Wayne Rooney e l’altra mascotte: storia di una foto

Wayne Rooney e l’altra mascotte: storia di una foto

Luglio 21, 2020 0 Di Luca Sisto

Quella che segue nelle prossime righe, è la storia un po’ assurda, sicuramente molto inglese, di una foto tanto meravigliosa quanto destinata a far discutere.

Lo scenario, come avrete facilmente notato, è la Premier League. La stagione, 1996-97. La partita, è un derby del Merseyside fra Reds e Toffees, giocato ad Anfield mercoledì 20 novembre 1996. Il match si sarebbe dovuto tenere un mese prima, ma fu rinviato per impraticabilità del campo a fronte di un violento acquazzone che sconvolse la città di Liverpool.

Nella foto di rito del pre-match, con Dave Watson, capitano dell’Everton, c’è un talento undicenne delle giovanili, che meno di sei anni più tardi avrebbe esordito in Premier. Parliamo ovviamente di Wayne Rooney. Lo stesso attuale attaccante del Derby County in Championship, 208 gol nella massima divisione inglese fra Everton (28 in due diversi momenti della carriera) e Manchester United (183), ha condiviso il suo ricordo di questa foto nel luglio 2017 sul suo account Instagram.

La diffusione di questa foto ha scatenato la ricerca di un giornale locale, il Liverpool Echo, riguardo l’identità dell’altra mascotte: il ragazzo di fianco al capitano del Liverpool, John Barnes.

Il match programme della gara dove compare il nome della mascotte del Liverpool

Viene quindi in soccorso un assiduo lettore della pagina, tale Robert Storry, che segnala il nome del giovanissimo tifoso avendo conservato il programma del match: si tratta di Max Talavera, dieci anni, residente nell’Isola di Man.

In una sfida fra diverse leggende dei due club, Robbie Fowler porta in vantaggio i Reds nel primo tempo, mentre Gary Speed fissa il risultato sull’1-1 (gli highlights a questo link) nella seconda frazione, sempre di testa.

A questo punto, a ormai vent’anni dalla foto, la redazione del Liverpool Echo commette probabilmente una leggerezza che avrebbe potuto risparmiarsi: provare in tutti i modi a contattare Max Talavera.

Senza rivelare “come” si sia procurato il numero di telefono dell’uomo, uno di loro riesce a raggiungere Talavera, il quale era già a conoscenza della foto, ma a quanto pare non aveva nessuna voglia di essere tirato in ballo. La sua reazione è pesante: il giornale viene querelato e Talavera minaccia ritorsioni, a tal punto da incaricare un avvocato di citare il Liverpool Echo per danni morali e stalking.

Il giornale è costretto a fornire scuse pubbliche per il suo operato, definito come un ingiustificato disturbo della quiete e della sfera privata di un comune cittadino. Talavera si decide a ritirare la denuncia, ma ormai il suo nome, per uno strano scherzo del destino, viene definitivamente associato a questa foto, che lo presenta, in una sorta di body shaming ante litteram da social network, come il timido ragazzino di fianco a quello che sarebbe diventato uno dei più forti calciatori inglesi di ogni tempo. L’altra faccia della spietata medaglia della vita, che riserva la gloria per pochissimi, l’anonimato per il restante 99% degli umani.