Carlo Fantastico Carlo Magnifico: l’eredità calcistica di Ancelotti
Dicembre 21, 2020Carlo fantastico Carlo magnifico, intonano i tifosi dell’Everton. Ma qual è l’eredità calcistica di Ancelotti? E il futuro di Gattuso dipende dagli insuccessi del suo precedecessore? A un anno dalla sua sorprendente firma con i Toffees, Carlo Ancelotti si trova a fare i conti col più classico dei rollercoaster emozionali a cui quasi ogni allenatore, professionista e non, prima o poi va incontro.
Eppure, poco più di un anno fa, il suo ex club, il Napoli di De Laurentiis, si era separato da lui “di comune accordo”, scegliendo al posto del Leader Calmo (come recita il titolo del suo libro di maggior successo) un suo ex pretoriano, Gennaro Ivan Gattuso.
Quello stesso Gattuso che oggi, proprio “di comune accordo” con la società e i calciatori, ha portato la squadra in ritiro (punitivo? magari no) prima dell’ultima gara dell’anno solare, questo maledetto anno solare per il mondo intero, contro il Torino al “Maradona”.
Alla voce “ritiro punitivo”, Carlo Ancelotti ha sempre sostenuto (lo scrive anche nel libro sopra citato) che non serva a nulla, che anzi sia controproducente. In ogni caso, fu la sua manifesta avversione al ritiro deciso 13 mesi fa da De Laurentiis dopo Roma-Napoli 2-1 (pare che De Laurentiis odi uscire sconfitto dall’Olimpico, avendolo riproposto dopo la Lazio), ad alienarsi le residue simpatie del patron partenopeo. I risultati poco incoraggianti del mese successivo, al netto della qualificazione agli ottavi di Champions, fecero il resto.
De Laurentiis presentò Gattuso come “l’uomo che avrebbe riportato il Napoli a fare un gioco più congeniale alle caratteristiche della rosa”, la quale, a detta del Presidente, era ancora improntata al “Sarrismo”.
Ah, Maurizio e il suo 4-3-3. Perchè Ancelotti insisteva tanto sul 4-4-2? Ma soprattutto, perchè De Laurentiis, i tifosi e la stampa pensavano di capirne di più di un allenatore che ha vinto 3 Champions League e svariati campionati e trofei ovunque abbia allenato?
Non è dato saperlo, ma è fuor di dubbio che Ancelotti, una volta messo al sicuro il secondo posto nella stagione 2018-19, abbia letteralmente perso il controllo tecnico, atletico e mentale della sua squadra. Le multe della società ai giocatori per il rifiuto di ritornare in ritiro dopo il Salisburgo (il famoso ammutinamento) e il pessimo rapporto con Insigne hanno fatto il resto.
Ma davvero si tratta di questo? O solo questo? No, non esattamente. C’è dell’altro, e l’opposizione alle ricche cessioni di Allan (rifiutati 50 mln dal PSG, poi lo stesso Ancelotti l’ha preso all’Everton per la metà) e Koulibaly (rifiutati 95 mln dallo United), per il quale Carlo aveva posto il veto alla firma, sono probabilmente ragioni ancora più importanti nell’ottica di De Laurentiis, che da presidente ragiona per il 90% del tempo col portafogli. Facciamo anche 99,99.
Oggi che il Napoli, a fronte di una più che onorevole Coppa Italia del 2020, ha accumulato 5 sconfitte in 13 gare di campionato (o 4 in 12, se preferite, fra quelle giocate) dall’inizio di questa stagione, e che Gattuso è sulla graticola come il suo padre putativo (calcisticamente parlando) un anno fa, viene da sorridere nel vedere lo stesso Ancelotti incensato (a suon di milioni) dal suo nuovo club. L’Everton è tornato in piena zona Champions, terzo con lo United ma con una partita in più, dopo aver superato il Tottenham di Mourinho (che, dopo la sconfitta alla prima giornata proprio contro i Toffees, si era preso la testa della classifica prima di perdere contro Liverpool e Leicester).
Lo stesso Ancelotti, che a Napoli aveva letteralmente sponsorizzato James Rodriguez, ma poi gli hanno preso Lozano, ha fatto a meno del colombiano per infortunio. L’ex Real (club che al Napoli aveva chiesto la luna, ma all’Everton l’ha dato quasi gratis) è un injury prone da anni, e i suoi lampi di classe, che hanno aiutato il gioco dell’Everton a inizio campionato, non sono mancati così tanto nell’ultimo periodo. Le difficoltà di novembre, quando Ancelotti ha dovuto anche modificare l’assetto difensivo per le assenze dei terzini titolari, passando ad una più perforabile difesa a 3, sono ora solo un ricordo. L’ex “Manager del mese di settembre” ha ripreso la marcia con 3 vittorie in altrettanti big match, contro Chelsea, Leicester e Arsenal.
L’Everton conta ora 8 vittorie, 2 pari e 4 sconfitte in campionato, con 26 punti in 14 partite (media 1,857 punti a partita). Gattuso, col Napoli, è a 8 vittorie e 5 sconfitte (una a tavolino), con 24 punti in 12 gare (23 effettivi per il punto di penalizzazione). Per entrambi il bilancio sembra positivo, ma le sensazioni sono opposte.
Ancelotti è forte di un contratto importante da 14 mln di euro circa all’anno. Gattuso è in discussione per un rinnovo che viene di volta in volta rinviato, senza dare spiegazioni da ambedue le parti. Ogni settimana le carte sono in mano agli avvocati, ma manca la firma dei diretti interessati. E’ forse questa la vera differenza fra un allenatore che ha vinto tutto e uno che deve ancora costruirsi una reputazione nel ruolo?
Nel frattempo, Ancelotti ha dimostrato, casomai ce ne fosse bisogno, di saper variare sapientemente assetto tattico a seconda delle esigenze di gara e di organico, mentre Gattuso ha impostato un 4-2-3-1 con uscita sistematica dal basso fin dalla preparazione, modulo che è più volte venuto meno per le assenze degli interpreti principali (Insigne, Mertens e Osimhen), col risultato che, sia tatticamente che come atteggiamento e come approccio mentale alle partite, il suo Napoli finisce spesso e malvolentieri per non essere nè carne nè pesce. Gli stessi problemi che Ancelotti, con più carota che bastone, non era stato in grado di risolvere.
Idea personale: Gattuso a Napoli ha fatto molto meglio di Ancelotti, che è stato un mezzo disastro anche per colpe non sue, proprio perché l’attuale allenatore ha dovuto raccogliere i cocci ereditati dalla precedente gestione. Ma l’uomo da Corigliano Calabro potrebbe pagare a lungo un eventuale fallimento sotto il Vesuvio. Ancelotti, dal canto suo, non sembra essere stato minimamente scalfito nè da De Laurentiis, nè dal precedente licenziamento al Bayern, con le voci sul conto del ruolo del figlio Davide, sempre più preponderante, e di una preparazione atletica deficitaria, che cominciavano a rincorrersi già da allora.