La leggenda di Rigobert Song e la notte dei Leoni Indomabili

La leggenda di Rigobert Song e la notte dei Leoni Indomabili

Marzo 31, 2022 0 Di Luca Sisto

La rocambolesca vittoria del Camerun di Rigobert Song in Algeria, qualifica i Leoni Indomabili ai Mondiali di Qatar 2022. Dopo l’assenza di Russia 2018, il nuovo allenatore e l’altra leggenda, il presidente della FECAFOOT Samuel Eto’o, hanno guidato la nazionale dell’Africa Occidentale ad un’impresa insperata. E, in un certo senso, hanno reso ai tifosi camerunensi quanto perso nell’ottobre del 2005 per le qualificazioni a Germania 2006. La figura di Rigobert Song ha accompagnato il Camerun per 17 anni da calciatore, attraversando uno dei periodi d’oro del calcio africano, ma anche momenti tragici, misti a clamorose sconfitte.

Ozda, Camerun, 2 ottobre 2016.

Un cane abbaia come un forsennato. Qualcosa lo disturba a tal punto che uno dei vicini attraversa il cortile per capire cosa stia succedendo. La porta è aperta, la tana è quella di un leone. Sul pavimento giace esanime il signor Song.

I soccorsi sono tempestivi. L’uomo, in coma per due giorni, viene successivamente trasportato in Francia a spese del governo camerunense. Un gesto raro, ancorché politico. Ma Rigobert Song, che in quel momento è selezionatore della nazionale del Ciad, non è un ex calciatore qualunque. Lui c’era ogni volta che il Camerun si trovava in campo a scrivere la storia, nel bene e nel male. Nell’82 era un ragazzino di 6 anni, quando cominciò a forgiarsi la leggenda dei Leoni Indomabili ai Mondiali di Spagna. Ha visto quella generazione vincere due Coppe d’Africa e raggiungere i quarti di finale ai Mondiali di Italia ’90, mentre Roger Milla esultava ballando sulla bandierina del San Paolo come fosse Careca.

L’esordio in nazionale e i  quattro Mondiali da giocatore

E solo tre anni più tardi, neppure maggiorenne difensore del Tonnerre di Yaoundé, fa il suo esordio in amichevole col Messico, in vista dei Mondiali di USA ’94, ai quali parteciperà da titolare, in procinto di passare al Metz in Francia. Le stimmate di un mito assoluto, che raccoglie il testimone dal capitano Stephen Tataw, quello dello scambio di gagliardetti con Diego Armando Maradona, prima dell’apertura dei Mondiali di Italia ’90 a San Siro.

Fu durante quel Camerun-Svezia 2-2, il suo esordio ai Mondiali, che lo vidi giocare per la prima volta. Nell’intervallo scorrevano le immagini delle imprese dei Leoni Indomabili nelle edizioni precedenti. Avevo otto anni. Scoprii che il Camerun era diventato grande al San Paolo, e che i giocatori erano felici dell’accoglienza e del tifo riservato loro a Napoli. In quel momento scattò qualcosa. Diventai più di un tifoso. Il Camerun divenne la mia nazionale, e il San Paolo il tempio che l’aveva consacrata. Song affrontò i futuri campioni del Brasile, dopo la nazionale che dalla Seleçao fu sconfitta in semifinale. La sua espulsione contro i verdeoro condizionò la gara e non giocò contro la Russia, allorquando il carneade Salenko ne mise 5, in un 6-1 che mi fece piangere a dirotto, nonostante l’ennesimo gol da subentrato ai Mondiali di Roger Milla, totem di 42 anni suonati. Forse.

Nel 1998, quando l’Italia si trovò nel girone del Camerun, avevo il cuore a metà. Gli azzurri vinsero con un comodo 3-0. I Leoni non ebbero la meglio per centimetri su Austria e Cile, e la qualificazione al turno successivo sfumò. Dal 1990 in effetti, il Camerun non ha più passato i gironi. Arrivarono le vittorie in Coppa d’Africa del 2000 e del 2002, ai rigori rispettivamente contro Nigeria e Senegal. Quegli stessi maledetti rigori che in altre occasioni avrebbero voltato le spalle, e che quantomeno avrebbero premiato il Senegal contro l’Egitto sia nell’edizione camerunense della Coppa d’Africa 2021, sia negli spareggi Mondiali.

