Cristiano Ronaldo: il fuoriclasse, l’uomo, il brand

Cristiano Ronaldo: il fuoriclasse, l’uomo, il brand

Febbraio 5, 2021 0 Di Luca Sisto

Cristiano Ronaldo, fuoriclasse icona globale, è partito dal nulla dell’isola di Madeira per arrivare ad essere uno degli uomini più potenti e conosciuti della Terra.

 

Umili origini e ricostruzione dell’immagine

Quando si parla di Cristiano Ronaldo, raramente vengono in mente le sue umili origini, sull’isola di Madeira.

Non si pensa ai suoi problemi familiari. Non si registra, nel cervello, l’idea che uno così possa venir fuori da una piccola isola sperduta nell’Atlantico, per una pura casualità della storia un possedimento portoghese.

Dei due più grandi calciatori nella storia del Portogallo, uno è venuto fuori dal Mozambico, l’altro da un’isola lontana migliaia di chilometri da Lisbona.

Già, Lisbona. Lo Sporting è il primo grande club dove il futuro CR7 lascia intravedere al mondo le intermittenti quanto abbaglianti luci che lo porteranno alla ribalta, come l’uomo più seguito nella storia dei social network, nonché fra i più conosciuti al mondo.

Ma la costruzione dell’identità e la ricostruzione dell’immagine di icona globale, che Cristiano Ronaldo si è creato negli anni della sua folgorante carriera, passa non solo dalle proprie capacità individuali, ma anche da poche, selezionate figure di riferimento.

 

Amici fidati

Amicizie come quella con Pepe, consolidatesi sin dai tempi di Lisbona e cementatesi in nazionale prima, nel Real Madrid poi. Spesso ci si è chiesti cosa ci facesse un “cattivo” come Pepe, con scarsa tecnica di base, in una squadra come quella dei Merengues che ha vinto tutto. Non mi stupirei se l’unica vera risposta fosse Cristiano Ronaldo.

Un personaggio talvolta descritto come letteralmente folle, accanto ad un fuoriclasse del calcio mondiale la cui immagine, col tempo, non verrà per nulla lasciata al caso.

Pepe e Cristiano ai tempi dello Sporting, luglio 2002, durante un allenamento (Photo by VI Images via Getty Images)

Se la madre di Cristiano è tutt’ora presente nella vita del ragazzo come la principale figura femminile (e i figli di lui ne sono la connessione familiare più preziosa), checché ne possa sperare la bella Georgina, la figura “paterna” più vicina al portoghese è un altro plenipotenziario delle dinamiche calcistiche nazionali e transnazionali: Jorge Mendes. E’ lui il deus ex machina di ogni cosa sia correlata, direttamente o indirettamente, all’asso della Juventus.

15 settembre 2013. Cristiano è in secondo piano nella foto, ma a fuoco. Jorge Mendes gli parla e il portoghese si gira, mentre è intento a firmare il rinnovo di contratto col Real Madrid dopo 4 stagioni in cui la Champions gli era sfuggita di mano. Mendes è sfocato, ma come un’ombra guida i passi del suo assistito. Un’immagine emblematica (Photo by Gonzalo Arroyo Moreno/Getty Images)

 

L’introduzione nello star system del calcio

Alex Ferguson ha spesso raccontato di essersi tecnicamente invaghito di Cristiano durante una partita dello United con lo Sporting. I suoi non riuscivano a tenergli testa, eppure parliamo di una delle squadre più forti degli ultimi trent’anni. Da grande manager quale è lo scozzese, la mossa più immediata è stata quella di portarlo a Manchester, anticipando la concorrenza. Del ragazzo si parla un gran bene, è considerato un’ala che può svariare su tutto il fronte dell’attacco, preferibilmente partendo da sinistra per accentrarsi. Troppo innamorato del pallone per poter da subito sprigionare tutto il suo talento al servizio della squadra, ma la cura Ferguson sarà decisiva. Sir Alex è il vero mentore calcistico del portoghese.

Celebre immagine di Sir Alex e Cristiano Ronaldo, dopo la firma sul contratto nell’agosto del 2003, per un giocatore che a soli 19 anni è già considerato una stella. Sul look, sicuramente, ci sarà ancora molto lavoro da fare (Photo by John Peters/Manchester United via Getty Images).

 

L’ossessione per la Coppa dalle Grandi Orecchie

Fra i tanti incredibili traguardi di Cristiano, uno in particolare merita la sua attenzione: l’ossessione per la vittoria in campo europeo. Sono 5 le Champions League vinte dal portoghese, un titolo europeo con la nazionale (l’unico della sua storia), e una Nations League (che comunque non è certo da buttare e aggiunge prestigio nel calcio moderno).

La prima di queste vittorie è arrivata con lo United, le altre quattro, ovviamente col Real Madrid.

