La “Culebra de Fuentes”: quando il cileno Luis Fuentes fermò Ronaldo

La “Culebra de Fuentes”: quando il cileno Luis Fuentes fermò Ronaldo

Luglio 27, 2022 0 Di Juri Gobbini

Estate 2004: da un lato gli Europei in Portogallo, quelli della sorpresa greca, dall’altra parte del mondo la Copa America in Perù, con il Brasile che si impose in finale ai rigori contro l’Argentina.
Era un Brasile collaudato, che veniva da laurearsi campione del mondo in Corea e Giappone e che vantava tanta abbondanza di talenti che per l’occasione Carlos Alberto Parreira decise di non chiamare Ronaldo, Ronaldinho, Cafu, Roberto Carlos e Kaká, a cui furono concesse qualche settimane extra di vacanze. Un lusso che non impedì ai Verdeoro di trionfare, con Adriano come grande trascinatore.

Tuttavia, prima di presentarsi all’appuntamento continentale, in Sudamerica si giocarono due turni di qualificazione al Mondiale di Germania. Era la prima volta nella storia che la squadra campione in carica non veniva ammessa di diritto, così il Brasile fu inserito nel girone della CONMEBOL, che dal 1998 si disputava a gruppo unico fra le 10 nazionali sudamericane.
L’Argentina di Marcelo Bielsa era partita abbastanza bene, e sorretta dalle reti di Hernan Crespo e dalle giocate di Pablo Aimar si era messa alla testa del girone, con il sorprendente Paraguay a un punto di distacco. Al Brasile bastò però poco per ristabilire le gerarchie, e nello scontro diretto di Belo Horizonte si impose per 3-1 grazie a una tripletta di Ronaldo, con le reti arrivate su altrettanti rigori, tutti procurati dal Fenomeno grazie alle sue taglienti accelerazioni che avevano mandato in corto-circuito la difesa albiceleste.

Ronaldo versione 2004: ancora il “Fenomeno”

Malgrado il Ronaldo del 2004 non fosse certo quello del biennio 96-98, il brasiliano rimaneva ancora un grandissimo giocatore, e la stagione con il Real Madrid si era conclusa con 31 reti in tutte le competizioni, il miglior bottino nel suo secondo passaggio in Spagna dopo quelli di Barcelona. Quando si analizza la sua carriera si tende sempre a evidenziare la parentesi al Camp Nou e i primi anni all’Inter come i momenti dove abbiamo visto il miglior Ronaldo, mentre la sua avventura a Madrid viene stimata in maniera differente. Forse a giudizio dell’osservatore pesa il bottino ottenuto al Bernabéu – una sola Liga – tuttavia, quello di Madrid fu un ottimo Ronaldo. Differente dal primo, ma pur sempre un grande giocatore.

Ronaldo: l’Età del Fenomeno

I chili in sovrappeso iniziavano a farsi notare, ma il fiuto del gol e la tecnica erano rimasti intatti. Se entrava in campo senza acciacchi, poi, poteva sempre contare sullo scatto devastante, un’arma che iniziava comunque a dosare ma che non gli impedì di segnare caterve di gol e sfornare prestazioni monstre. Come nel 2003 ad Old Trafford, quarti di Champions League contro il Manchester United, annientato da una tripletta del Fenomeno.

La trasferta in Cile: l’ultima partita prima della Copa America

L’ultimo impegno del Brasile prima della Copa America fu la trasferta di Santiago contro il Cile, il quel momento al terzo posto della classifica con dieci punti, due dietro il Brasile e uno dietro l’Argentina. La squadra allenata da Juvenal Olmos sognava di qualificarsi a un Mondiale dopo quello del 1998, ma la disastrosa campagna previa al Mondiale del 2002 lasciava poco ottimismo: i cileni erano finiti addirittura ultimi del girone con soli 12 punti, questo malgrado una vittoria 3-0 proprio sul Brasile futuro campiona del mondo.

La squadra era poi in netta fase di ricostruzione. Ivan Zamorano si era ritirato nel 2003, mentre Marcelo Salas era alle prese con numerosi problemi fisici. Nel 2002 e 2003 il Matador non giocò nessuna gara con la sua nazionale, e anche nel giugno del 2004 risultava indisponibile. In quel momento le figure della Roja cilena erano l’ala sinistra Mark Gonzalez dell’Universidad Católica – che arrivò a giocare pure con Liverpool, Real Sociedad e Betis Sevilla – e David Pizzarro dell’Udinese – un mediano dai piedi ordinati e dalle discrete geometrie che ebbe una dignitosa carriera in Italia con Udinese, Roma, Inter e Fiorentina. Fra le speranze cilene c’era anche Luis Antonio Jiménez della Ternana, una mezzapunta che passò per diversi club della Serie A ma che mai mantenne le promesse di inizio carriera.