Quello vincente in due edizioni di fila della Coppa d’Africa era già il Camerun di Mboma ed Eto’o, il quale nel frattempo conquistava la medaglia d’oro a Sydney 2000.

Song fece in tempo ad avvicinarsi, a Napoli, nell’anno in cui gli azzurri erano in B. Lo chiamò la Salernitana. Giocò 4 partite in serie A, segnando contro la Roma nella sconfitta per 3-1. A gennaio passò al Liverpool, lo spazio di un mattino. In Premier avrebbe giocato anche col West Ham. Tornò in Ligue 1 con il Lens. Poi fu la volta della Bundesliga con il Colonia. E in Turchia vinse due titoli con il Galatasaray. Una carriera di tutto rispetto.

Nel 2002 ancora i Mondiali, in Corea e Giappone. Gli ultimi punti e l’ultima vittoria del Camerun. Non bastano il pari con l’Irlanda e la vittoria contro l’Arabia Saudita per passare.

Nel 2003, lo ricordo affranto, reggere insieme ai compagni la gigantografia di Marc-Vivién Foé. Song e Foé, il 4 e il 17, erano anima e cuore di quel Camerun. Insieme dai Mondiali del 1994, uno leader della difesa, l’altro del centrocampo. Il cuore di Foé si fermò, durante una maledetta semifinale di Confederations Cup contro la Colombia. E piangemmo ancora, stretti in un solo abbraccio, chi vi scrive e tutti i tifosi dei Leoni.

Song e i compagni reggono la foto di Foé, dopo la sconfitta nella finale della Confederations Cup contro la Francia (foto Bleacher Report)

Il 2006 è un altro anno di disdetta. I Leoni si dimostrarono Indomabili battendo la Costa d’Avorio all’andata e al ritorno, con un Webo scatenato che con tre gol rispose a Drogba. Ma nell’ultima giornata, in casa, il Camerun si incartò con l’Egitto, che già aveva vinto nella gara d’andata. I Faraoni erano già eliminati, riuscirono a pareggiare 1-1, con Pierre Wome che, al 95′ strappava la palla dalle mani di Eto’o e la metteva sul dischetto, dopo che Olembe aveva subito un fallo quantomeno “cercato” in area egiziana. Il sinistro del terzino finì sul palo, e Rigobert Song perse la possibilità di giocare il quarto di quelli che avrebbero potuto essere cinque Mondiali.

L’Egitto, che con i Mondiali ha un pessimo rapporto, ospitò e vinse la Coppa d’Africa pochi mesi dopo. Il Camerun uscì contro la Costa d’Avorio, ancora per un rigore, di Eto’o stavolta, il secondo di una lotteria in cui tutti i calciatori in campo avevano tirato e segnato. Drogba mise dentro il suo e i Leoni tornarono a casa. Gli stessi rigori condannarono la Costa d’Avorio nella finale contro i padroni di casa. Nel 2008, ancora gli egiziani salirono sul tetto d’Africa. E il capitano della nazionale finalista era proprio Song, a cui i Faraoni giocarono l’ennesimo brutto scherzo, fregandogli dalle mani il terzo titolo di campione d’Africa.

Nel 2010, quando il Camerun era ormai già eliminato a causa delle sconfitte patite contro Giappone e Danimarca, Song fece in tempo a giocare il suo quarto e ultimo mondiale. Le Guen, dopo averlo tenuto in naftalina nelle gare precedenti, gli concesse la passerella finale a 16 minuti dalla conclusione della partita contro l’Olanda. Eto’o aveva risposto al gol di van Persie. Ma quell’Olanda lasciava poco agli avversari, tanto che giunse alla finale persa contro la Spagna.

A pochi minuti dal 90′ Rigobert Song venne puntato da Arjen Robben col suo solito movimento, partendo da destra e accentrandosi per cercare il sinistro sul palo lontano. Nelle immagini si intravede la chioma con le treccine tinte di biondo del numero 4 mentre si tuffa in scivolata nel disperato tentativo di contrastarlo. Il tiro di Robben rimbalza sul palo interno e sulla ribattuta si lancia il Cacciatore Huntelaar che mette in rete il gol del 2-1. In quel momento, dopo 137 partite e 4 gol, finisce l’epoca di capitan Song in nazionale.

