Figo e il tradimento del secolo: l’apice della rivalità tra Barça e Madrid

Figo e il tradimento del secolo: l’apice della rivalità tra Barça e Madrid

Luglio 3, 2022 0 Di Juri Gobbini

Luglio 2000. Il verano in Spagna era iniziato da un paio di settimane ma si prospettava già molto caliente. Mentre in Italia si ascoltavano gli emergenti Lunapop e ci si leccava le ferite per la sconfitta contro la Francia nella finale degli Europei, nei paesi latini il temazo estivo era La Bomba dei King Africa, una canzone che si sposò benissimo con la “bomba” che stava invece per abbattersi sul calcio spagnolo, cambiandolo per sempre. Nel bene e nel male.

Il 16 luglio 2000 erano infatti previste le elezioni alla presidenza del Real Madrid. Da un lato il titolare in carica, Lorenzo Sanz, e dall’altro un imprenditore – fino a quel momento poco conosciuto nel mondo del fútbol – di nome Florentino Pérez. Ingegnere, a capo del gruppo ACS, non era la prima volta che Florentino Pérez tentava la scalata alla sala dei bottoni del club. In precedenza, si era confrontato con lo storico presidente Ramón Mendoza, perdendo di misura in una elezione carica di polemiche, con lo stesso Florentino Pérez che lamentò una manipolazione dei voti inviati per posta.

Il club risultava comunque sempre più allo sbando, soprattutto a livello organizzativo ed economico. Fu per questo che nel novembre del 1995 Mendoza, pochi mesi dopo essere stato rieletto, abbandonò il Real Madrid consegnandolo nelle mani del suo vice, Lorenzo Sanz. Malgrado il caos, i blancos in qualche modo erano riusciti a tornare sul tetto d’Europa, conquistando la settima Champions League dopo oltre vent’anni di digiuno e facendo il bis nel 2000.

Fu proprio dopo la vittoria contro il Valencia nella finale di Parigi che Lorenzo Sanz decise di anticipare le elezioni di un anno. L’obbiettivo era quello di far decidere i soci “con la pancia piena”, e il successo europeo sarebbe dovuto servire così da parafulmine per far dimenticare, seppur brevemente, tutti gli altri problemi del club: oltre ai tanti debiti (alcune fonti parlarono addirittura di € 277m), in Spagna il Real Madrid aveva vinto appena due Liga e una Coppa del Re in dieci anni, e l’affluenza al Bernabéu era calata vertiginosamente.

Florentino Perez e Lorenzo Sanz si stringono la mano in segno di rispetto al termine delle elezioni (fonte diario AS)

La mancanza di programmazione era palese anche a livello di gestione calcistica, visti i sette tecnici (Jorge Valdano, Arsenio Iglesias, Fabio Capello, Jupp Heynckes, Guus Hiddink, John-Benjamin Toshack e per ultimo Vicente del Bosque) passati per la panchina del Bernabéu in cinque stagioni, otto se consideriamo anche José Antonio Camacho, che durò appena 22 giorni, lasciando l’incarico senza nemmeno iniziare la preparazione dopo le prime divergenze con Sanz.

Rispetto al 1995, stavolta Florentino Pérez si presentò con le idee chiare, pronto a sbancare con il suo programma Así, gana el Madrid, il cui titolo venne presto in prestito da un coro molto in voga negli stadi di tutta Spagna, cantato sia dai tifosi del Real che da quelli rivali, soprattutto quando si verificano errori arbitrali a favori dei madrileni. Il coro nacque infatti nel Molinón di Gijón nel lontano 1979, quando Enzo Ferrero reagì ad un’aggressione del madridista Isidoro San José, con l’arbitro che tirò però fuori il cartellino rosso solo per l’argentino dello Sporting, provocando la feroce reazione del pubblico asturiano.