Nella finalissima col Chelsea del 21 maggio 2008 a Mosca, è proprio Cristiano a svettare di testa più in alto di tutti per portare momentaneamente in vantaggio i suoi. Ma è ai calci di rigore che il destino si afferma ineluttabile: il portoghese si fa parare il tiro da Cech, ma prima capitan Terry scivola sul dischetto sprecando il match point per i Blues, poi è Nicolas Anelka a farsi ipnotizzare da Van der Sar. L’immagine di Cristiano a centrocampo, riverso per terra in lacrime, con la testa fra le mani e la schiena al cielo, è quella di un uomo che ha appena preso a calci la sua più grande sfida: la vittoria.

Lo stesso Anelka, consolato da Claudio Pizarro, si avvicina al portoghese per congratularsi con lui (Photo by Michael Steele/Getty Images).

 

Real Madrid e Cristiano Ronaldo: la prima “fusione” di brand aziendali

E’ l’estate del 2009 quando Cristiano passa al Real Madrid per una cifra record compresa fra i 95 e i 97 milioni di euro.

Non è il semplice trasferimento di un fuoriclasse da un club blasonato ad un altro, è la fusione di due brand globali: uno con la fama e la storia del più grande club del mondo, l’altro col potere di muovere folle in delirio, denaro da perderci il conto e, già che c’è, conquistare titoli. Tanti titoli.

La presentazione di Cristiano a Madrid è una “passerella di alta moda” nel gotha del calcio mondiale, di bianco vestito.

Cristiano presentato in un Santiago Bernabeu gremito, il 6 luglio 2009 (Photo by Denis Doyle/Getty Images).

 

Dalla Decima alla Decimotercera

Dicevamo dei titoli, e delle ossessioni. Quando Cristiano Ronaldo passa al Real, l’obiettivo è la Champions, spezzare il monopolio del Barça in Liga e in Europa. I catalani sono reduci dalla Coppa appena strappata al Manchester United di Ferguson e Cristiano, dopo quella sconfitta, raccoglie armi e bagagli e vola a Madrid, a sfidare Messi e compagni sul loro terreno. In Spagna riuscirà a vincere con Josè Mourinho solo alla terza stagione, dopo aver ingoiato anche il rospo del Barça campione di tutto nel 2011.

Ma è nel 2014, sotto la gestione Ancelotti, che il sacro Graal della Decima Coppa dei Campioni viene conquistato dai caballeros blancos. E la battaglia, stavolta, è fratricida: si tratta dell’Atletico Madrid del Cholo Simeone, che ha appena conquistato la Liga superando in volata Barça e Real.

Sergio Ramos salva i suoi allo scadere dopo che un’uscita a vuoto di Casillas aveva consegnato un prezioso vantaggio ai Colchoneros. Nei supplementari il Real dilaga e Cristiano sfodera i muscoli sul quarto e definitivo pallone calciato alle spalle di Courtois, dal dischetto.

L’esultanza di CR7 dopo il gol del 4-1, al Da Luz di Lisbona, in uno stadio che aveva spesso visitato da avversario ai tempi dello Sporting. E’ l’immagine che consacra la Decima per il Real Madrid, proprio nel derby con l’Atleti. (Photo by Lars Baron/Getty Images).

Dopo la sconfitta in semifinale nell’edizione successiva per mano della Juventus, col trionfo finale del Barcellona di Messi, Neymar e Suarez, Ancelotti viene mandato a casa, ma non riesce a Rafa Benitez l’impresa di rimettere insieme i cocci di uno spogliatoio ferito.

Ci vuole uno che conosca l’ambiente, ci vuole un fuoriclasse del pallone che sappia dare del tu ai suoi giocatori. Ci vuole, Zinedine Zidane. Il francese, assistente di Ancelotti ai tempi della Decima, porta il Real Madrid sul tetto d’Europa per 3 volte di fila, e trova anche il tempo di fare doppietta con la Liga nella stagione 2016-17.

Cristiano colleziona 5 Champions League personali e altrettanti palloni d’oro, pareggiando i conti con Messi. La storia d’amore con i Blancos, all’apice del matrimonio, si interromperà lì.

Il 26 maggio 2018 a Kiev, Cristiano Ronaldo scolpisce per l’ennesima volta il suo nome nella leggenda, con l’apporto fondamentale della doppietta di Gareth Bale e la complicità del portiere dei Reds, Loris Karius (Photo by Laurence Griffiths/Getty Images).

 

“Mi sono innamorato del pubblico juventino quando mi hanno applaudito dopo la rovesciata”

Quando gli chiedono perchè la Juve, CR7 fa riferimento agli applausi ricevuti il 3 aprile 2018, nell’andata dei quarti di finale di Champions League, dopo questo incredibile gol in rovesciata. Nella gara di ritorno al Santiago Bernabeu, ancora il portoghese, dal dischetto, porrà fine alla straordinaria rimonta juventina col gol decisivo per il passaggio del turno (Photo by Angel Martinez/Real Madrid via Getty Images).