Il ritorno di Song e la grande notte dei Leoni Indomabili

“Quando sai di essere in pericolo, non sei più in pericolo. Quando non te ne accorgi, sei in pericolo. Così va la vita”.

(Conferenza stampa di Rigobert Song pre Algeria-Camerun)

Il pericolo Rigobert Song lo conosce bene. Era stato così vicino alla morte, che la federazione camerunense, dopo la fine del rapporto con quella del Ciad, gli aveva affidato ruoli di secondo piano, come traghettatore, allenatore dell’olimpica nelle qualificazioni, o della selezione dei calciatori del campionato locale. Voci di corridoio volevano il leone ferito, non in grado di assumersi una responsabilità così grande come quella di allenatore della nazionale maggiore. Come lui, ferito era il Camerun, uscito ancora a causa dei maledetti rigori alle semifinali contro l’Egitto, in un’edizione casalinga della Coppa d’Africa segnata dagli infausti eventi di Yaoundé e dello stadio Olembe.

Eto’o, diventato nel frattempo presidente della FECAFOOT, non aveva da subito mostrato grande fiducia nei confronti del tecnico portoghese Conceiçao, che pure era riuscito a portare il Camerun agli spareggi mondiali, vincendo un girone complicatissimo contro la Costa d’Avorio. Il ritorno di Onana in porta e di Zambo Anguissa a centrocampo aveva galvanizzato i Leoni, che nell’ultima giornata del gruppo di qualificazione si erano presi la rivincita contro gli Elefanti, battendoli 1-0 in una partita di grande sofferenza.

Eto’o non era però soddisfatto. Per gli spareggi, in accordo col presidente del Paese Paul Biya e col ministero dello sport, sempre piuttosto presente negli affari federali, si è deciso di cacciare Conceiçao e puntare su un selezionatore locale. Rigobert Song, al termine di una lunga giornata di colloqui, viene convinto ad accettare la proposta, nonostante le tempistiche piuttosto ristrette. A Douala l’Algeria si impone per 1-0, con gol di testa di Slimani. Song in conferenza stampa si lamenta dell’atteggiamento difensivista degli algerini. Ma a Blida renderà pan per focaccia con un catenaccio d’altri tempi, non appena la partita si sarebbe messa sui binari giusti.

Il Camerun passa subito in vantaggio a causa di un errore del portiere Mboli, a cui sfugge il pallone, con Choupo Moting, uno degli epurati della gestione precedente, che ne approfitta per pareggiare i conti con la gara d’andata. L’Algeria preme, reclama un rigore e trova due reti con Slimani, annullate dal Var. A due minuti dalla fine dei supplementari, il muro di Onana, migliore in campo, cade sul colpo di testa del difensore Touba.

Ma i Leoni si riscoprono di nuovo indomabili. Sarebbe accaduto lo stesso con un altro allenatore? Non possiamo saperlo, sarebbe certo cambiato tutto. Fatto sta che quell’ultimo pallone al 124′, il quarto minuto di recupero, spinto in rete da Karl Toko-Ekambi (lo stesso attaccante del Lione che aveva segnato il gol decisivo contro la Costa d’Avorio nei gironi), ha riportato il Camerun ai Mondiali dopo l’assenza del 2018.

Nell’abbraccio finale e nelle lacrime di Song ed Eto’o, c’è l’essenza della leggenda dei Leoni Indomabili. La storia camerunense di due calciatori, riuniti in un nuovo momento di gioia, in vesti completamente diverse, ma con lo stesso inesauribile amore per il calcio e per la propria nazionale. Forse nel momento di maggiore crisi interna del Paese da 40 anni a questa parte.

In Qatar ci sarà anche il Camerun, a far compagnia ai “cugini” del Senegal, al Marocco, alla Tunisia e al Ghana. E mai ritorno è stato dal sottoscritto più gradito.

 

Immagine di copertina: Samuel Eto’o official Facebook account