“Se vinco le elezioni, Figo vestirà di blanco”

La bomba mediatica esplose proprio ad inizio luglio, quando alcuni media spagnoli uscirono con la notizia di un presunto accordo fra Florentino Pérez e Luis Figo, la stella del Barcelona. Questionato sulla veridicità delle notizie, il candidato alla presidenza si preoccupò di confermare il tutto, assicurando che se lui fosse diventato presidente, Figo avrebbe vestito di blanco la stagione seguente.

All’inizio, in molti, accolsero la notizia con sarcasmo. In fin dei conti le sparate elettorali sono buone per ottenere consensi, poi bisogna vedere la realtà delle cose. Fra il dire e il fare, c’è sempre di mezzo il mare. Ma non ditelo a Don Florentino, che in quell’occasione si sbilanciò ulteriormente, azzittendo gli scettici e promettendo di pagare la quota annuale di tutti i soci del Real (circa €10m) se lui fosse divenuto presidente senza successivamente ingaggiare il lusitano.

Sanz, che aveva preso il tran-tran poco sul serio, iniziò a preoccuparsi, e rapidamente definì l’acquisto del centravanti Diego Tristán dal Mallorca, anche questo subordinato ai risultati finali delle elezioni. In casa Barcelona, invece, non videro certo di buon occhio che i loro principali rivali facessero campagna elettorale utilizzando il miglior giocatore della squadra blaugrana, uno che nel 1999 aveva rinnovato il proprio contratto, prolungandolo poi fino al 2005, con una clausola di rescissione fissata attorno ai €62m. All’epoca Figo, 26 anni, guadagnava €2,5m e dopo il grandioso Europeo con il Portogallo era uno dei candidati a vincere il Pallone d’Oro, cosa che poi avvenne qualche mese più tardi.

Tuttavia, nemmeno in casa blaugrana il futuro appariva chiarissimo. Lo storico presidente José Luis Núñez, in carica dal 1978, era a fine mandato, e come a Madrid anche a Barcelona il nuovo timoniere sarebbe uscito dalle urne, con i soci chiamati a scegliere fra Lluís Bassat e Joan Gaspart, quest’ultimo favorito in quanto aveva già occupato la carica di vicepresidente durante il regno di Núñez.

Anche a livello tecnico la squadra sembrava avanzare alla cieca. Con Louis van Gaal in panchina erano arrivate due Liga e una Coppa del Re, ma nell’ultima stagione il club era rimasto a secco di trofei e l’allenatore olandese aveva deciso di lasciare il Camp Nou, esausto di tante polemiche. Il club sembrava aver perso poi parte della propria identità, visto che con la legge Bosman la squadra era diventata una multinazionale, anzi per meglio dire una succursale dell’Ajax, visti i tanti olandesi in rosa (otto, nella stagione 1999-2000), quasi tutti ex dei Lancieri. Adesso, poi, senza Van Gaal il progetto sarebbe ripartito di nuovo da zero.

José Veiga convince Figo e il tradimento ai catalani si materializza

A tramare alle spalle del Barcelona era stato inizialmente José Veiga, agente di Figo e re del mercato portoghese prima dell’avvento del superagente Jorge Mendes. Veiga aveva infatti sottoscritto un pre-accordo mediante il quale circa €3m sarebbero rimasta nelle tasche di Figo e del suo entourage se Florentino Pérez avesse perso le elezioni. Viceversa, se fosse stato eletto presidente e il portoghese si fosse rifiutato di firmare per il Real Madrid, il giocatore avrebbe dovuto pagare una penale, il cui valore non è mai stato rivelato con certezza, ma che il giornalista inglese Sid Lowe nel suo libro Fear and Loathing in La Liga ha stimato intorno ai €30m.

Figo prima del tradimento, in maglia Blaugrana (foto tratta da Barça Blaugranes)

Forse all’inizio, Veiga e Figo pensarono veramente che la manovra messa in atto da Florentino Pérez fosse solo fuffa elettorale, e che alla fine Lorenzo Sanz sarebbe stato confermato presidente, il che gli avrebbe garantito di mettersi in tasca i soldi del precontratto senza far nulla. Anzi, avrebbero potuto persino giustificarsi di fronte al Barcelona e ai suoi tifosi, qualificando come inventate le notizie saltate fuori sui media, e contemporaneamente tornare a far pressioni sul club, in maniera da ottenere l’aumento di stipendio già richiesto a Núñez nei mesi precedenti ma sempre negatogli con la scusa delle elezioni.

