Il giorno in cui Roman Abramovich comprò il Chelsea

Il giorno in cui Roman Abramovich comprò il Chelsea

Marzo 2, 2022 0 Di Luca Sisto

Il racconto dei giorni in cui Roman Abramovich comprò il Chelsea. Un club con debiti per 75 mln di sterline, divenne d’un tratto il più ricco della Premier grazie all’oligarca russo.

L’estate londinese del 2003 presentava il solito piatto ricco all’All England Club. Il campione in carica di Wimbledon, l’australiano Lleyton Hewitt, si apprestava, il 23 giugno, ad un esordio sulla carta agevole contro il numero 203 del mondo, il croato Ivo Karlovic. Proveniente dalle qualificazioni, Karlovic aveva ottenuto solo 4 vittorie nel tour ed era alla prima partita nel tabellone principale di uno Slam.

Hewitt vinse agevolmente il primo set per 6-1. Nel secondo, però, quello che sembrava solo uno gigantesco sparring partner di 2.08, cominciò ad ingranare un servizio dopo l’altro. A colpi di ace, vincenti e approcci di rovescio a tagliare l’erba, Karlovic riuscì a salvare un set point e a portarsi in parità nel computo delle partite. Pian piano, Hewitt, che aveva sconfitto il poco simpatico argentino Nalbandian nella finale del 2002, cominciò a pensare di non essere affatto imbattibile.

Era dal 1967, con la sconfitta di Manolo Santana al primo turno contro Charlie Pasarell, che il campione uscente di Wimbledon non veniva sconfitto al primo turno. Quello di Hewitt, sarebbe stato il secondo caso nella storia dell’All England Club. Karlovic la spuntò per 3 set a 1, provocando, sotto un caldo inusuale, il primo shock dell’estate londinese. Il secondo sarebbe arrivato meno di dieci giorni più tardi.

Roman Abramovich entra nel calcio

La notte fra l’1 e il 2 luglio, il cielo di Londra era tornato a coprirsi. Furono due giorni di pioggia battente e intermittente. Tanto che, mentre l’idolo di casa, Tim Henmann, meraviglioso perdente, impiegava due giorni per venire sconfitto dal francese Grosjean, negli uffici della City si consumava l’epilogo di una delle trattative che avrebbero cambiato le sorti della Premier e della Champions League negli anni a venire.

Roman Abramovich aveva già tentato, nelle settimane e nei mesi precedenti, la scalata ad altri top club. Nello specifico, il Manchester United era in cima alla sua lista. Mentre era a Londra, il magnate russo ebbe però una soffiata. Il Chelsea era in difficoltà. Ken Bates aveva contratto un debito di 75 mln di sterline per migliorare stadio e infrastrutture. e il club rischiava la bancarotta, non essendo in grado di ripagarlo.

La trattativa fra gli uomini di Abramovich, che voleva a tutti i costi entrare nel calcio dalla porta principale, e il board del Chelsea, si chiuse in un batter d’occhio. I russi facevano sul serio, e a Ken Bates non parve vero che l’offerta di Abramovich per la maggioranza del pacchetto azionario, fosse di quasi 5 sterline per azione più alta della richiesta iniziale.

A far gola era la costante presenza dei Blues nelle coppe europee. Per quanto, i vertici della Premier erano al tempo stabilmente occupati da Manchester United e Arsenal. Era stata però una grande vittoria del Chelsea sul Liverpool per 2-1, nell’ultima giornata della Premier 2002-03, a consegnare ai londinesi il quarto posto utile per accedere ai preliminari di Champions League.

Il primo Chelsea di Abramovich: una squadra di volti nuovi

Abramovich non badò a spese. Per il doppio incontro d’agosto con gli slovacchi dello Zilina, sorteggio piuttosto agevole, il Chelsea si presentò con una rosa forte di ben 13 nuovi acquisti, agli ordini del Mister Claudio Ranieri. In attesa di Mutu e Crespo, i quali certo ebbero alterne e ben diverse fortune in maglia Blues, il primo gol dell’era Abramovich lo mise a segno l’islandese Eiður Guðjohnsen, mentre suo compagno d’attacco nella trasferta slovacca era il finlandese Mikael Forssell.

