Di padre in figlio: i Fadiga da Khalilou a Noah
Giugno 30, 2022Quello di Khalilou Fadiga è un nome capace di accendere la fiamma della nostalgia, per chi ricorda i Mondiali di Giappone e Corea del 2002. E quella del rimpianto, per chi in quegli anni già tifava Inter.
La parabola di Fadiga, perlomeno all’inizio della curva, non si discosta da quella classica per qualsiasi talentuoso giocatore senegalese in procinto di sfondare nel pallone. Dopo le partite nei polverosi campetti di Dakar, il trasferimento in Francia, dove lo adocchiano il PSG prima e il Red Star poi. E’ con questa formazione, nobile decaduta della capitale capace di vincere in passato 5 Coppe di Francia, che Fadiga conosce l’esperienza degli allenamenti con una squadra maggiore, senza però mai assaggiare il campo.
La voglia di giocare però brucia troppo nel ragazzo di Dakar, che a 20 anni decide di lasciare l’ombra della Tour Eiffel e provare la fortuna in Belgio. Sarà una mossa azzeccata.
I Fadiga e il Belgio
A questo spilungone di quasi 1 metro e 90, ma con un sinistro poetico, danno fiducia prima il Royal FC di Liegi e poi il Lommel. Non è un cannoniere e non lo sarà mai, ma la fantasia non gli manca, e la capacità di saltare gli uomini come birilli, unita alla sorprendente leggiadria con cui un uomo di quell’altezza danza su fazzoletti di campo tendenzialmente destinati a fisici più brevilinei, lo rendono un diamante grezzo su cui qualche maestro di calcio non può che bramare di mettere le mani per iniziare a dargli una forma più definita.
E’ quello che succede ad Eric Gerets, che lo porta al Club Bruges e decide di farne il tassello chiave della sua trequarti offensiva. Risultato: 13 assist per Fadiga, campionato vinto per la squadra. Ma soprattutto, è a Bruges che nasce suo figlio, Noah, nel 1999.
E’ un periodo stellare per Fadiga, che dopo 3 anni di dominio in Belgio (immaginatevi di vedere un odierno Milinkovic-Savic che gioca sulla fascia, con meno forza fisica e meno potenza ma con più genio) torna da protagonista in Francia, nel campionato che non aveva creduto in lui, con la maglia dell’Auxerre. Ma il meglio deve ancora venire. Arriverà in una torrida estate asiatica, nel 2002, con addosso i colori della sua Nazionale.
Il mitico Senegal 2002 in cui splende la stella di Khalilou
Il Senegal del 2002 è una squadra che rimarrà per sempre nell’elenco delle favole più belle del calcio, e Fadiga ne è protagonista assoluto. Numeri sbalorditivi, giocate da campione. Un gol su rigore contro l’Uruguay nel girone. Gli uomini di Bruno Metsu arriveranno magicamente fino ai quarti di finale, e per tanti di loro si spalancano le porte dei maggiori campionati europei. Diouf sarà pagato a peso d’oro dal Liverpool, Papa Bouba Diop e Henri Camara si trasferiranno presto a Fulham e Wolves.
E Fadiga? Khalilou ha fatto innamorare l’Inter, soprattutto Massimo Moratti, che per i mancini fantasiosi ha
sempre avuto un punto debole, come dimostra l’incondizionato amore per El Chino Recoba. Tuttavia l’Auxerre resiste, lo tiene un altro anno e a Fadiga sembra non pesare. Vince una Coppa di Francia e segna un gol di rapina nel vecchio Highbury, in Champions League, che contribuisce alla vittoria dell’Auxerre per 2-1 in casa dell’Arsenal di Wenger e Henry.
L’estate del 2003, però, è quella buona. L’Inter riesce a strappare Fadiga dalle mani di Guy Roux e lo porta in ritiro. Fa le visite mediche e con i nerazzurri gioca un’amichevole: sarà la prima e ultima volta che riuscirà a indossare la maglia neroazzurra.
Il referto dei medici parla chiaro: aritmia cardiaca, forse dovuta ad una miocardite. Sotto sforzo, Fadiga rischia la vita. E’ un macigno che crolla sulla carriera di quel fantasista bellissimo da vedere, che a 28 anni era finalmente arrivato a giocarsi l’occasione della vita. In Serie A non può giocare, l’Inter è costretta a lasciarlo libero e a puntare sull’argentino Kily Gonzalez.
Un macigno impossibile da sopportare e una nuova speranza
A questo punto della storia, la parabola in continua ascesa del sinistro magico venuto da Dakar conosce un vero e proprio crollo. Fadiga ci prova in Premier League, al Bolton, dopo un difficile intervento al cuore malato. Ma è qualcosa nell’animo di Khalilou, ad essersi spezzato definitivamente. Niente potrà mai più essere come prima, anche se continua a provarci senza sosta, passando anche dal Derby County prima di tornare in Belgio, là dove la sua stella aveva iniziato a brillare.
La carriera di Fadiga è praticamente finita tra le asettiche mura di uno studio medico milanese, tra i ricordi di un’ascesa impazzita e i rimpianti per ciò che poteva essere e non è stato mai.
Tuttavia, oggi Khalilou ha nuovamente un motivo per sorridere, e si chiama Noah. Il figlio di Fadiga, nato in terra belga mentre il padre disegnava calcio a Bruges, ha deciso di seguire le orme del padre, diventando un calciatore professionista. Anche lui è altissimo, come il papà, ma il suo mestiere sul campo è tutto diverso.
A Noah piace correre sulla fascia destra, partendo da lontano, da terzino, come si diceva qualche anno fa. Dal padre non avrà magari ereditato i lampi di fantasia, ma sicuramente si è portato dietro la voglia di sfondare e diventare qualcuno. Dopo una stagione da protagonista in Eredivisie con la maglia dell’Heracles Almelo, terminato sfortunatamente con la retrocessione, Noah ha fatto il salto e giocherà l’anno prossimo in Ligue 1, con la maglia del Brest.
Il ragazzo può considerarsi belga a tutti gli effetti, ma stringe forte nelle mani anche il passaporto senegalese. Un giorno, magari, potremmo rivedere una maglia bianca con dei grandi numeri verdi stampati sul petto, e la scritta FADIGA campeggiare sulla schiena.
Sarebbe una bella favola, che restituirebbe a Khalilou, quel mancino che stregò Moratti e il mondo intero, un pezzo di quello che non ha mai potuto avere.
Testo di Nicola Luperini, per la rubrica “La Tana del Lupo”. Pisano, content editor per Sottoporta – il calcio internazionale, cura per Football&Life gli argomenti più caldi della settimana sul calcio italiano, dalla Serie A al calcio minors.
Immagine di copertina tratta da Foot Africa