1 maggio 1994: il giorno di dolore che uno ha e che non potrà scordare
Maggio 1, 20211 maggio 1994. La cronaca di un giorno di dolore e tensione, evidente anche agli occhi di un bambino. La storia dello sport cambiò d’improvviso. Gli incidenti del GP di San Marino, la morte di Ratzenberger e Ayrton Senna. E gli intrecci dell’ultima giornata di Serie A. A fare da sfondo, un Paese che stava radicalmente cambiando.
Prologo
L’ora di pranzo è passata da pochi minuti. Non sono più a tavola. Ho fra le mani una pallina di subbuteo verde fluo, con i quadratini neri. La lascio rimbalzare nervosamente sul panno color quercia, disteso sul tavolo ampio e rotondo del soggiorno. Non sto nella pelle.
Oggi il Napoli di Lippi è di scena allo Zaccheria di Foggia, quello di Zeman, l’ultimo. Servono, necessariamente, due punti, se si vuole andare in Coppa Uefa. I ragazzi non vedono lo stipendio da mesi, ma hanno lottato, e non è il caso di vanificare tutto. Al venerdì si è giocato l’anticipo fra Piacenza e Parma al Tardini, poiché gli uomini di Scala avevano chiesto maggiore riposo in vista della finale di Coppa delle Coppe. Un’assurdità, visto che il Piacenza, in piena lotta per non retrocedere, avrebbe dovuto giocare in contemporanea con le altre dirette concorrenti.
Il pareggio consente ai piacentini di superare la Reggiana di un punto. Nella gara di domenica a San Siro, contro un Milan rimaneggiato in vista della finale di Coppa Campioni contro il Barcellona di Cruijff, i gigliati si giocano tutto. Una sconfitta li manderebbe a fare compagnia a Lecce, Atalanta e Udinese in B. Pari, spareggio. Vittoria, salvezza. Col pareggio di Parma, l’Inter è salva, quindi. La partita contro l’Atalanta è inutile ai fini della classifica, tanto più che i nerazzurri sono presi in mezzo fra le due gare di finale di Coppa Uefa col Casino Salisburgo. All’andata, al Prater di Vienna, Nicolino Berti l’aveva messa al 35′ in splendida girata, ipotecando la vittoria, che verrà suggellata dall’olandese Jonk a San Siro. Un’annata difficilissima per l’Inter, che mai come stavolta ha rischiato di retrocedere. Eppure, porta a casa una Coppa europea. Sarà l’ultima di Zenga e Ferri in nerazzurro.
Intanto, comincia il Gran Premio di Formula1 di San Marino, a Imola, in un weekend foriero di cattivi presagi fin da subito.
Imola, 1 maggio 1994: con la morte nel cuore
Quella mattina Imola sembra un episodio di Final Destination. Roland Ratzenberger era morto il giorno prima in un incidente alla curva Villeneuve. Non accadeva da 12 anni, in pista, dall’incidente mortale di Riccardo Paletti a Montreal il 13 giugno 1982. Lo stesso anno, se n’era andato Gilles, l’8 maggio a Zolder, su Ferrari. Il precedente più fresco, era nel 1986, Elio De Angelis, nei test drive della Brabham al circuito Paul Ricard. Da allora la F1 aveva preso le contromisure. Regolamenti e scocca si adattavano ai tempi e alle esigenze di sicurezza. Ma quel weekend, a Imola, non sarebbe stato sufficiente.
Nonostante la tragica scomparsa di Ratzenberger, si corre ugualmente. Secondo alcune testimonianze del giorno successivo, Ayrton Senna era molto scosso, sembrava quasi assente, a bordo della sua monoposto Williams FW16. Riporterà Carlo Marinovich su Repubblica, che Senna era preoccupato perché la sua auto “reagiva male su quella pista, per problemi di aerodinamica e alle sospensioni”. Ma a causare l’incidente del primo maggio, alla curva Tamburello, fu un cedimento al piantone dello sterzo, modificato in fretta la notte precedente per migliorare la visibilità della strumentazione, su richiesta di Senna.
Nei primi due GP della stagione, Senna aveva collezionato due ritiri. A Imola parte in pole, ma continua a non fidarsi della vettura progettata da Adrian Newey, troppo stretta per lui, e che per motivi regolamentari non poteva contare sul vantaggio dell’elettronica accumulato nelle precedenti edizioni mondiali.
Alle prove del venerdì aveva già rischiato la vita Rubens Barrichello. Al sabato, la morte di Ratzenberger segna profondamente Ayrton, che correrà con la bandiera austriaca nell’abitacolo in omaggio al pilota deceduto. L’intenzione di Ayrton sarebbe stata quella di sventolarla in caso di vittoria. Verrà rinvenuta, all’interno dei resti della Williams, bagnata dal sangue del fuoriclasse brasiliano. Pronti via, la Lotus di Lamy impatta la Benetton di Lehto, fermo per un problema alla partenza. Safety car, rottami ovunque, una gara maledetta. Passano pochi minuti. Senna lancia la ripartenza davanti alla Benetton di Schumacher e alla Ferrari di Berger. Un solo giro, poi, il buio, alle 14:17. “Uscita molto violenta in un punto criticissimo”, afferma Mauro Poltronieri in telecronaca. Man mano che passano i secondi ci si rende conto della gravità della situazione, anche attraverso i pacati commenti, d’altri tempi davvero, dei telecronisti di Raidue.
