L’estetica della Serie A in 5 nuovi profili

L’estetica della Serie A in 5 nuovi profili

Ottobre 10, 2020 0 Di Valerio Vitale

Era il lontano 1609 quando William Shakespeare regalava all’umanità uno dei sonetti d’amore più belli mai concepiti: “Sonnet 18”. Nel frattempo nell’Inghilterra di inizio XVII secolo, con Giacomo Stuart, il pallone di calcio rotola soprattutto negli istituti scolastici, dove i giovani studenti si affrontavano in partite 11 vs 11, con i maestri a fare da portieri. Chissà se anche l’illustre scrittore inglese era affascinato da quello sport, fatto sta che nel suo pezzo dedicato alla donna amata si sofferma sulla fugacità della bellezza:

“E d’ogni cosa bella la bellezza talora declina, spogliata per caso o per il mutevole corso della natura”

La bellezza che si declina, tranne quella della sua donna che rimane immutata:

“Ma la tua eterna estate non dovrà svanire, Né perder la bellezza che possiedi”

La stessa bellezza di saper giocare a calcio, che purtroppo sta svanendo, schiava dei tempi moderni ove la prerogativa sembra più quella di costruire atleti che giocatori capaci di dare del tu al pallone. Bellezza effimera, appunto. Ma tra le tante ostriche arrivate in Italia, qualcuna di queste contiene ancora qualche perla e ci ricorda che la bellezza del calcio non è effimera, incollocabile nello spazio e nel tempo stesso. Ce lo ricordano alcuni dei giocatori giunti quest’estate.

Uno su tutti Pedro. Il campionissimo spagnolo ha segnato ovunque ed a chiunque, in qualsiasi competizione. Il tocco della sfera è di quelli sublimi, scuola Barcellona si intende, la culla della bellezza del calcio. Quando nasci nella cantera non perderai mai quell’estetica del calcio, perché li si costruiscono giocatori tecnici e talentuosi, non mezzofondisti prestati al football.

Proviene da lì anche Deulofeu. Lui, rispetto a Pedro, si è un po’ perso, a Watford ha disegnato calcio a sprazzi, ma in quegli sprazzi ha pennellato tele che manco Giotto nei giorni di sua maggiore produttività. Non è Baggio, non ce ne voglia il buon Marino, ma siamo sicuri che vederlo in campo renderà meno noiose le domeniche alla Dacia Arena.

Parli di Spagna e non puoi non parlare di Brahim Diaz. Costruito a Manchester, però da uno dei più grandi esteti del calcio moderno, Pep Guardiola. Il talento rossonero ha dimostrato subito la sua classe, in barba a chi a sproposito continua ad insistere che in Italia è più difficile giocare e bla bla bla.

Quando hai classe riesci a dimostrarlo a prescindere del contesto e Brahim ne è la prova. Ma non è finita qua. Ad abbellire il nostro calcio è arrivato anche Miranchuk. Il talento russo dell’Atalanta non abbiamo potuto ancora ammirarlo a causa di un problema fisico che lo ha tenuto fermo ai box, ma siamo certi che il suo sinistro delizierà i palati più raffinati.

La bellezza, eterna, di José Callejon. Il quale, a 33 anni, piuttosto che farsi le vacanze in Arabia o USA, ha deciso di rimettersi in gioco a Firenze, la città dell’arte per eccellenza. L’eleganza della t-shirt viola, rigorosamente a manica lunga, e la bellezza e la puntualità dei suoi inserimenti, ci ricorderanno ancora perché ci siamo innamorati di questo sport.

Dopo tanto grigiore, raggi di bellezza sperano di vederli anche sotto la mole antonelliana, sponda granata, con il trequartista Gojak che almeno con la Bosnia e la Dinamo ha dimostrato che di bellezza ne ha tanta da esprimere e da mostrare ai tifosi del Toro e non solo. In un momento globale così brutto, nel campionato forse più brutto della storia a causa delle tante defezioni, di protocolli deficitari, i nomi sopracitati potranno riconciliarci con il nostro amato calcio.

Perché: “La tua eterna estate non dovrà svanire, né perder la bellezza che possiedi”.

Lunga vita al calcio.