Il Barcellona di Bobby Robson e l’eredità calcistica della stagione ’96-’97
Febbraio 28, 2022 0 Di Philip SupertrampPhilip Supertramp (pagina Facebook Serie A vs La Liga) ci racconta del Barcellona di Bobby Robson e dell’eredità calcistica della stagione 1996-97, in cui Robson seminò calcio e crebbe una dozzina di futuri allenatori, fra i quali Mourinho, Guardiola, Luis Enrique.
“È come se fossimo sulle spalle dei giganti, poiché possiamo vedere più cose e più lontano”, diceva Bernardo de Chartres.
Come Firenze fu la culla del Rinascimento, c’è stato un momento in cui Barcellona probabilmente è stata la culla del calcio moderno.
Ci fu un periodo calcistico, dagli inizi degli anni ’90 fino al 2000 a Barcellona, in cui, prima con Cruijff e poi con Van Gaal, nacquero gli allenatori del XXI secolo. Tutti si ricordano di Guardiola come allievo di Johan o di Mourinho di Luis. Ma pochi conservano la memoria del fatto che, tra queste due epoche, c’è stato un anno di transizione in cui si sono gettati i semi per molti altri futuri allenatori, oltre a questi due “nemici”. Calcisticamente parlando, si intende.
La stagione è quella del 96/97 in cui l’allenatore dei Blaugrana era Bobby Robson. Quell’anno la squadra allenata dall’inglese riuscì a vincere la Coppa delle Coppe contro il Paris Saint Germain. La Coppa del Re contro il Betis e la Supercoppa Spagnola contro l’Atletico Madrid. Mentre i catalani arrivarono secondi in Liga dietro al Real Madrid di Capello, a soli due punti di distanza.
Quell’anno iniziava l’internazionalizzazione delle varie squadre europee, perché grazie alla sentenza Bosman i calciatori comunitari erano liberi di muoversi e di giocare senza limiti numerici alla lista di quelli che, un tempo, venivano definiti “stranieri”. Il Barça non fu da meno in questa corsa al mercato. Difatti quell’estate 1996 arrivò come portiere Vitor Baia, perché da quando se ne era andato Zubizarreta al Valencia, né Lopetegui né Carlos Busquets (padre di Sergio) avevano offerto abbastanza sicurezza in porta. Couto e Blanc giunsero per dare più solidità alla difesa. Sulle fasce Luis Enrique (dal Real Madrid) e Stoichkov (di ritorno dopo la parentesi al Parma) e in attacco Giovanni, Pizzi (pichichi l’anno prima con il Tenerife), e il Fenomeno Ronaldo (dal PSV). Oltre ai nuovi acquisti c’erano in difesa Abelardo e Nadal (zio di Rafa). A centrocampo Popescu, Guardiola, De La Peña e Figo.
Con l’addio di Cruijff molti giocatori rimasero stupiti dal nuovo allenatore: “Bobby era spontaneo ed empatico, per quelli che erano stati allenati da Johan fu un cambio enorme. Venivamo da un’educazione ferrea e lui ci insegnò un’altra maniera di fare” – racconta Celades – mentre Sergi Barjuan gli fa eco: “le sue qualità erano eccezionali, sapeva bene cosa voleva e riusciva a trasmetterle anche non conoscendo bene lo spagnolo”.
Chi era Bobby Robson
Robson nacque nel 1933 a Sacriston (contea di Durham, Inghilterra). Giocò per quasi vent’anni come mezzala destra in due club inglesi (Fulham e West Bromwich). Ma il successo lo raggiunse come allenatore, sia della nazionale inglese che di vari club. Dopo essere arrivato in semifinale con l’Inghilterra ai mondiali del ’90, si trasferì al PSV, che lo aveva contrattato per cercare di dare un po’ di disciplina all’interno dello spogliatoio. Il “bel” problema era Romario e la sua vita notturna. Con il brasiliano ebbe vari faccia a faccia privati, ma furono tutti inefficienti. Fu comunque un “bel” problema perché l’attaccante riuscì a segnare, nella prima stagione 25 gol su 25 partite e la seconda 9 su 14. In quelle due stagioni Bobby vinse due Eredivise, ma a causa del fatto che non otteneva risultati a livello europeo fu esonerato.
Nel luglio del ’92 ricevette la chiamata dello Sporting Lisbona, dove rimase solamente sei mesi. Tempo necessario per conoscere José Mourinho, che successivamente lo seguì per cinque anni. A dicembre andò incontro all’esonero, ma rimase in Portogallo: c’era il Porto – eterno rivale della sua ex squadra – che lo stava aspettando. Con lui arrivò il futuro Special One e in due stagioni riuscirono a vincere altrettanti campionati. A fine biennio si trasferì in Catalogna per il difficile incarico di sostituire Cruijff.
