Giuseppe Pirandello, terzino dimenticato di un Napoli lontano un secolo
Febbraio 7, 2022Novantaquattro anni sono un’enormità persino per il Secolo Breve. Ne converrà, Eric Hobsbawm, se le poche informazioni a nostra diposizione giustificheranno la volontà di preservare la memoria. Un atto a suo modo eroico e strumentalizzabile. Ma in questo breve racconto, di eroico, non c’è nulla. Omonimia? Solo parzialmente del resto, con il “fu” Luigi Pirandello. Agrigentino lo scrittore, poeta e drammaturgo fra i più celebri del nostro giovane Paese. Palermitano, l’altro. Giuseppe Pirandello all’anagrafe.
Non affannatevi a rintracciarne un profilo affidabile su archivi e siti online. Tantomeno wikipedia de noialtri. Persino l’anagrafica del comune di Palermo è errata. Quantomeno, vi si possono rintracciare alcune informazioni sugli eventi successivi alla sua dipartita. Per ricordare Giuseppe occorreva lo sforzo di uno storico come Chrystian Calvelli. Autore, fra gli altri, di annuari calcistici sul pionierismo campano. Leggendo quello dell’AC Napoli, stagione 1927-28, mi sono imbattuto in questo terzino di buona presenza fisica. Versione prototipica, nel sentito arcaico del termine, dei vecchi terzinacci della futura Serie A, che avrebbero dato lustro all’albo d’oro mondiale dell’Italia di Pozzo.
L’AC Napoli e il contesto sportivo
Siamo nella seconda stagione di Divisione Nazionale per l’AC Napoli, con la nuova denominazione e il cambio di ragione sociale, che divenne effettiva dal 25 agosto 1926. Esatto, che (non) si sparga la voce. Questo Napoli è strettissimo parente, anzi è, il Naples fondato il 4 gennaio 1906. Frutto dell’inglobamento dell’Internazionale nel Naples del primo agosto 1922 (Internaples). Internazionale, nata il 21 ottobre 1911, che nel 1921 aveva inglobato a sua volta la Pro Napoli (nata nel 1914, a pochi afflati dai colpi di fucile della Grande Guerra). Ecco, questa è la tesi, ufficiale, sulle vere origini del calcio Napoli. Ora qualche tifoso potrà correre a cambiare le date dei tatuaggi, se vorrà.
Il sodalizio napoletano aveva collezionato un solo umile punto nella stagione precedente. Si avvertiva l’urgenza, pertanto, di una profonda riorganizzazione tecnica e societaria. Jean Steiger venne assunto come nuovo tecnico. Ma l’ex calciatore di Internazionale Napoli e Internaples sarebbe durato lo spazio di pochi adombrati mattini. Nonostante l’esordio roboante contro la Reggiana, demolita per 4-0, gioco e classifica non sorridevano agli Azzurri.
Ne fece le spese lo stesso Steiger, sostituito il 23 ottobre 1927. Ebbe luogo un ulteriore riammodernamento societario, subito dopo la gara persa al campo dell’Arenaccia contro il Brescia per 0-4. La squadra era ferma a quota due punti, frutto della già citata vittoria alla prima giornata, nel campionato girone A della Divisione Nazionale. L’Ente Provinciale Fascista della Federazione di Napoli comunicava di aver accettato le dimissioni da presidente dell’AC Napoli dell’onorevole Sansanelli, riorganizzando il club azzurro con un nuovo consiglio direttivo.
Commissario straordinario divenne Gustavo Zinzaro. Della commissione tecnica facevano parte, oltre al sig. Terrile, due illustri personaggi dello sport napoletano che, con alterne vicissitudini, avrebbero dato il nome a un paio di impianti cittadini la cui storia è foriera di grandi successi ed inesorabili declini: Felice Scandone e Mario Argento. Per i meno avvezzi all’urbanistica napoletana, nel quartiere di Fuorigrotta la Scandone è la piscina che ha reso famoso il grande Posillipo della pallanuoto. Il Mario Argento, oggi un triste relitto, ha ospitato persino gare di coppe europee del basket napoletano.
Giuseppe Pirandello, pilastro della difesa
Della disastrosa stagione precedente, uno di quelli che conservò il posto sin dalla prima giornata fu il terzino Giuseppe Pirandello. Nato a Palermo il 10 gennaio 1901, aveva esordito appena diciottenne nel club della sua città, militandovi fino alla stagione 1925-26, eccezion fatta per una parentesi al Roman nel 1922-23. Pirandello, pagato ben 800 lire dell’epoca per acquistarlo dai palermitani, fu un pilastro del nuovo Napoli targato Steiger. E lo rimase col nuovo allenatore, l’ungherese Ferenc Molnar, subentrato come detto il 23 ottobre 1927.
Non uno con cui scendere a patti, l’uomo originario di Érd, nell’odierna provincia di Pest, che aveva vinto ben 6 titoli di campione d’Ungheria con l’MTK Budapest, prima di trasferirsi in Italia da giocatore, giocatore allenatore e infine, appesi gli scarponi al proverbiale chiodo, semplicemente con le mansioni di allenatore. Restò a Napoli fino a fine stagione, conclusa al terz’ultimo posto, per quanto si sarebbe andati incontro all’ennesimo ripescaggio per allargamento dei quadri nazionali, come accaduto per Reggiana e Lazio.