Zilina-Chelsea

Zilina-Chelsea, 13 agosto 2003, terzo turno preliminare Champions League. Il primo Chelsea di Roman Abramovich (foto Ben Radford/Getty Images)

Il Chelsea vinse 2-0, legittimando il passaggio del turno nel 3-0 a Stamford Bridge 13 giorni più tardi. Nella foto di rito della gara giocata a Zilina il 13 agosto, è assente un altro dei pilastri del primo Abramovich, Claude Makelele, appena prelevato dal Real Madrid, che senza il francese sarebbe andato incontro ad anni di oblio internazionale.

Oltre alla già citata coppia d’attacco scandinava, si riconoscono i nuovi acquisti Juan Sebastian Veron, Glen Johnson (accosciati rispettivamente a destra e sinistra della foto). Wayne Bridge che tiene il gagliardetto. Geremi, il camerunense, alla sua destra e l’irlandese Duff alla sua sinistra. In piedi, ai lati di Forssell e Guðjohnsen, il portiere italiano CudiciniMarcel Desailly. Agli estremi, due campionissimi del Chelsea di Abramovich: John Terry e Frank Lampard Jr.

Il Chelsea sarebbe arrivato fino in semifinale, perdendo contro il Monaco di Deschamps, che aveva eliminato il Real Madrid e che si sarebbe arreso solo nella finalissima contro il Porto di José Mourinho. Un allenatore, quest’ultimo, che avrebbe avuto qualcosa da dire nella straordinaria storia del Chelsea con il magnate russo della Sibneft come proprietario. Di quella edizione, i tifosi dei Blues ricorderanno soprattutto il gol con il quale Wayne Bridge espugnò Highbury ai quarti di finale, nel derby londinese contro l’Arsenal degli Invincibles

Curiosamente, in quella gara fu un altro italiano a difendere i pali del Chelsea, a causa delle precarie condizioni di Cudicini: Marco Ambrosio, una vita da secondo o da titolare in cadetteria, che aveva cominciato la stagione come terzo portiere. Di certo, un highlight che vale una carriera.

Un ciclo fra i più vincenti della storia del calcio europeo

Da proprietario, Roman Abramovich ha riportato il titolo in casa Chelsea nel 2005 (con José Mourinho), 50 anni dopo il primo. Ne sarebbero arrivati altri 4. Portando il computo totale del club a 6 (1955, 2005, 2006, 2010, 2015, 2017). Ma soprattutto, Abramovich avrebbe coronato il sogno di regalare ai tifosi Blues la Champions League per ben due volte. Nel 2012 (con Di Matteo allenatore e grazie all’eroico Drogba, contro il Bayern Monaco, ai rigori) e nell’ultima edizione, quella del 2021, nella finalissima contro il City di Guardiola, ingabbiato dalla maestria di Thomas Tuchel, che il patron russo incontrò per la prima volta (l’allenatore tedesco aveva sostituito Lampard solo in gennaio) proprio durante i festeggiamenti sul prato dello stadio do Dragão di Oporto.

Da non sottovalutare le due vittorie in Europa League (2013 e 2019). E quella, arrivata a inizio 2022, della FIFA Club World Cup. Oltre a cinque FA Cup, due League Cup e due Supercoppe d’Europa. Titoli che hanno reso i 19 anni di Abramovich alla guida del Chelsea, fra i più vincenti della storia del calcio europeo. Ci voleva una guerra, per fare in modo che il patron russo non fosse più gradito a Londra. Il tempo ci dirà quando i Blues verranno definitivamente ceduti. Come recita l’ultimo club statement, Abramovich ha deciso che gli incassi netti della cessione andranno a beneficio delle vittime della guerra in Ucraina. Un atto onorevole, per un uomo persino presente ai negoziati fra le parti in conflitto.

Una frase colpisce, inoltre: “vorrei tornare un’ultima volta a Stamford Bridge per salutarvi”, ha scritto sul sito ufficiale rivolgendosi ad addetti ai lavori e tifosi. Un uomo che ha sempre operato per il bene del club, ed è difficile sostenere il contrario.

A proposito di Londra. Quell’estate 2003, a Wimbledon, a trionfare per la prima volta fu un giovane svizzero, che avrebbe avuto qualcosa da dire nella storia del tennis. Immagino tutti conosciate il nome. Un altro tassello, nel puzzle di un’estate da ricordare.

Immagine di copertina: CFC Blues on twitter