Cristiano rompe con Florentino Perez e firma per la Juventus nell’estate del 2018. I Bianconeri sono reduci dal titolo vinto al fotofinish sul Napoli, ma anche in questo caso il vero obiettivo, al di là degli Scudetti (che nel frattempo, anche grazie all’apporto di CR7, sono arrivati alla bellezza di 9 filati) è la Champions. Ancora una volta ossessione per la vittoria e brand globali si fondono, ben oltre i 105 milioni di euro, più 30 netti a stagione per 4 anni, che la Juventus investe per accaparrarsi il fuoriclasse portoghese.

Il 16 luglio 2018 parte l’opera di “rebranding” della Juventus, attraverso un matrimonio fisico, finanziario e “social” con “l’azienda” CR7 (Photo by Daniele Badolato – Juventus FC/Juventus FC via Getty Images).

 

La nazionale portoghese

Dopo la delusione degli Europei di casa del 2004, sfilati via a causa dell’inopinabile impresa dei greci, probabilmente abituati ad avere nel proprio DNA quella componente di eroismo necessaria a conquistare quel genere di traguardi contro ogni pronostico, la carriera di Cristiano Ronaldo in nazionale scorre via senza rivedere l’atto conclusivo di una manifestazione così importante fino al 2016, in Francia.

Nella finalissima contro i padroni di casa, favoritissimi, i portoghesi perdono subito per infortunio l’uomo che li aveva portati fino a lì.

Cristiano Ronaldo incita i suoi dalla panchina da leader, senza un attimo di tregua. I transalpini si inceppano, Eder regala il trionfo più atteso al Portogallo, ai supplementari. In un certo qual modo, il karma si è ripresentato sotto una forma diversa per consentire a CR7 la consacrazione con una nazionale che, fino a quel momento, non aveva vinto nulla, nonostante Eusebio (terzo ai mondiali del ’66) e la generazione d’oro dei Figo e dei Rui Costa (mai andati oltre la vittoria ai mondiali under-20).

10 luglio 2016 allo Stade de France di Parigi: guardate chi c’è al fianco di CR7 mentre alza la coppa (Photo by Matthias Hangst/Getty Images).

Altro momento immaginifico in nazionale per Cristiano, è quello che coincide con la sfida alla Spagna, che era in procinto fisicamente di lasciare, ai mondiali di Russia del 2018.

Sotto 3-2 nei minuti finali, CR7 sfrutta, con tutta la sua calma e precisione balistica, un calcio di punizione dai 25 metri, indovinando il sette alla sinistra di De Gea. L’esultanza liberatoria è quella tipica del repertorio dell’ultimo Cristiano: “Eu estou aquì”, sono qui, ci penso io, potremmo tradurre l’espressione.

(Photo by Dean Mouhtaropoulos/Getty Images)

L’eterno dualismo con Messi

Il giorno in cui Messi è stato eletto per la sesta volta pallone d’oro, staccando Cristiano Ronaldo, il portoghese non era presente. Se la vittoria di Modric nel 2018 l’aveva lasciato quasi indifferente, spostando l’attenzione sul potere mediatico che il Real Madrid esercitava all’interno della giuria di France Football, quello di Messi nel 2019 l’ha fatto letteralmente infuriare. Eppure, il 29 agosto di quello stesso anno, a margine della cerimonia dei sorteggi di Champions League, i due erano apparsi vicini e rilassati. “Mi manca Messi”, dice Cristiano con una smorfia che sembra abbozzare un sorriso quasi amichevole, “abbiamo condiviso questo palco per 15 anni, è incredibile, ma non abbiamo mai cenato insieme; spero di poterlo fare in futuro”. Più di una volta inoltre è stato visto Cristiano Jr., il primogenito del portoghese, piuttosto ammaliato dall’incontro con Messi, a testimonianza del fatto che la Pulga argentina deve essere particolarmente apprezzata a casa Ronaldo. I due si sono sfidati, rincorsi, battuti, sopraffatti e ribattuti nel corso degli anni. L’impressione è che gli incredibili traguardi dell’uno non avrebbero avuto lo stesso clamore senza l’altro.

Monaco, 29 agosto 2019, sorteggi Champions: mentre CR7 e Messi scherzano, Van Dijk sembra divertito, anche perché in quel momento era il miglior giocatore della squadra campione uscente, il Liverpool (Photo by Harold Cunningham – UEFA/UEFA via Getty Images)

Preferire Messi a Cristiano o viceversa, non vuol dire fare un torto a chicchessia. Il portoghese e l’argentino sono la massima espressione individuale del calcio mondiale degli ultimi 13 anni. Non può essere un caso. Il dualismo in campo ha fatto sì che fuori non ci fosse spazio per sentimentalismi. Ad ogni trionfo dell’uno, l’altro si svegliava il giorno successivo con la sola idea di vincere la volta successiva.

Tra vent’anni parleremo di loro come “qualcosa venuto da cielo in terra, a miracol mostrare”.

 

Nota: tutte le immagini presenti nel pezzo, compresa la copertina, sono proprietà di Getty Images.