Il resto dei giocatori a disposizione di Olmos erano tutti onesti mestieranti, la maggior parte dei quali militavano nel campionato locale. Oggigiorno qualsiasi cileno di spicco gioca all’estero, normalmente in Europa, ma allora le cose erano differenti, visto che i talent-scout europei, salvo rare eccezioni, tendevano a snobbare il Cile. Con l’arrivo di Marcelo Bielsa al timone, e l’apparizione della “Generación Dorada” capitanata da Arturo Vidal e Alexis Sánchez tutto sarebbe cambiato. Ma quello che allora un calciatore cileno poteva onestamente aspirare era a un salto in Argentina o in qualche altro paese latino. Della truppa che aveva giocato il Mondiale del 1998, rimanevano poi solo il portiere Nelson Tapia – promosso capitano dopo l’addio di Zamorano – e i difensori Ricardo Rojas e Moisés Villarroel.

Luis Fuentes: la cara nueva del veterano

Tante le facce nuove, soprattutto in difesa, dove Rafael Olarra e Luis Fuentes furono gli incaricati a contrastare le offensive di Ronaldo, Luis Fabiano e Kaká. Olarra, 25 anni, aveva tentato senza grosso esito l’avventura all’estero, ma con l’Osasuna era durato appena cinque partite, mentre le sue modeste prestazooni con l’Independiente non bastarono a fargli guadagnare la conferma. Nell’estate 2004 si trovava addirittura senza squadra prima di trovare un accordo con l’Universidad Católica.
Fuentes, al contrario, malgrado i quasi 33 anni, era un perfetto sconosciuto nei palcoscenici internazionali. Con la Roja vantava in quel momento appena dieci gare, nella qualificazioni per il Mondiale del 2002 aveva giocato solo una partita, mentre in quelle per il 2006 non era ancora sceso in campo.

La sua carriera si era sviluppata per intero lontano da Santiago e dalla squadre glamour cilene. Otto stagioni al Coquimbo Unido al termine delle quali era passato nel 1998 al Cobreloa, dove sarebbe rimasto poi dieci anni, diventando un pilastro della squadra che raggiunse l’apice proprio del biennio 2003-04: due Tornei Clausura e un Torneo Apertura vinti il più alto picco mai toccato dal club minero dopo i fasti degli anni Ottanta. Nel 1981 e nel 1982 il Cobreloa raggiunse addirittura la finale di Copa Libertadores – perse rispettivamente contro Flamengo e Peñarol – mentre nel 2003 fu il Boca Juniors di Carlos Bianchi a fermare l’avventura dei cileni nei quarti.

Nella gara d’andata toccò proprio a Fuentes far esplodere lo stadio Zorros del Desierto di Calama con un gol di testa, prima che Carlos Tevez e il Pato Abbondanzieri salissero in cattedra, l’attaccante creando i presupposti per la rimonta – finalizzata da una doppietta di Guillermo Barros Schelotto – il portiere parando un rigore a Fernando Martel.
Fuentes fece persino in tempo a condividere lo spogliatoio con un giovanissimo Alexis Sanchez, prima di tornare al Coquimbo Unido, dove appese le scarpette solo nel 2014, raggiungendo a 43 anni la mastodontica cifra di 579 gare in Primera Division cilena, secondo solo dietro allo storico portiere Adolfo Nef.

La “culebra de Fuentes”: il 6 giugno 2004 e lo scontro con Ronaldo

Tuttavia, il difensore non passò alla storia per la sua longevità, bensì per quello che combinò la sera del 6 giugno 2004 contro il Brasile. Chiunque, giocando contro gente del calibro di Kaká o Ronaldo se la sarebbe fatta sotto, ma Fuentes aveva carattere da vendere. Difensivamente era abbastanza basico, ma possedeva comunque tutte le caratteristiche principali di un arcigno marcatore. Forte di testa, indomito, roccioso e con una buona percentuale di astuzia e furbizia, tipica di colui che è stato abituato fin da piccolo a farsi largo nei polverosi campi sudamericani.

Fuentes avrebbe dovuto essere la vittima sacrificale delle accelerazioni di Ronaldo. Invece, si convertì quella sera in eroe nazionale. Non solo crack dalle parti di Calama, ma da quel momento in avanti anche nel resto del paese. E ad accompagnarlo anche una curiosa strategia adottata, passata alla storia come “la Culebra”.
Il significato di Culebra è serpente, ma in questo caso non c’entrano per niente i rettili. Con Culebra ci si riferisce alla strana mossa usata da Fuentes per fermare Ronaldo, un movimento che il difensore era solito fare in allenamento, più per scherzo che per necessità, ma che i vari allenatori gli avevano proibito di effettuare in partita, in quanto ridicola da vedere.