A proposito del sodalizio capitolino, il 29 gennaio 1928 un Napoli in ottima forma si era recato in trasferta al Rondinella. Gli azzurri, dopo aver incassato tanto sconfitte di misura, quanto inenarrabili debacle come l’11-1 patito contro l’Alessandria al Campo degli Orti, si presentavano forti di 3 punti nelle precedenti 3 gare, frutto di una bella vittoria contro la Cremonese per 3-1 all’Ilva di Bagnoli, di una sconfitta contro la bestia nera Brescia e di un pari interno (2-2) contro il Padova. Contro la Lazio il Napoli ottenne la sua prima vittoria in trasferta nella Divisione Nazionale. Due a zero per gli azzurri, reti di Ernesto Ghisi (Ghisi I) al 34′ e Gondrano Innocenti (Innocenti II) al 51′.
Una fine persa fra le cronache del tempo
La difesa partenopea aveva pertanto offerto un’ottima prova, con il Napoli finalmente in grado di scavalcare la Lazio in classifica e di lasciare le ultime due piazze. Una posizione che sarebbe stata confermata sino in fondo. Si era alla 17° giornata, col Napoli che aveva collezionato in tutto 10 punti. Conclusa la gara, di ritorno a Napoli il 30 gennaio, Giuseppe Pirandello, già 13 presenze in campionato, si recò dal proprio dottore per quella che viene descritta dalle cronache come una “iniezione endovenosa”. Non è dato sapere il perché e il per come, ma in seguito a tale iniezione, il Pirandello accusò un malore. Morì quello stesso giorno, all’età di 27 anni appena compiuti.
Lo rese noto il club: “l’Associazione Calcio Napoli partecipa costernata la fine del suo giocatore Giuseppe Pirandello, avvenuta oggi repentinamente. Napoli, 30 gennaio 1928“.
Il 5 febbraio, un Napoli vestito col lutto al braccio e col “gagliardetto abbrunato”, ricordava alla fine del primo tempo della partita casalinga contro la Pro Vercelli, il suo giocatore scomparso. Le cronache parlano di una mesta cerimonia di raccoglimento, in una gara condizionata dal forte vento, ma dominata dal Napoli contro i plurititolati vercellesi del futuro portiere napoletano (e campione del Mondo nel 1934 come riserva di Combi) Giuseppe Cavanna. Un gol per tempo, ancora di Ghisi I al 31′ e, a inizio di seconda frazione, ad opera di Zoccola, che deviava in mischia un tiro cross di Gariglio I.
La conclusione del campionato e la percezione della morte in quel tempo
Le restanti gare il Napoli le giocò contro l’Alessandria (1-1, certo meglio della gara d’andata), contro il Genoa, ottenendo un prestigioso 2-1, e contro il Torino, in una gara che vide l’infortunio di Ghisi I al 2′ minuto. Non esistevano le sostituzioni e il Toro si scatenò segnando 11 reti, con triplette di Baloncieri e Libonatti. Proprio Balon fu capocannoniere del girone con 28 reti. Il Torino conquistò lo Scudetto vincendo il girone finale di due lunghezze sul Genoa. Libonatti divenne capocannoniere complessivo grazie a ben 35 marcature. Una parziale rivincita, visto il titolo revocato nella stagione precedente per il caso Allemandi.
In onore di Giuseppe Pirandello, venne istituita dal quotidiano l’Ora la Coppa Pirandello, disputata allo stadio Ranchibile di Palermo fra i suoi club del cuore e vinta dai partenopei. Un’ulteriore iniziativa del Roma raccolse 8000 lire dell’epoca per aiutare l’anziano padre di Giuseppe.
In una stagione in cui la leggenda Attila Sallustro segnò 5 gol in sole 10 partite. In cui ebbe luogo la posa della prima pietra per il futuro stadio “Littorio” al Vomero. E durante la quale venne composto, da Athos Amelio e Arturo Collana, l’inno del Napoli (suonato per la prima volta in Napoli-Genoa 2-1 del 26 febbraio); la scomparsa di Pirandello fu un evento terribile, improvviso. E fatalmente dimenticato. Quell’episodio ci ricorda quanto differente fosse la percezione della morte al tempo. Anche di una giovane morte. In un’Italia che con la caduta dei propri virgulti aveva già fatto i conti con la recente guerra e con l’inesorabile incedere della spagnola. E nella quale l’avvento totalizzante del fascismo aveva completamente trasformato le priorità dei cittadini, lo spazio per il lutto quasi non c’era, ma veniva relegato strettamente al privato.
Si ringrazia per la foto copertina di Giuseppe Pirandello e le informazioni qui contenute: Chrystian Calvelli, Annuario Illustrato del Napoli 1927-28, che è possibile acquistare contattando direttamente l’autore.
buongiorno Luca Sisto sa per caso se Giuseppe Pirandello era imparentato con il poeta Luigi Pirandello?
Ma come risultato esatto di quel trofeo come fini’ Napoli-Palermo?