Nadia Nadim, icona dello sport femminile, è molto più di una semplice atleta. Si sta laureando in medicina e il suo sogno è la chirurgia.
Anno 2000.
Rabani Nadim, generale dell’esercito afghano, viene sequestrato dai talebani e giustiziato.
Il mondo non ha conosciuto ancora l’11 settembre. L’ultima invasione dell’
Afghanistan, risale a quella dell’Unione Sovietica tra il ’79 e gli anni ottanta, una guerra durata oltre 10 anni in cui gli schieramenti dei due blocchi apparivano quanto mai porosi, e l’opinione pubblica cominciava a conoscere etnie come
mujaheddin e
taliban.
Una guerra che, come sempre accade, avrebbe lasciato macerie e una recrudescenza in termini di discriminazioni e violenze etniche di base soprattutto religiosa.
In questo contesto, non più al sicuro, la famiglia della giovane Nadia Nadim, classe 1988, è costretta a rifugiarsi all’estero per salvare la pelle.
Nadia, la madre e quattro sorelle arrivano in Pakistan e riescono a volare in Italia. Da lì, si insediano da rifugiati politici in Danimarca.
E’ in terra danese che Nadia può coltivare la sua passione per il calcio. Nel 2006, divenuta maggiorenne, ottiene la cittadinanza e diventa convocabile per la nazionale danese grazie a una deroga della federazione (avrebbe dovuto attendere 5 anni dalla residenza per regolamento).
Nel frattempo, si iscrive all’università: il suo sogno è diventare chirurgo.
In Danimarca Nadia scopre che anche in Europa esistono, seppur in scala minore, discriminazioni. Lei è donna, calciatrice e sogna un lavoro ben pagato a stragrande maggioranza maschile.
Il calcio è per lei un lavoro, che le permette di investire nel suo futuro.
Arriva la chiamata americana. New Jersey, poi Portland.
Nadia diventa il 10 della nazionale danese. Da qui il suo futuro sembra in discesa.
Oggi è una stella del PSG, considerata un sex symbol che travalica i generi, si sta laureando in medicina e comincerà la specializzazione in chirurgia una volta terminata la sua carriera nel calcio.
Il suo sogno? No, non sono i mondiali.
Guadagnare abbastanza soldi come dottore, tornare in Afghanistan, costruire e dirigere un ospedale che offra cure completamente gratuite.
Forbes l’ha riconosciuta, nel 2019, quale una delle 20 donne più influenti del Pianeta.