Tutto accadde al minuto 40 del primo tempo. Il Brasile era già in vantaggio con un gol di Luis Fabiano – imbeccato da un tacco di Kaká – e sembrava avere la gara in controllo. A Santiago, nel pieno dell’inverno australe, il campo era pesante, e i Verdeoro dopo l’1-0 cercarono di amministrare il gioco. I locali risposero con foga e agonismo, ma la difesa cilena rimaneva costantemente in allerta, visto che a Kaká o Juninho Pernambucano – gente dal passaggio millimetrico – sarebbe bastato poco per imbeccare gli attaccanti in profondità. Guai a distrarsi ancora.

Fuentes aveva già dimostrato di essere in quelle serate dove tutto ti riesce, comunque. In avvio di gara aveva usato un colpo di tacco per liberarsi da una difficile situazione giusto al limite della propria area, e aveva poi proseguito la dignitosa performance con interventi mirati e precisi, senza mai scomporsi di fronte all’artiglieria brasiliana.
Tuttavia, al minuto 40 Ronaldo aveva finalmente incontrato campo aperto sul quale scorrazzare e puntare la porta, con Fuentes il primo ad affrontarlo. Il Fenomeno era leggermente defilato sulla sinistra, fuori area, e anche se Olarra copriva le sue spalle, per Fuentes l’imperativo era quello di non lasciar passare il brasiliano, a cui sarebbe bastato poco spazio per mettere il turbo ed entrare in area come un lampo.

Ronaldo era un giocatore capace di saltare l’uomo in tutti i modi. Celebre il suo zig-zag contro la Lazio in maglia nerazzurra, altrettanto incredibile il suo slalom gigante – eseguito ad una velocità da discesa libera – con cui aveva superato l’intera difesa del Compostela ai tempi del Barcelona. Anche se era passato qualche anno, Ronaldo aveva ancora l’astuzia e la destrezza di passare per fuori o per dentro, bastava solo che il difensore accennasse il movimento ed abboccasse alla finta per saltarlo come un birillo.

Ma Fuentes aveva fatto bene i compiti. Sapeva delle doti del brasiliano, e pensò che l’unica maniera di fermarlo in situazioni critiche fosse quella di fare lui, il difensore, una finta alla quale l’attaccante avrebbe dovuto abboccare. Facile a dirsi, difficile da realizzarsi. Per questo quello che fece Fuentes risultò straordinario. Il difensore cileno accennò al movimento verso l’esterno del campo, e in quel mezzo secondo Ronaldo capì che lo avrebbe superato puntando verso l’interno.
Fu in quel momento che entrò in gioco la Culebra: Fuentes si gettò pancia a terra, estendendo il proprio corpo orizzontalmente. Quando Ronaldo sterzò a destra, il pallone intoppò con i piedi del difensore, che in un millesimo di secondo si rialzò e avviò l’azione per i suoi. Senza batter ciglio, con la stessa calma di uno 007 quando si toglie la muta subacquea sotto la quale indossa uno smoking immacolato.

Una giocata da consegnare alla storia, ma il pari non sarà sufficiente ai cileni

Ronaldo venne completamente anestetizzato da quella Culebra. il Fenomeno, chissà con la testa già alle vacanze, rimase tranquillo per il resto della gara, così come il resto del Brasile, mentre il Cile ottenne in extremis il pareggio grazie a un rigore firmato dal centravanti Reinaldo Navia giusto allo scadere.

Un prezioso punto che però non fu sufficiente alla Roja per ottenere la qualificazione ai Mondiali. I cileni incapparono in una serie negativa che vide il licenziamento di Olmos e il ritorno in panchina di Nelson Acosta – il tecnico artefice della qualificazione a Francia 98 – periodo nero interrotto solo da una vittoria casalinga contro la Bolivia per 3-1, con una doppietta proprio di Fuentes, sempre pronto a mettersi il mantello di Superman nei momenti più difficili.

Nel 2007, appena arrivato a Juan Pinto Durán, Marcelo Bielsa iniziò a visitare i vari club cileni per far conoscere il proprio progetto e coinvolgere giocatori e società. Passando per Calama, il Loco fece il nome di Fuentes come uno dei calciatori che avrebbe tenuto in considerazione per la Roja, ovviamente. Ma il difensore aveva già 36 anni, e sebbene il suo rendimento sembrasse inalterato dall’avanzare dell’età, un suo coinvolgimento in un nuovo ciclo risultava alquanto improbabile. E così fu.
Fuentes avrebbe goduto dei successi della Roja solo dall’esterno, ma il suo nome verrà ricordato per l’eternità come l’uomo che riuscì a fermare Ronaldo grazie alla sua Culebra.

 

Testo di Juri Gobbini, autore della pagina Facebook Storia del Calcio Spagnolo e del libro “La Quinta del Buitre”.

Immagine di copertina tratta da En Cancha.