. Il risultato non cambierà e, anzi, gli irlandesi colgono pure una traversa.
Nella seconda gara del girone, l’Italia è già costretta a vincere, e Sacchi schiera Casiraghi al fianco di Baggio, dirottando Beppe Signori sulla fascia sinistra a fare da ala in un 4-4-2 ibrido che, nell’idea di Arrigo, sarebbe diventato 4-3-3 in fase offensiva dando più peso all’attacco. I piani di gara vanno a farsi benedire dopo neanche 20 minuti: Pagliuca esce oltre il limite dell’area parando con la mano un tiro di Leonhardsen. Secondo le nuove norme è espulsione diretta. Sacchi fa entrare Marchegiani spedendo in panchina Roberto Baggio, che incredulo si gira verso la panchina: “questo è pazzo”. Anche Pizzul, in telecronaca, sente che gli Azzurri stanno già salendo sul volo di ritorno per Roma Fiumicino.
Ma l’Italia resiste e nel secondo tempo, da un calcio di punizione tagliato di Signori, Dino Baggio di testa gonfia la rete, 1-0 per noi. Ricordo personale di quel momento: non so perché avevo costretto mia madre, a cui non frega nulla di calcio, a guardare la partita con me, le dissi “mamma stiamo vincendo una partita che dovevamo perdere”. “Ci fa piacere”, rispose. Laconica, come tutti i tifosi a casa. Sì perché l’Italia è brutta e bistrattata dai giornalisti, ed è pure sfigata perché Baresi, il migliore in quella partita, si rompe il menisco.
Anche contro il Messico non siamo brillanti. Segna Massaro, pareggia Bernal. Ci sono 4 squadre a 4 punti, ma per il minor numero di gol segnati esce la Norvegia, mentre l’Italia passa tra le migliori terze.
Ci attende la Nigeria, venuta fuori al comando di un girone con Argentina, Bulgaria e la cenerentola Grecia (che dieci anni dopo vincerà gli Europei…). I nigeriani fanno impressione e passano in vantaggio con Amunike, che sfrutta un rimpallo sfortunato di Maldini su tiro d’angolo per battere Marchegiani.
La partita sfila via senza troppi sussulti fino all’espulsione clamorosa ed inspiegabile di Zola al 63′, entrato da 12 minuti al posto di Signori, per un fallo su Eguavoen. Non si sa bene cosa abbia visto il messicano Brizio Carter, antesignano di Byron Moreno probabilmente, per cacciare il buon Gianfranco. In 10 contro 11 e con Mussi a mezzo servizio, finite le sostituzioni, solo un miracolo può salvare gli Azzurri. Quel miracolo si materializza al minuto 88 sotto forma di rasoterra di Roberto Baggio, imbeccato da un claudicante Mussi. Ai supplementari si scatena Benarrivo che ne ha ancora: il terzino sinistro scatta verso l’area e viene abbattuto da Eguavoen, stavolta dall’altra parte della barricata. Carter non può far altro che assegnare il rigore. Baggio trasforma spiazzando Rufai, con un tiro incrociato che bacia il palo e allontana il malocchio.
Si va ai quarti, dove c’è la Spagna di Javier Clemente. Antonio Conte gioca al posto di Signori, mentre Tassotti sostituisce l’acciaccato Mussi. L’Italia passa ancora con Dino Baggio grazie ad una fucilata dai 25 metri che Zubizarreta non vede partire. La partita è bellissima con continui capovolgimenti di fronte, ma non è ancora la generazione spagnola che dominerà il calcio a cavallo fra il 2008 e il 2012. Caminero pareggia con un tiro deviato da Benarrivo che scavalca Pagliuca. Nel finale succede di tutto: Berti e Salinas sprecano, Costacurta salva sulla riga ma, su un capovolgimento improvviso, ancora Berti lancia Signori che di prima vede lo scatto di Baggio. Dribbling secco su Zubizarreta ma la palla sfila lateralmente sulla destra: con un ultimo sforzo Roberto ritrova la coordinazione e batte a rete di collo rasoterra, rialzandosi con una capriola giusto in tempo di vedere la palla entrare in gol a dispetto del disperato tentativo della difesa di respingere il tiro. Nei minuti di recupero la faccia di Luis Enrique si gonfia di sangue: Tassotti l’ha colpito con una gomitata in area, ma l’arbitro ungherese Puhl (che dirigerà anche la finalissima) non ha visto nulla e non cede alle proteste spagnole nonostante il volto tumefatto del futuro entrenador iberico. A partita finita, grazie alla prova TV, Tassotti verrà squalificato per otto turni.
Siamo in semifinale. Ci affronta la Bulgaria di Stoichkov, tra le grandi sorprese della rassegna, che ha eliminato i campioni in carica della Germania 2-1 con gol su punizione dello stesso attaccante del Barcellona e grazie ad un famigerato colpo di testa di Letchkov.
Baggio sembra in stato di grazia. Riceve palla da una rimessa laterale e si fa tutta l’area di rigore in larghezza prima di tirare a giro sul secondo palo. Mikhailov è battuto. Replica pochi minuti dopo con un preciso diagonale su imbeccata di Albertini, uno schema che i due riproporranno 4 anni dopo nel famoso tiro al volo di Baggio ai supplementari contro la Francia, in quel caso, terminato di poco a lato.
Stoichkov accorcia su rigore, ma il risultato non cambierà più.
Nella finalissima di Pasadena, il Brasile di Romario e Bebeto parte con un leggero favore nel pronostico. Per l’Italia ritorna in campo Baresi a due settimane dall’operazione al menisco. Baggio, uscito in lacrime contro la Bulgaria per infortunio, convince Sacchi che sì, può giocare dall’inizio, e relega Signori in panchina.
Il 4-4-2 degli Azzurri presenta Pagliuca tra i pali; da destra a sinistra Mussi, Baresi, Maldini, Benarrivo; Donadoni, Dino Baggio, Albertini, Berti; di punta il Divin Codino e Massaro. Risponde il Brasile del CT Parreira col suo celeberrimo 4-2-2-2: davanti a Taffarel, linea a 4 con Jorginho, Aldair, Marcio Santos e Branco; Dunga e Mauro Silva rispettivamente volante e pivote; Zinho e Mazinho completano la filastrocca alle spalle di Romario e Bebeto, pronti ad esplodere la danza del bebe.
Il Brasile tiene in mano il pallino del gioco, mentre l’Italia sembra arrivare presto alle stremo dei 35 gradi all’ombra del Rose Bowl Stadium di Pasadena, capienza 95000 spettatori.
Finisce 0-0 e si va ai rigori. Per l’Italia solo un tiraccio alto di Baggio. Il Brasile coglie un palo su papera di Pagliuca (che bacia il montante) e spreca con Romario a porta vuota.
I tiri dal dischetto premieranno, come sappiamo, i Verdeoro. Sbaglia subito Baresi, alto. Pagliuca si oppone a Marcio Santos. Segnano Albertini ed Evani. Romario spiazza Pagliuca toccando il palo. Sbaglia Massaro e, l’ultimo rigore, Baggio, che spedisce alto.
Fra le lacrime degli Azzurri e l’esultanza dei brasiliani, si vede un diciottenne Ronaldo Luis Nazario da Lima, mai impiegato, festeggiare con i compagni. In un ultimo abbraccio, il Brasile ricorda Senna, il più grande pilota di sempre, scomparso il 1 maggio di quell’anno sul circuito di Imola. “Senna, aceleramos juntos, o tetra è nosso!”.
Cala il sipario sul mondiale statunitense, anche se noi italiani avremmo desiderato un finale meno amaro.