Nella testa scorrono le immagini della monoposto di Senna che esce di pista. Il sangue sull’asfalto. Il casco che ondeggia privo di sensi. La disperazione dei meccanici. L’elicottero in pista. Impossibile dimenticare, anche per un bambino. Sono in cucina, la pallina del subbuteo ancora fra le mani, sempre più nervosamente la faccio scivolare lungo la parete del lavello d’acciaio, asciugato e lucidato, privo dei piatti già lavati con cura del pranzo.
Secondo il medico del circus Sid Watkins, che si lancia in soccorso di Senna, si poteva percepire che “lo spirito aveva abbandonato il corpo di Ayrton, anche se non era ancora morto”.
Gol di Massimiliano Esposito
Comincia la giornata di serie A, mentre mi sposto dalla TV alla radio.
A San Siro la Reggiana incontra un Milan con la testa ad Atene, anche se la finalissima col Barcellona dista 17 giorni. Capello non vuole rischiare infortuni e i rossoneri schierano le seconde linee. Il Milan ha perso solo due gare in stagione. A Marassi contro la Samp, gol dell’ex del definitivo 3-2 di Ruud Gullit, “come cervo che esce da foresta”, per citare Vujadin Boskov. E a Napoli, gol di Di Canio che ha fatto esplodere il San Paolo e girare la testa a Seba Rossi e Franco Baresi.
La Reggiana attacca, il Milan cerca di controllare il risultato. Nel secondo tempo, è Massimiliano Esposito a realizzare il gol vittoria con un destro dal vertice dell’area di rigore, un diagonale d’esterno che ricorda per certi versi il missile radiocomandato di Nelinho a Zoff nel ’78.
Esultano gli uomini di Pippo Marchioro. La Reggiana è salva. Il Milan, ad Atene, avrebbe asfaltato il Barcellona 4-0 in una notte indimenticabile, resa immortale dal pallonetto del Genio Savicevic a Zubizarreta.
Il 4 maggio, a Copenaghen, c’è un’altra italiana in finale di Coppa. L’unica che perderà, il Parma. Sarà il gol di Alan Smith a consegnare all’Arsenal la Coppa delle Coppe.
Gol di Paolo Di Canio
Sedicesimo del secondo tempo di Foggia-Napoli. Gli azzurri recuperano palla, un lancio lungo l’out di destra mette in moto Paolo Di Canio, ma il pallone è irraggiungibile. Per tutti. Di Canio, però, ci crede. Il portiere Bacchin esce quasi al limite, stoppa la palla con i piedi, ma nel goffo tentativo di bloccarla con le mani, se la fa soffiare dall’ex laziale.
Di Canio ruba palla e appoggia in rete col sinistro. Un altro gol beffardo, dopo quello al Milan. Un altro gol da due punti.
Il Napoli raggiunge la zona UEFA, finisce sesto, al termine di un campionato tutto cuore e grinta, che consentirà a Marcello Lippi, passato successivamente alla Juventus, un decisivo salto di qualità nella sua carriera da allenatore.
Epilogo: quel maledetto 1 maggio 1994
Quando tira un po’ di vento che ci si rialza un po’
E la vita è un po’ più forte del tuo dirle “grazie no”
Quando sembra tutto fermo la tua ruota girerà
Sopra il giorno di dolore che uno haQuando indietro non si torna
Quando l’hai capito che
Che la vita non è giusta
Come la vorresti te
Quando farsi una ragione
Vorrà dire vivere
Te l’han detto tutti quanti
Che per loro è facile‘Il giorno di dolore che uno ha’, Luciano Ligabue
Luca Gianferri, l’inviato della Domenica Sportiva dall’Ospedale Maggiore di Bologna, prende la linea. Alle 18:40 il cuore di Senna ha smesso di battere. In studio, Gianfranco De Laurentiis, il compianto Gianfranco, trattiene a stento l’emozione. Una giovanissima Antonella Clerici, emette una voce altrettanto tremante, con uno sgrammaticato “vediamo tutti gli incidenti che si sono svolti…” che ne riflette tutto lo stress della diretta. Il GP di San Marino lo vince Michael Schumacher, che al termine della stagione sarà Mondiale.
Capivo perfettamente cosa significasse la morte. L’avevo già conosciuta, con gli occhi di bambino, quando le immagini della strage di Capaci, due anni prima, monopolizzavano i notiziari insieme alla guerra nella ex Jugoslavia.
Ero alla TV, quando i programmi vennero interrotti per l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, poche settimane prima di quell’1 maggio 1994.
“Il giorno di dolore che uno ha”, per citare il titolo di una canzone di Luciano Ligabue, del 1997, fu per tanti sportivi quello della morte di Ayrton Senna.
Il Brasile dello sport non ha mai smesso di piangere il suo campione. A Pasadena, la Seleção avrebbe vinto i mondiali, dedicando il titolo all’eroe nazionale. “Senna, aceleramos juntos, o tetra è nosso”.
Immagine di copertina tratta da CircusF1