La Colombia dell’El Dorado: la prima Superlega

La Colombia dell’El Dorado: la prima Superlega

Maggio 20, 2022 2 Di Luca Sisto

Ascesa e caduta della Colombia dell’El Dorado. Dalla violencia all’istituzione del campionato colombiano considerato illegale dalla FIFA. Le vicende dei campioni inglesi che si recarono in Colombia. E di Alfredo Di Stefano, che lasciò il River Plate per accasarsi ai Millionarios de Bogotá. Il pezzo è un estratto da Sottoporta Review n.1, rivista cartacea edita dai redattori della pagina Sottoporta – Il Calcio Internazionale attraverso la Urbone Publishing. Il pezzo di riferimento è dedicato a George Saunders, attuale centrocampista dell’Envigado in Colombia.

Premessa storica: la violencia in Colombia alla base di El Dorado

Jorge Eliécer Gaitán è il leader del Partito Liberale colombiano alla fine degli anni Quaranta quando, nel primo pomeriggio del 9 aprile 1948, ha in programma un incontro con Fidel Castro, al tempo un giovane avvocato cubano. Gaitán era un populista di sinistra che cercava di sottrarsi alla logica dell’elitarismo colombiano del Partito Conservatore, e che aveva lottato per conquistare consensi nel PL a discapito dell’ala centrista. Aveva studiato diritto penale in Italia sotto l’egida del professore socialista Enrico Ferri, ma d’altro canto aveva modellato la sua ars oratoria sullo stile del fascista per antonomasia, Benito Mussolini.

Jorge Eliécer Gaitán (foto wikipedia)

Gaitán parlava al popolo e parlava come il popolo, utilizzando slogan tanto di sinistra quanto di destra, pur dichiarandosi apertamente izquierdista. Un termine che aveva fatto inserire addirittura nel nome della fazione del suo partito, l’UNIAR. La sua influenza sulla classe contadina, completamente dimenticata dalla riforma agraria di Mariano Ospina Perez, era diventata un problema per l’élites locali, con il Paese sull’orlo di un’inevitabile guerra civile.

Quel giorno d’aprile Gaitán non avrebbe mai incontrato Castro. Fu raggiunto da tre colpi di pistola all’angolo dell’Avenida Jiménez di Bogotá, in pieno centro, morendo per mano di sicari riconoscibili quanto i mandanti, mai incriminati.

Al grido di “Mataron a Gaitán” i colombiani si riversarono per le strade. Mentre di tutta risposta, per scongiurare una rivoluzione delle classi più deboli, venne de facto instaurata una sanguinosa dittatura. La guerra civile avrebbe lasciato sul campo, nel corso di tre diverse fasi della cosiddetta Violencia, circa 250mila morti.

La nascita di El Dorado

Solo un anno dopo, una disputa tra la DIMAYOR (la lega calcistica colombiana che aveva guidato il primo campionato professionistico nel 1948, acronimo di División Mayor del Fútbol Colombiano) e la Asociación Colombiana de Fútbol, l’organo competente per la selezione nazionale di calcio, portò la prima a forzare la regolamentazione sui trasferimenti e sui salari, con il placet del governo, in modo da creare un campionato più competitivo che potesse attrarre calciatori e investimenti da ogni parte del Sudamerica e, perché no, del mondo. Lo spettacolo messo su grazie ai lauti investimenti del governo e delle forze paramilitari, avrebbe dovuto distrarre la popolazione dai problemi piuttosto gravi del Paese.

La cosa però piacque poco alla FIFA che bannò la Colombia da ogni competizione per nazionali. La versione cafetera del professionismo avrebbe generato una sorta di Superlega ante-litteram. Uno sciopero dei calciatori in Argentina, dovuto alle discussioni ormai globali sul costo del lavoro e sull’adeguatezza dei salari, creò i presupposti per una fuga dal campionato locale verso la nascente lega colombiana.

Alfredo Di Stefano sulla copertina de El Grafico (immagine wikimedia commons, copertine el Grafico)

Campioni come Adolfo Pedernera, Alfredo Di Stefano e Néstor Rossi furono tra i primi a trasferirsi nei club partecipanti al nuovo torneo, che prese un nome destinato a restare nell’immaginario collettivo: El Dorado.

Ascesa e caduta della Colombia dell’El Dorado

Non solo Argentina. Tanti furono i campionati stranieri da cui El Dorado avrebbe attinto per formare il suo invidiabile patrimonio di calciatori. Fra questi, non poteva mancare l’Inghilterra, anch’essa alle prese con una limitazione dei salari che proprio non andava giù ai campioni della First Division. L’ex capitano della nazionale e dello Stoke City, Neil Franklin, raggiunse ben presto il Santa Fé de Bogotá.

Insieme a lui, partirono il compagno di squadra allo Stoke, George Mountfield, il bomber dello United Charlie Mitten (padre dell’ex Leicester John Mitten), Billy Higgins e Jack Hedley dell’Everton e Roy Paul dello Swansea Town. Bobby Flavell degli Hearts tentò anch’egli l’avventura a El Dorado, mentre Jock Dodds del Licoln City agì da intermediario curando i trasferimenti dei calciatori, che si erano “staccati” dalle proprie squadre di appartenenza senza che venisse versato alcun indennizzo. In Inghilterra, infatti, vigeva la regola del retain-and-transfer, secondo la quale i calciatori non potevano registrarsi con altri club senza il permesso di quello attuale. La FIFA e le federazioni britanniche considerarono illegale la loro fuga.

Charlie Mitten, uno dei protagonisti della Colombia dell’El Dorado, ai tempi dello Stoke City (foto tratta dal sito ufficiale dello Stoke City)

L’avventura di Franklin nel DIMAYOR durò solo due mesi. Gran parte del salario promessogli non fu mai corrisposto. Al ritorno in patria Franklin andò incontro ad una squalifica di diversi mesi e non rivide mai più la nazionale. Riprese all’Hull City, ma non fu più lo stesso. Higgins e Mitten durarono invece un’intera stagione. Il vecchio Charlie passò alla storia come “The Bogota Bandit” per il suo stile di gioco (e di vita) piuttosto impetuoso. L’ala sinistra guidò la selezione dei migliori giocatori del campionato colombiano ad un’incredibile vittoria contro i campioni del mondo in carica dell’Uruguay, in un’amichevole che sancì il definitivo riscatto di El Dorado quale miglior torneo del mondo.

Epilogo

La Golden Era della Colombia era però destinata presto alla conclusione. Gli ex Millionarios del River, ora ai Millionarios della Colombia, Pedernera (da allenatore/giocatore) e Di Stefano, quattro volte campioni della DIMAYOR, si recarono in tournée a Madrid dove la Saeta Rubia umiliò il Real in una trionfale amichevole per 4-2. Bernabéu, il presidentissimo Merengue, se ne innamorò perdutamente strappandolo ai colombiani a suon di pesetas, dopo varie peripezie legali con i rivali del Barcellona.

Nel frattempo, la Colombia aveva raggiunto un accordo con la FIFA per riadeguarsi agli standard in fatto di trasferimenti e salari. Grazie a questi due eventi, El Dorado era giunto definitivamente al capolinea.

Testo di Luca Sisto, estratto dalla Rivista Sottoporta Review n.1, edita da Urbone Publishing

Immagine di copertina: futbol de siempre y de hoy