Ricordiamo che Figo e il suo entourage non erano nuovi a manovre sporche dietro le quinte. Nel 1995, infatti, il portoghese era stato al centro di un ménage à trois, con Juventus e Parma che si erano entrambe accordate con lo Sporting Lisbona, ottenendo anche la firma del calciatore. “Né mio né tuo” fu il patto fra bianconeri ed emiliani, e a Figo fu proibito dall’UEFA di firmare per una squadra italiana nei successivi due anni. Il portoghese ripiegò così su Barcelona, dove ad essere onesti non gli era andata affatto male. Figo era diventato non solo il leader tecnico della squadra ma anche quello carismatico, tanto da prendere il microfono durante i festeggiamenti della Liga del 1998 e mettersi a gridareBlancos llorones felicita a los campeones” [Blancos piagnucoloni, congratulatevi con i campioni].

La bomba mediatica esplode quando Figo si trovava in Sardegna, dove stava passando le vacanze. Inizialmente il giocatore rimase in silenzio, e sembrò quasi che l’avvoltoio Veiga avesse agito alle sue spalle. Alla fine, però, anche Figo uscì allo scoperto, dichiarando quello che tutti i tifosi blaugrana avrebbero voluto ascoltare, ovvero che sarebbe rimasto a Barcelona. Caso chiuso? Be’ non proprio. A Madrid, Lorenzo Sanz esultò nel leggere le parole del portoghese, ma l’uscita non scalfì minimamente la confidenza di Florentino Pérez, che continuò a ripetere, sempre più ad alta voce, che Figo sarebbe diventato giocare del Real in caso di vittoria alle elezioni.

Nel frattempo, sia Bassat e Gaspart – concentrati nelle proprie campagne elettorali – cercarono entrambi di avvicinarsi a Figo, promettendo una miglioria nel contratto ma rimandando però i colloqui al giorno 24 luglio, visto che prima delle elezioni nessuno dei due avrebbe potuto far nulla di concreto.

La vittoria di Pérez

Il 16 luglio si celebrarono finalmente le elezioni a Madrid, e i soci del Real decisero per un cambio al timone, con Florentino Pérez che superò Sanz: 16.469 voti contro i 13.302 del presidente uscente. Furono messe così le fondamenta per un’epoca dorata che negli anni ha conosciuto i suoi alti e bassi, ma che indubbiamente ha riportato il Real Madrid in cima al mondo. Nella storia dei blancos, vi sarà sempre un prima e dopo Florentino Pérez, chissà secondo per importanza solo dietro al mitico ed inarrivabile Santiago Bernabéu.

Da Santiago Bernabeu a Florentino Perez: perché nasce la Superlega

La notizia della vittoria di Florentino Pérez scatenò una specie di terremoto dalle parti del Camp Nou. E adesso? Il nuovo presidente del Real uscì subito allo scoperto e fu svelato il patto con Figo e Veiga, che si trovarono così alle strette, chiusi in un vicolo cieco dal quale sarebbero usciti solo pagando le debite conseguenze. Se la vera intenzione di Figo, come aveva dichiarato in precedenza, era quella di rimanere al Barcelona, qualcuno doveva versare a Florentino la penale di €30m. Somma che avrebbe utilizzato in parte per pagare la quota annuale dei propri soci (circa €10m), come promesso in caso di non arrivo del portoghese.

Adesso la domanda era: chi avrebbe dovuto farsi carico di quei €30m. Figo? Oppure era il Barcelona – come suggerito sfacciatamente da Veiga – quello che doveva assumersi gli oneri per trattenere il proprio asso? Pagare quella cifra per un giocatore già suo? Assurdo. E mentre in Catalogna si vivevano giorni frenetici, fra elezioni e caso Figo, nella capitale Florentino Pérez si stava strofinando le mani. La sua strategia era stata rischiosa ma aveva funzionato, e adesso era pronto a raccogliere i frutti.

