Pulga Rodríguez, passione tucumana e valanghe di gol

Pulga Rodríguez, passione tucumana e valanghe di gol

Dicembre 6, 2021 0 Di Luca Sisto

Nella vita e nella carriera professionale di Luis Miguel Pulga Rodríguez, ci sono gol, rigori sbagliati, treni che passano troppo presto, mattoni, e ancora gol. Tutti gli ingredienti per diventare un idolo delle tifoserie argentine.

Gol del Pulga Rodríguez

Simoca è una piccola città di circa 8000 abitanti, situata nel dipartimento omonimo, nella provincia di Tucumán, nell’estremo nord-est dell’Argentina. Nella lingua quechua, il suo nome viene dall’espressione “shim mu kai”, che vuol dire “luogo di pace e silenzio”.

Casa Rodríguez, alla vigilia di Capodanno del 1985, deve essere sembrata tutt’altro che un luogo silenzioso. Un lungo travaglio aveva tenuto sulle spine tutta la famiglia. La signora Betsy aveva già avuto il suo bel daffare a portare in grembo il piccolo Luis Miguel, che papà Pedro Rubén, detto Pocholo, non vedeva l’ora di conoscere. Un bel mattino, il primo gennaio, il marmocchio finalmente spunta fuori. Piuttosto irrequieto nel pancione come alla luce del sole, a dispetto delle dimensioni non proprio gargantuesche, tant’è che sin dalla più tenera età il suo soprannome è “pulce”. Ma non “La Pulga”, come il più illustre collega Leo, bensì “El Pulga”.

Il rapporto con la madre non potrebbe essere più simbiotico. Terzo di nove fratelli, nella più totale inconsapevolezza, a un anno Luis Miguel – per la mamma Betsy solo Miguel – scavalca la culla durante una fredda e piovosa giornata d’inverno. La madre, in preda a una grave forma di depressione post-partum, era diretta contro i cavi dell’alta tensione all’esterno dell’abitazione. Pronta ad afferrarli, quando si trova alle spalle il suo bebè. “Ma-ma!”, esclama Miguel. E Betsy ci ripensa. “Deve essere stato quello il mio gol più importante, salvare mamma”. Avrebbe commentato, ormai 36enne, in un’intervista per Clarín. “Mia madre è una ‘barrabrava’ a Simoca, una ultras, completamente pazza per il calcio e per la squadra locale. Veniva a vedere le mie partite, e se sgarravo urlava come una matta – hijo de puta! – ma come mamma, sono tuo figlio! Dovevo calmarla…”

Treni e mattoni

A 16 anni Pulga dice basta col calcio. Ne ha avuto abbastanza. Tre anni prima quel viaggio in Italia e la lontananza da Simoca l’avevano logorato. Era stato il padre, al prezzo di una giornata senza cibo per la famiglia, a comprargli le prime scarpette da calcio. E così Pulga aveva deciso di continuare il suo sogno in grande, attraversando l’Oceano.

Troppo piccolo, ma anche troppo talentuoso per buttare via tutto. L’aveva preso l’Arezzo, a suo tempo in serie B, società attenta ai giovani a 360 gradi. Da lì, il salto all’Inter. Se Arezzo, nella sua compattezza medievale, gli stava bene, Milano era davvero gigantesca per un bambino di un paesino tucumano. Ma Pulga è forte davvero, al punto che lo seguono gli osservatori del Real Madrid. Un giorno d’autunno del 2002, il procuratore però fa saltare l’accordo sia con l’Inter che con la Casablanca. I due fanno i bagagli e si ritrovano a Craiova, in Romania. Alla stazione ferroviaria, Luis Miguel corre un attimo al bagno. Ritorna verso i binari, in attesa del treno. Si gira, a destra e sinistra, è rimasto solo.

Ore di pullman, treni e poi aerei, scali. Si torna a Simoca. Come nel racconto “Dagli appennini alle Ande” del libro Cuore di De Amicis, San Miguel de Tucumán è ancora punto d’approdo, casa. Pulga aiuta la famiglia impegnandosi nei mestieri più disparati, appresi dando una mano a papà a tenere compatto il tetto di casa. Muratore, fabbro, imbianchino, fa di tutto. Ma quando la sera è il momento di rientrare in casa, il fratello più piccolo nota in lui la solita vena di tristezza. “Sos crack, hermano”, sei fortissimo, fratello mio. Devi crederci.

Pulga indossa di nuovo gli scarpini, sempre più stretti, e durante una partita del campionato dilettantistico locale, viene notato da uno dei due maggiori club della città: l’Atlético, rivale storico del San Martín de Tucumán, (le due squadre che danno vita al clásico tucumano). In undici stagioni, intervallate dai prestiti ad Aldosivi e Newell’s, in maglia Atlético segna 109 gol fra terza, seconda e prima serie argentina, diventando un idolo locale. Piccolo di statura, si era capito, ma forte di tronco e di gambe, col suo metro e sessantasette e un destro che è una sentenza, Pulga diventa un calciatore amato da tutti, tanto che per strada viene fermato per un autografo persino dai tifosi del club rivale. Il salto in una società più grande finalmente arriva, è il momento di lasciare casa, Simoca e mamma Betsy.

