Bora Milutinovic e l’ossessione cinese per le medaglie

Bora Milutinovic e l’ossessione cinese per le medaglie

Febbraio 23, 2021 0 Di Luca Sisto

Città del Messico, 4 giugno 2013.
Il neo presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, si trova in visita ufficiale nel continente americano. Decide, per motivi logistici, di recarsi prima in Messico, per rinnovare gli accordi commerciali fra i due Paesi, poi negli USA, dove l’8 sarebbe stato in programma l’attesissimo incontro col Presidente Barack Obama, in cui Xi avrebbe delineato la politica del “sogno cinese” (che The Economist non esitò a paragonare al “sogno americano”), una strategia di rilancio della potenza asiatica in ottica di un dominio mondiale basato su massicci investimenti economici e sul rinnovamento dell’immagine cinese attraverso strumenti di soft power.
Xi Jinping si presenta al Senato messicano da innovatore rispetto al supposto conservatorismo di Hu Jintao, suo predecessore. Di quel discorso, estrapoliamo due aneddoti interessanti.
Xi afferma di essere un appassionato di sport e di calcio. In questo senso ricorda che Bora Milutinovic, il guru jugoslavo della panchina, è stato il CT del Messico ai mondiali casalinghi dell’86, ed è stato l’unico allenatore ad aver portato la Cina ai Mondiali, nel 2002.
Xi cita un articolo in cui Milutinovic viene considerato uno dei 60 personaggi stranieri più influenti della storia cinese degli ultimi 25 anni.
Successivamente, riferisce di un altro episodio che lega sportivamente Messico e Cina.
A Pechino 2008, un allenatore messicano si era avvicinato alla controparte della delegazione cinese della specialità dei tuffi, chiedendo: “come ci si sente a vincere tutte le medaglie d’oro?”
Xi racconta che, attraverso una partnership cino-messicana, i latini avevano in seguito vinto ben 8 medaglie d’oro nei tuffi ai giochi Panamericani del 2011.
Avevano quindi assaggiato un po’ di quella magia. Una magia che in Cina è ossessione. Come la storia americana dell’espansione ad Ovest si basava sulla corsa all’oro, così i cinesi hanno fatto degli sport olimpici – e delle medaglie più pregiate – il proprio marchio di fabbrica.
Anche da qui passano le politiche cinesi in fatto di soft power. Offrire un’immagine vincente, ricalcando un po’ il dualismo USA-URSS durante la Guerra Fredda, è vitale per il rilancio politico ed economico del Paese.

Guo Jingjing, oro nel trampolino e nel sincro dai 3m a Pechino 2008. In totale ha ottenuto 4 ori olimpici e 2 argenti (china.org)

Non è un caso che, vista la stima del Presidente nei suoi confronti, Bora Milutinovic sia stato richiamato a Pechino nel 2018, in qualità di consulente primario per lo sviluppo del settore giovanile calcistico cinese.
L’ossessione cinese è un programma di lungo periodo che ha messo radici anche nel calcio. Dall’acquisto di importanti club europei (Inter in primis) al miglioramento della competitività del campionato locale, attraverso enormi investimenti in fatto di allenatori e calciatori.
Si è dovuto col tempo ricorrere ad una regolamentazione del mercato degli stranieri e a un tetto salariale per non falsare la capacità dei club europei di contrapporre adeguate offerte economiche per i propri calciatori.
Nonostante questo, prima della pandemia, i risultati della nazionale cinese di calcio non erano ancora all’altezza delle aspettative.
Nel febbraio 2020, in una video-intervista flash, Bora Milutinovic si era detto certo che la Cina avrebbe sconfitto in breve tempo il coronavirus.
Oggi sappiamo che non è stato e non è così semplice, a causa della diffusione pandemica del virus, che ha costretto per diverso tempo i Paesi alla chiusura o alla limitazione del traffico aereo per evitare ulteriori danni, con nefaste conseguenze per l’economia globale.
Milutinovic è diventato leggenda per aver guidato Messico (’86), Costa Rica (’90), USA (’94) e Nigeria (’98) oltre il primo turno della fase a gruppi dei mondiali. Da allenatore della Cina fu eliminato senza punti e senza segnare gol, ma era comunque riuscito a portare la selezione alla fase finale per la prima e unica volta.
Nonostante l’età avanzata, è ancora possibile per lui un ruolo di primo piano nello sviluppo del calcio in Cina.
Ma le ultime notizie in tema di campionato cinese e di club, i cambi di denominazione e lo stesso gruppo Suning, che è proprietario anche dell’Inter, intenzionato a “disfarsi di tutto ciò che non è essenziale per il loro gruppo”, non lasciano ben sperare riguardo il futuro del calcio in Cina.
Che sia una traiettoria simile a quella attraversata nella flessione del football negli States dopo la parabola Cosmos? Lo scopriremo solo col tempo.
Il punto è che un freno, anche a causa della pandemia, a ciò che era stata la “bolla” del calcio in Cina, era prevedibile. La bolla però sembra essere definitivamente scoppiata, e a un periodo di crisi ne seguirà uno di assestamento. Probabilmente, la percezione del calcio in Cina tornerà ad essere quella di un passatempo per pochi, rispetto all’economia globale e imperialista del più popoloso Paese del mondo.
Immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons.