“L’effetto” arbitro Serra e il doppiopesismo dei media italiani

“L’effetto” arbitro Serra e il doppiopesismo dei media italiani

Gennaio 18, 2022 0 Di Valerio Vitale

L’arbitro Serra, di anni 39, di Torino, è probabilmente l’uomo più famoso in Italia delle ultime 24 ore. Mal gliene incoglie. Non si parla d’altro che dell’effetto-Serra. Un gioco di parole da bambini delle elementari che per scherzo storpiano il cognome del compagno di classe. Al contempo un gioco di parole che lascia anche spunto a qualche considerazione, correndo il rischio di cadere nel populismo.

Fino a ieri la parola serra era riconosciuta solo come: “locale adibito alla coltivazione e alla conservazione di specie vegetali bisognose di particolari condizioni ambientali”. Poi, i più attenti alle lezioni di scienze della maestra delle elementari, si ricorderanno del famigerato effetto serra. Effetto a cui l’uomo ha contribuito in modo copioso con la sua attività inquinante incontrollata sul globo. Ma poco importa. Conta di più invece Serra, con la lettera maiuscola, l’arbitro. Sulle dita e tastiere taglienti di tanti, sulle labbra avvelenate di molti, manco avesse ucciso qualcuno il giovane arbitro che nella vita fa l’impiegato.

San Siro, Monday night tra Milan e Spezia. I rossoneri passano prima avanti, poi si fanno raggiungere. Siamo ormai oltre il 90°. Bastoni va a contrasto con Rebic, poi la palla giunge sui piedi di Messias che la deposita in rete. Due a uno. Anzi no. Serra, suo malgrado, diventa protagonista. Perché nei due secondi che impiega il pallone a viaggiare da Rebic a Messias l’arbitro fischia fallo, non applicando di fatto la norma del vantaggio. Non è la prima volta. Era accaduto anche in Juve-Roma di quest’anno.

Un’altra storia, che però ci aiuta a trovare del buono in quella che invece è accaduta ieri. In quei momenti concitati di ieri, tra le veemente proteste dei rossoneri, Serra ci ricorda che l’arbitro è un umano. Un semplice uomo, fatto di carne ed ossa, e dunque per intrinseca caratteristica capace di sbagliare. Certo ci sono errori ed errori. Alcuni “passabili”, altri un po’ meno. Per l’opinione pubblica quello di ieri fa parte del secondo gruppo.

Rabbia incontrollata, generata da una decisione diventata poi ancora più pesante perché lo Spezia trova il gol della vittoria al minuto 97. Un incubo vero e proprio per l’arbitro che quando aveva iniziato a fischiare in terza categoria sognava un giorno di essere lì, a dirigere un match in uno stadio affascinante come San Siro. Siamo certi che ieri, quando Messias aveva superato Provedel, avrebbe fatto ben volentieri a cambio. Forse avrà pensato che sarebbe stato meglio restare sui campi impolverati delle “minors”, dove sì le proteste sono anche veementi, ma in ballo c’è molto meno che uno scudetto.

Si scusa coi giocatori, col pubblico, poi il rientro negli spogliatoi. Le urla contro, che fanno male come pugni in faccia scagliati da McGregor e Tyson. Dopo, le lacrime. Emblema dell’essere umano, la capacità di esprimere sentimenti. L’arbitro non è dunque un robot, non è l’ultimo modello di Android, ma un uomo che spesso e volentieri sbaglia, senza volontà di farlo. Ibrahimovic che è un duro ma alla fine resta un uomo vero lo sa e lo va a rincuorare. A gettare acqua sul fuoco ci pensa poi Calabria che con grande maturità ricorda a tutti che, anzitutto, il Milan avrebbe potuto e dovuto vincere molto prima contro lo Spezia. In secondo luogo sbagliano tutti. Calciatori, allenatori, dirigenti, si sbaglia uno stop, un passaggio, un tiro a porta vuota, può farlo anche l’arbitro.

Può capitare anche per istinto di fischiare in un attimo senza aspettare il prosieguo dell’azione. Del resto sui campi italiani e non solo accade spesso che quasi per riflesso incondizionato ad un fallo evidente si fischi prontamente senza attendere lo svolgersi dell’azione. Errato, certo, ma possibile. La sorte ha solo voluto che ieri Messias segnasse, se non fosse accaduto a nessuno avrebbe pesato quel fischio arrivato con un tempismo eccessivo vista la situazione di gioco. L’AIA, come riportato dalla Gazzetta, avrebbe chiesto scusa, roba mai vista prima.

Scuse poi, con un po’ di ritardo, smentite. Forse della classe arbitrale la cosa che più infastidisce è quell’arroganza di cui si parlava sopra, l’incapacità di ammettere l’errore, che è possibile. Ben vengano le scuse dei diretti interessati, ma che ci siano sempre, anche se si sbaglia a favore del Milan e contro lo Spezia. Anche se sbaglia Orsato e non un arbitro alle prime esperienze.

I provvedimenti, che vengano presi come ora, anche quando saranno altri a sbagliare. Altresì Serra sarà soltanto un martire col fischietto. Martire si, capace però di lasciarci in dono una grande eredità. Gli arbitri possono sbagliare e scusarsi per averlo fatto. Ricordando a tutti che a volte è meglio abbassare i toni della polemica. A tal proposito, perché non permettere ai fischietti di spiegarsi a fine gara? Forse potrebbe essere utile per immedesimarsi nelle loro vesti, per capire cosa c’è dietro ogni decisione. Un modo trasparente di comunicare, che non possa provocare equivoci, inciuci o cospirazioni nel tifoso medio che ormai fa i complotti anche su cosa ci sia dentro il dado Knor.

Del resto all’arbitro Serra è andata anche bene alla fine. Si è preso una vagonata di insulti, magari non arbitrerà più in Serie A per un bel pezzo, o peggio, ma poi finirà lì. Al massimo resterà un meme sui social. In altri casi invece, quando si arbitra per il rimborsino di 25 euro, quando dei ragazzini vengono mandati nei campi di periferia in balia del pubblico inferocito, è andata peggio. La partita, per quegli arbitri, non è terminata con il conforto di Ibra tra le lacrime. Ma al Pronto Soccorso. Perché in Italia ci importa poco dell’effetto serra, ma si è pronti ad aggredire, finanche violentemente, per l’effetto Serra.