Robson morì nella città dove nacque nel 2009 per un tumore al polmone, ma durante gli anni precedenti divenne prima nel 2002 Sir Bobby Robson, grazie all’onorificenza ricevuta dalla Regina Elisabetta quale Knight Bachelor (l’altro inglese a essere onorato con questo titolo è Sir Alex Ferguson), e poi nel 2003 fu inserito nella Hall of Fame del calcio inglese.
L’eredità calcistica del Barça di Bobby Robson
Ritorniamo alla stagione 96/97. Nella rosa del Barça, 13 dei 23 giocatori sarebbero poi diventati allenatori. Non solo i più famosi Guardiola, Luis Enrique, Lopetegui o Blanc. Ma anche Pizzi, che vinse la Coppa America 2016 (anno del centenario) con il Cile; Abelardo, Sergi Barjuan, Ferrer, Roger Garcia, Oscar, Bakero, Celades e Prosinecki.
Si poteva già intravedere che alcuni di questi tredici avrebbero intrapreso la carriera di Bobby. Sergi Barjuan racconta: “Pizzi comandava molto, Laurent aveva sempre qualcosa da dire sul gioco, mentre Pep guardava continuamente video degli avversari”. Anche Abelardo racconta di quest’ultimo: “Pepito già guardava video e io lo prendevo in giro, perché era già malato di calcio”.
Oltre ai vari futuri Mister, c’era – citato prima – un giovane portoghese già alla terza esperienza con l’Inglese: Mourinho. Per alcuni estranei al club era solamente un traduttore. Ma per chi conosceva bene le dinamiche rappresentava un vero e proprio allenatore in seconda, se non qualcosa di più. Come racconta Stoichkov: “qualcuno si inventò che era un traduttore, però non era vero. Lui lavorava sul campo e sapeva tutto, era un nostro allenatore”. E Blanc rinforza il concetto: “Robson capiva poco la lingua e Mourinho ne parlava 4 o 5; qualcuno chiese di cambiare il tipo di sedute, allora Bobby delegò a José, perché sapeva che il portoghese era capace di parlare alla squadra”.
Di tutti, tre hanno raggiunto il triplete: Guardiola e Luis Enrique con il Barcellona nel 2009 e 2015, e Mourinho nel 2010 con l’Inter.
Il massimo splendore si raggiunse nella stagione 14/15, quando ai quarti di Champions League la metà delle squadre erano allenate da allievi di Bobby: Blanc (PSG), Luis Enrique (Barça), Lopetegui (Porto) e Guardiola (Manchester City), mentre lo Special One era uscito agli ottavi.
L’inatteso esonero a fine stagione
Perché l’ex CT dell’Inghilterra fu mandato via? La presidenza non era soddisfatta di come giocava la squadra. Ci fu anche un periodo a metà stagione in cui i Blaugrana inciamparono con le ultime classificate (Hercules, Oviedo ed Espanyol), finirono a -8 dal Real Madrid e questo creò uno strappo con la dirigenza, che neppure la vittoria dei titoli a fine stagione riuscì a ricucire.
Tutto questo non servì per scalfire minimamente l’ego di Bobby, che dopo un 8-0 al Logroñés in un’intervista rispose: “Volete più spettacolo? È da mezzo secolo che sono nel calcio ed è il secondo 8-0 che io abbia visto”.
Voglio concludere proponendo ai lettori una riflessione. Se Barcellona fosse stata la culla del calcio moderno, così come Firenze fu la culla del Rinascimento, allora potremmo affermare che, se è vero che Cruijff è Giotto (Prerinascimento), Guardiola, Luis Enrique, Blanc, Lopetegui e Mourinho sono Leonardo Da Vinci, Botticelli, Ghirlandaio, Perugino e Michelangelo (Rinascimento), allora Bobby Robson sarebbe il Verrocchio. Perché, per chi non lo sapesse, tutti questi artisti, che si ispiravano a Giotto, crebbero nella bottega del Verrocchio.
Forse senza il Bottegaio/Bobby, anche se meno importanti del prima e del dopo, tutto quanto avvenuto successivamente non sarebbe mai esistito. Non come l’abbiamo conosciuto.
Testo di Philip Supertramp (pagina Facebook Serie A vs La Liga).
Immagine di copertina tratta da themirror.uk