Gipo Viani, la Salernitana e l’introduzione del libero
Maggio 25, 2021Il giornalista Nicolò Vallone racconta un pezzo di storia tattica italiana: quando Gipo Viani, alla guida della Salernitana nel 1947-48, introdusse il ruolo del libero in Italia. Una stagione storica, nonostante l’amara retrocessione finale, la cui eredità tattica è viva ai giorni nostri.
L’ultima Salernitana in A
Ha fatto rumore la promozione in Serie A della Salernitana di Castori, arrivata seconda in Serie B dietro all’Empoli e davanti a corazzate cadette (almeno sulla carta) come Monza e Lecce. Le cronache, come naturale, si sono focalizzate sulla questione della multiproprietà di Lotito, costretto a vendere il club campano per potersi tenere la Lazio. E la corsa agli amarcord ha ricordato, come altrettanto naturale, che sarà la terza volta nel massimo campionato per i granata di Campania. Focalizzandosi soprattutto sull’ultima delle precedenti due, vivissima nella memoria collettiva se non altro per vicinanza temporale: quella della stagione 1998-99, che finì col subitaneo ritorno in B ma contribuì a lanciare definitivamente mister Delio Rossi e talenti come Gattuso e Di Vaio, Di Michele e Vannucchi, e non solo.
La prima Salernitana in A di Mister Gipo Viani
La prima partecipazione della Salernitana in Serie A, invece, tende a essere relegata a mera notazione annuale, da citare e lasciare lì, nel cassetto dei ricordi in bianco e nero che valgono solo per riportare un dato statistico esatto. Eppure, da un punto di vista squisitamente storico, è stata forse quella la più importante e significativa. Perché, come accennato sopra e come spiegheremo adesso, ha forgiato e reso sistematico un ruolo e un credo tattico divenuto simbolo dell’Italia nel mondo quasi come pizza e Gioconda.
Stagione 1947-48. Dopoguerra. I mezzi sono pochi e i piccoli devono ingegnarsi come possono per stare al tavolo dei grandi. E gli italiani in questo eccellono, si sa. A dire il vero, in Europa c’è già qualcuno che ha avuto l’intuizione fatale: sopperire tatticamente all’inferiorità tecnica rinforzando la difesa e andando di contropiede. Basta passare il confine con la Svizzera e vedere cosa combina, già dagli anni Trenta, l’allenatore austriaco Karl Rappan con il Servette, il Grasshoppers e la Nazionale elvetica: gli avversari pensano di aver superato tutti i difensori e invece no, eccone sempre uno nuovo a sbarrare la strada. Ma come giocano questi? A seconda che lo si nomini nel lato tedesco o francese della Svizzera, si chiama riegel o verrou. La traduzione italiana letterale è chiavistello. Con quale termine semanticamente affine passerà alla storia nei decenni successivi, lo sappiamo tutti.
Gipo Viani e il finto nove Piccinini
Quello che non tutti sanno, però, è quando e in che forma tattica il Catenaccio arriva da noi. A inizio anni Quaranta si registrano alcuni esperimenti di difesa rinforzata, sparsi nel centro-nord Italia. Poi però, nel caldo Sud, arriva l’estate del ’47. Per festeggiare l’inedita promozione la Salernitana organizza un torneo tra bar. A un certo punto, il capitano granata Totonno Valese e l’allenatore Gipo Viani devono risolvere un rebus: c’è da trovare un uomo a cui dare la maglia numero 9, poiché il centravanti designato Vincenzo Volpe si rifiuta di giocare contro il fratello Dante, difensore nella squadra avversaria. Ecco la soluzione: dare la 9 ad Alberto Piccinini (papà di Sandro, proprio lui!). Piccolo dettaglio: è un centrocampista.
Quello che accade in quei giorni, in quell’angolo dell’Italia meridionale, cambia per sempre la storia del calcio. A Piccinini viene detto di francobollarsi al centravanti avversario. Il numero 9 che segue in marcatura il 9 avversario. Surreale, ma funziona!