Il 23 luglio i soci del Barcelona votarono Gaspart come nuovo presidente. Il giorno dopo, il club ricevette subito un ingresso di quasi €62m proveniente da una banca di Madrid: era la clausola di rescissione di Figo. Il suo arrivo rappresentò anche l’inizio dell’epoca dei Galácticos, il firmamento di stelle che avrebbe visto anche Zinedine Zidane, David Beckham e Ronaldo raggiungere il Bernabeu. Il portoghese, a cui fu affidata la maglia numero 10, fu presentato il 24 luglio: con lui un raggiante Florentino Pérez e Alfredo Di Stefano, la stella del grande Real degli anni Cinquanta e Sessanta. Le sue prime dichiarazioni furono subito spinose: “Ho la coscienza tranquilla, perché mi considero una persona di parola. Ero sicuro fin dall’inizio che sarei finito a giocare al Real Madrid”. Parole che furono delle vere e proprie pugnalate allo stomaco dei tifosi del Barcelona.

Qualcuno puntò comunque il dito sulla dirigenza del Barcelona. Se quello che Figo voleva era un aumento di stipendio, perché non si erano seduti prima al tavolo delle trattative, invece di continuare a sparare a casaccio nomi di probabili acquisti, buoni solo per la campagna elettorale? Con il passaggio al Real Madrid, infatti Figo migliorò di molto anche il proprio stipendio, passando a guadagnare così €6m annuali, quasi il triplo di quello che otteneva al Camp Nou. Figo mercenario, giuda, traditore, pesetero – attaccato ai soldi. A Barcelona lo videro subito in maniera chiara: il portoghese aveva mollato passando ai rivali solamente in nome del dio denaro. E il suo nome venne aggiunto nella lista nera dei nemici, dove occupa ancora oggi il posto numero uno.

Con l’arrivo di Figo, e quello successivo di Zidane, il Real Madrid tornò a dominare il mondo. Liga, Champions, Bernabéu sempre pieno, accordi commerciali con le principali marche mondiali. Il modello Galácticos, almeno all’inizio, stava funzionando sotto tutti gli aspetti, mentre il Barcelona, invece, era piombato in una preoccupante crisi.

I soldi ottenuti dalla cessione di Figo avevano fatto recapitare un bel tesoretto nelle mani di Gaspart, il quale aveva però dilapidato rapidamente i soldi spendendoli in acquisti inutili, giocatori con nome e con alto cachet ma poco funzionali, i quali pagarono comunque la carenza di un progetto tecnico. Gaspart si dimise nell’estate 2002 e durante il suo mandato arrivarono solo due quarti posti e un sesto posto, ben cinque allenatori passati sulla panchina del Camp Nou, tante pañoladas e i conti in rosso, tanto che il Barcelona fu costretto a regalare Rivaldo al Milan pur di non pagargli l’alto stipendio.

Nel frattempo, però Figo era stato costretto a tornare, stavolta da avversario, in quello che era stato a lungo il suo stadio. “Sono cosciente che sarà complicato tornare là. Però lo accetto.” Complicato? Accendini, monetine, petardi, persino una bottiglia di Whisky, marca J&B – un mistero come fosse entrata sulle tribune. Questi i tanti oggetti lanciati a Figo al Camp Nou, anche se quello più emblematico fu la testa di cochinillo – il maialino arrosto – che qualcuno tirò in direzione del portoghese nel Clásico del 23 novembre 2002. Immagine che fece il giro del mondo e che sarebbe tristemente diventata il poster della rivalità fra Barça e Madrid.

 

Testo di Juri Gobbini, autore della pagina Facebook Storia del Calcio Spagnolo e del libro “La Quinta del Buitre”.

Immagine di copertina riadattata dall’account Instagram Give me Sport