Rigori

La settimana della sfida all’Atlético Mineiro, valida per le semifinali di Copa Sudamericana del 2019, Pulga riceve una chiamata urgente, che lo costringe a volare da Santa Fe a Tucumán. Dall’altra parte del telefono lo stesso fratello che l’aveva pregato di tornare a giocare a calcio. “Papà sta male”. Del resto, mesi prima, quando si erano salutati durante la pausa del campionato argentino, prima di riprendere gli allenamenti con il Colón, Pocholo gliel’aveva anticipato, “questa è l’ultima volta che mi vedrai vivo”. Appena sceso dall’aereo un’altra telefonata: papà non c’era più.

L’atto conclusivo della Copa è amaro. Sul 2-0 per l’Independiente, Pulga ha sui piedi il calcio di rigore per riaprire la gara ma stavolta lo fallisce. La partita termina 3-1 per l’Independiente e il Colón deve rimandare l’appuntamento col primo trofeo dei suoi 116 anni di storia. Arriverà due anni dopo, seppur non in campo internazionale. Decisivo il 3-0 al Racing nella finale della Copa de la Liga Profesional, competizione alla sua seconda edizione dopo il fallimento della Superliga e la sospensione per la pandemia, la cui edizione precedente si chiamava Copa Diego Armando Maradona, in onore del Diez appena scomparso.

Altri gol del Pulga Rodríguez

Maradona è un altro tema ricorrente nella vita del Pulga Rodríguez. Fu proprio l’allora Direttore Tecnico dell’Argentina, a fine 2009, a regalare all’attaccante tucumano la sua unica presenza in nazionale. Pulga entrò al 57′ dell’amichevole Argentina-Ghana 2-0, la partita che convinse definitivamente El Diez a riportare Martín Palermo nella Selección, e da allora è rimasto molto legato a Diego.

Pulga col figlio Bautista, 6 anni, che lo vide piangere per Maradona davanti la TV. Foto tratta dall’intervista al Clarin

Maradona vuole riportare Rodríguez sotto la sua ala protettiva nel 2020, quando dirige El Lobo, il Gimnasia La Plata. Pulga non dice di no, ma prima di decidere deve terminare il suo contratto con El Sabalero. Quando Diego viene a mancare, Pulga per la prima volta nella sua vita piange davanti allo schermo della TV, mentre i suoi due figli si chiedono cosa stia succedendo. “Vi spiegherò chi era quest’uomo”. E via aneddoti, video, storie. “Ma tu sei più forte di Maradona vero papà?”. Non esattamente, ma una volta conclusa la sua trionfale parabola al Colón, Pulga si ricorda di quella mezza promessa e di quella connessione calcistica con Diego, e sceglie di unirsi al Lobo.

Dicembre, domenica, giorno 5, 2021. Sono 6 anni che Il Gimnasia non fa gol al Pincha nel Clásico platense. All’Estadio Juan Carmelo Zerillo l’Estudiantes è in vantaggio, quando El Pulga si presenta dal dischetto per il gol del pareggio. Prende la sua consueta rincorsa centrale, con saltello e passettini rapidi, e apre il piattone. Il tiro viene fuori debole, telefonato per Mariano Andujar che blocca alla sua sinistra. Ma Pulga non si perde d’animo. Un rimpallo a centro area lo favorisce ed arriva il pareggio. Pochi minuti dopo ruba palla e con il tiro dei “tres dedos”, ovvero di mezza punta esterna, realizza il golazo del vantaggio. Nella seconda frazione altro rigore: stavolta la battuta è forte e centrale. Tripletta. Pulga si porta a casa il pallone, ma il gol del 4-2 non distrugge le velleità del Pincha, che troverà un insperato pareggio, chiudendo la partita su un rocambolesco 4 pari.

Il Gimnasia vede sfumare punti decisivi per la lotta alle posizioni che valgono la Copa Sudamericana. Ma Pulga Rodríguez ha dimostrato per l’ennesima volta, alla soglia dei 37 anni (li compirà il primo gennaio 2022), di che pasta è fatto. Perché Pulga non è un fuoriclasse, ma è il campione della gente. E per quel ragazzo che si era perso, senza un soldo e senza più speranze, alla fermata dei treni di una stazione rumena, a migliaia di chilometri da casa, ogni gol ha ragione di essere festeggiato. Braccia e occhi al cielo, con un pensiero a papà.

 

Immagine di copertina: profilo twitter del Gimnasia La Plata.