Nelle settimane precedenti all’inizio del campionato, il 34enne Valese, eroe calcistico locale e uno dei principali artefici della promozione, viene ceduto alla Torrese (l’attuale Savoia) e sfuma l’occasione di coronare la carriera con un’annata in A. Resta saldamente sulla panchina salernitana invece Gipo Viani, che sviluppa in via definitiva la loro idea: si presenta ai nastri di partenza della Serie A con uno schema tattico mai visto prima.
Il centravanti non esiste: la 9 ce l’ha appunto Piccinini, che marca il 9 avversario e diventa un difensore a tutti gli effetti. E il difensore che prima aveva il compito di marcare il centravanti, ossia lo stopper? Viene arretrato e resta libero da qualsiasi compito di marcatura a uomo. Libero, appunto. Così si chiama il nuovo ruolo creato da Viani su ispirazione di Valese.
Il Vianema
Questo effetto domino che, con la rimozione di un attaccante e l’aggiunta di un difensore, ricaccia indietro lo stopper e lo rende un libero, prende il Sistema 3-2-2-3 in voga all’epoca e lo trasforma in un 1-3-2-2-2 che sarà ribattezzato Vianema. Un ultimo baluardo svincolato da marcature dietro a stopper e terzini, niente punta fissa, gioco di ripartenze affidato ad ali e mezzali.
La Salernitana sorprende tutti, ma a lungo andare la caratura modesta della rosa presenta il conto e il campionato si chiude con la retrocessione. Per un solo punto, dietro la Roma. E in tempi di accuse contro «arbitri che ammazzano le squadre del sud» è curioso ricordare il contestato arbitraggio del direttore di gara Vittorio Pera nello scontro diretto contro i giallorossi alla penultima giornata.
Il sasso scagliato nello stagno da quella prima Salernitana in A, però, crea ben più di qualche ondina attorno a sé. Viani, trevigiano di Nervesa, detto Lo Sceriffo, tornerà a latitudini più settentrionali e collaborerà per anni con Nereo Rocco: insieme si toglieranno tante soddisfazioni nel Milan e contribuiranno a perfezionare e istituzionalizzare il catenaccio. Il gioco all’italiana più famoso e famigerato. Che non avrebbe cancellato il centravanti, anzi! Ma avrebbe mantenuto intatto il libero.
L’eredità di Gipo Viani resiste
Il libero di quella Salernitana ’47-’48, il primo nella storia, era Ivo Buzzegoli. Un possente stopper che, grazie a quel nuovo ruolo, poteva evitare di farsi scappare i centravanti in velocità e dedicarsi a randellare e rastrellare ciò che arrivava dalle sue parti. Non a caso gli inglesi tradussero il libero come sweeper, spazzatore. L’evoluzione del ruolo, però, avrebbe trasformato il libero in senso propositivo, come difensore in grado di impostare. Una linea che dallo spazzatore Buzzegoli passa dagli eleganti Picchi, Beckenbauer, Scirea, Krol e Baresi, e prosegue anche oltre la morte teorica del ruolo, coi centrali-registi moderni indispensabili nell’era della costruzione dal basso, i Bonucci, i Piqué, gli Hummels.
Pure alcune intuizioni del duo Valese-Viani di quel torneo dei bar 1947 hanno camminato sulle gambe e soprattutto nella testa di grandi allenatori in un senso più offensivo rispetto agli scopi per cui erano nate. Oggi, ad esempio, c’è un catalano che insegna calcio d’attacco al mondo intero arretrando mediani sulla linea difensiva e rinunciando agli attaccanti puri. Non è che forse la vera domanda da fare a Pep Guardiola è «conosci la Salernitana di Gipo Viani?»
Testo di Nicolò Vallone (seguitelo su Sportellers)
Immagine di copertina: granatacento.com