Ezio Glerean e il 3-3-4 del miracolo Cittadella: il futuro è già passato

Ezio Glerean e il 3-3-4 del miracolo Cittadella: il futuro è già passato

Luglio 22, 2020 0 Di Luca Sisto

Ezio Glerean, a cavallo fra anni ’90 e 2000, si è proposto come un allenatore rivoluzionario. Erede della tradizione di calcio ultra offensiva che dall’Olanda del Calcio Totale, attraverso Sacchi e poi, in maniera ancor più oltranzista, Zeman, ha attraversato 4 decadi di calcio. Glerean, ex allenatore del Cittadella, con un modulo ultra-offensivo otterrà i maggiori riconoscimenti. Ma probabilmente anche la maggiore delusione. Ciò lo spingerà nel giro di pochi anni ad abbandonare ogni velleità di calcio professionistico, tornando a Marostica.

Marostica, lì dove tutto è cominciato

Il piccolo comune di Marostica, nel vicentino, 14.000 abitanti, è piuttosto famoso per essere il luogo in cui si svolge nella piazza cittadina, ogni due anni, nel secondo fine settimana di settembre, una partita di scacchi con personaggi viventi. La sua terra produce inoltre la Ciliegia di Marostica, certificata IGP.

Tra i figli adottivi di Marostica, uno in particolare, sportivamente, ha cominciato la sua esperienza da allenatore nel paese. Una volta conclusa la non indimenticabile carriera da calciatore in quel di Bassano, Ezio Glerean, da San Michele al Tagliamento, prende la guida della Marosticense in Seconda Categoria. Siamo nel 1988. Sacchi sta per iniziare il suo ciclo vincente col Milan di Berlusconi formato Europa dei grandi. L’Ajax del calcio totale è lontano una quindicina d’anni. Ad Amsterdam cresce Caroline, futura moglie di Ezio a cui Glerean deve la passione per i Lancieri. Studia da vicino il calcio totale rimanendo estasiato dal football sviluppato da Rinus Michels e dai suoi successori.

Lo sviluppo del suo credo calcistico

Con la Marosticense il Mister ottiene due promozioni dalla Seconda Categoria alla Promozione. Poi inizia la sua avventura nei dilettanti fra Caerano e Bassano. Come lo stesso Glerean ha ricordato in una lunga intervista rilasciata nel 2013, quando si trovava da 3 stagioni senza squadra ed aveva ormai chiuso col calcio professionistico, è però col San Donà che inizia davvero a sperimentare il suo calcio spregiudicato ispirato al modello olandese. Qui ottiene la promozione in C2, abbandonando il 4-2-4 dei tempi di Bassano del Grappa. Adotta la difesa a 3, con 3 centrocampisti e 4 giocatori d’attacco, con o senza trequartista a legare il gioco da “enganche”.

Sfiorata la promozione in C1, si guadagna le attenzioni del Cittadella di Angelo Gabrielli, che non era l’unico ad essersi calcisticamente innamorato di lui. Il regista premio Oscar Paolo Sorrentino, nel suo meraviglioso film d’esordio “L’Uomo in più”, citerà (tatticamente) lo stile di gioco caro a Glerean nei dialoghi respirati dalla voce di Antonio Pisapia, personaggio di fiction anch’egli alter ego di un qualcuno realmente esistito, che non è difficile ritrovare nella vita di Agostino Di Bartolomei.

Il 334 di Glerean e il miracolo Cittadella

Glerean diventa l’artefice del miracolo Cittadella, gettando le basi per un progetto tecnico la cui eredità sportiva resiste ancora oggi. Il Cittadella-Padova, come fu ribattezzato allora, deliziava l’Euganeo arrivando attraverso una doppia promozione sino alla Serie B, che oggi sembra ampiamente alla portata dei patavini, ma che all’epoca venne salutata come autentica impresa.

Di Glerean si comincia a parlare un po’ ovunque. Dopo la salvezza ottenuta alla prima stagione in cadetteria, il Cittadella si presenta ai nastri di partenza del campionato 2001-02, pur senza un budget degno della categoria, come la squadra da tenere d’occhio quale possibile sorpresa del campionato.

Alla seconda giornata lo scontro che tutti attendevano, anche se settembre è cominciato da soli due giorni. All’Euganeo arriva la Salernitana di Zeman. Finisce 4-4, in un festival di gol, errori ed emozioni che non lascia indifferenti i tifosi sugli spalti e gli spettatori a casa. I critici storcono il naso, ma il nome di Glerean viene ormai equiparato, sulla bocca degli appassionati, a quello del Maestro Boemo per l’impatto tattico nel mondo del calcio.

Il ritorno a Marostica

Sembra questa la tappa intermedia di una carriera brillante, ma Glerean non spiccherà mai il volo verso il calcio che conta. A fine stagione il Cittadella retrocede con la seconda difesa più battuta del campionato, a fronte di un attacco che non riesce a mantenere del tutto le premesse della vigilia. Viene permesso al Mister, per affetto e riconoscenza, di concludere una stagione ormai segnata, ma il rapporto tecnico si interrompe alla fine della stessa.

Glerean fallirà, anche per sfortuna personale (vedi l’incontro con Zamparini prima a Venezia e poi a Palermo), in tutte le sue successive esperienze professionali. L’ultima, da subentrato, nel 2010, a Cosenza, prima di decidere di abbandonare il calcio. Estremamente critico nei confronti della direzione, a suo dire, intrapresa dal gioco del pallone all’italiana, in uno sport ormai privo dei campioni necessari al suo sviluppo e della passione di presidenti e tifosi, in balìa di direttori sportivi incompetenti e procuratori senza scrupoli, Glerean accetterà di tornare, nel 2017, nel luogo in cui ha iniziato: Marostica. Raccoglie una squadra in crisi e non riesce a salvarla dalla retrocessione in Promozione, dove, pandemia a parte, tutt’oggi allena la sua Marosticense.

Un finale amaro, ma non per lui

Messo da parte come già accaduto al più famoso e produttivo Zeman, con cui condivide l’avversione per il mondo del calcio attuale, Glerean non crede più al futuro ma rimugina su un passato da cui è fuggito troppo presto.

Sbagliando, probabilmente. In un eterno ritorno della storia, anche il pallone, nella sua ciclicità vichiana, propone oggi quel pressing e contro-pressing alto, con le ali spregiudicate a contrastare i terzini e gli attaccanti a coprire la linea di passaggio dei difensori, per mettere in difficoltà la costruzione dal basso, altro mantra di Glerean. La difesa alta, il fuorigioco sistematico e il gioco rapido con verticalizzazioni improvvise e, massimo, uno-due tocchi, sono prerogative dei migliori manager calcistici in circolazione.

Così vedeva il calcio Glerean. Così, quasi tutti coloro che possono permetterselo, giocano oggi. Solo che, ai tempi, troppo spesso il buon Ezio era troppo avanti perchè i suoi giocatori potessero reggere quei ritmi, privi del background tecnico necessario allo sviluppo proattivo di quell’idea di calcio. La passione di Glerean non è rimasta però lettera morta, per quanto la sua cocciutaggine gli impedirà probabilmente di avere una seconda chance nel professionismo. Il suo manifesto ideologico si è tradotto in un libro, “Il Calcio e l’Isola che non c’è”, in cui ripropone il concetto di un approccio gioioso al pallone per i giovani, con l’intento di preservarne lo scopo educativo e l’aspetto dilettantistico, oltre il quale solo pochissimi sono in grado di elevarsi.

E forse, chissà, è anche giusto così.