Josep Sunyol, mès que un president

Josep Sunyol, mès que un president

Agosto 5, 2022 0 Di Juri Gobbini

Era il tardo pomeriggio del 6 agosto 1936 quando una Ford nera si avventurò per le strade boscose dell’Alto del León, sulla Sierra de Guadaramma, circa 50 chilometri a nord-ovest di Madrid. Tre settimane prima si era prodotto il colpo di stato da parte delle truppe nazionaliste guidate dai generali Emilio Mola, José Sanjurjo e Francisco Franco, e dopo aver incontrato poca resistenza in alcune regioni, gli insorti avevano marciato verso Madrid con l’obbiettivo di conquistare la capitale. Tuttavia, le forze repubblicane avevano risposto con le rime, ricacciando indietro l’offensiva. Quello che doveva essere un conflitto lampo si trasformò così in una Guerra civile che per quasi tre anni avrebbe visto la Spagna divisa in due fazioni: nazionalisti e repubblicani.

Josep Sunyol e il contesto della guerra civile

La battaglia della Sierra de Guadarrama fu una delle prime della Guerra civile, e la vittoria delle forze repubblicane garantì la protezione di Madrid, che si arrese all’assiedo solo sul finale di marzo del 1939, quando la vittoria dei nazionalisti – che erano riusciti a conquistare quasi tutto il resto della Spagna – appariva inevitabile.

Erano quattro gli occupanti della Ford nera, fra loro Josep Sunyol, fondatore del giornale La Rambla e deputato eletto in parlamento con l’Esquerra Republicana Catalana, la sinistra catalana che appoggiava la repubblica. Con lui anche Pere Ventura, un ex calciatore che dopo aver giocato come portiere con l’Español all’inizio degli anni Venti era diventato cronista proprio per La Rambla, uno dei giornali più venduti a Barcelona in quegli anni. Ma Sunyol era molto di più di un semplice politico. In quel momento era infatti anche il presidente del Barcelona.

Di famiglia agiata, da ragazzino Sunyol anziché seguire le orme del padre, imprenditore nel settore dello zucchero, decise di avere nello zio Ildefons – avvocato e politico catalano – la sua figura di riferimento. Così, dopo essersi laureato in legge, Sunyol decise di mettersi in marcia, con il sogno di una Catalogna autonoma e di una Spagna liberata dall’inutile monarchia e dalla dittatura militare.

Gli anni Venti, infatti, erano stati abbastanza turbolenti. Nel 1923 il generale Miguel Primo de Rivera era salito al potere dopo un golpe, che aveva visto il Re Alfonso XIII mantenersi passivo di fronte all’insurrezione. L’atteggiamento del monarca non fu una sorpresa. In fin dei conti, il Re si sentiva più a suo agio circondato da militari in una dittatura che non a dover rendere conto a un parlamento e un governo eletto in democrazia.

Joan Gamper (immagine tratta da wikipedia)

In Catalogna, in particolare, la repressione fu brutale, e la dittatura mise a tacere tutti quelli che provarono a ribellarsi. Persino le attività del Barcelona furono sospese per sei mesi nel 1925, quando il pubblico dello stadio Les Corts aveva fischiato la Marcha Real, l’inno nazionale spagnolo, durante un’amichevole fra i blaugrana e lo Jupiter. Il regime “invitò” pure il presidente e fondatore Joan Gamper a tornarsene da dove era venuto. Successivamente gli fu concesso di tornare in città, a patto che non avesse più niente a che fare con il club. Tuttavia, la crisi economica del 1929 lo mandò sul lastrico. In preda a una profonda depressione, Gamper decise di suicidarsi il 30 luglio 1930 con un colpo di pistola lasciando un vuoto all’interno dell’istituzione blaugrana.

Consapevole che lo sport, e il Barcelona in particolar modo, lo avrebbe aiutato nelle sue ambizioni politiche, Sunyol divenne socio del club a metà degli anni Venti. Su questo era sicuramente un visionario: una trentina d’anni prima che il presidente blaugrana Narcís de Carreras pronunciasse la famosa frase dove definiva il Barcelonamás que un club de fútbol” – diventato “més que un club” dopo la liberazione dell’uso del catalano – Sunyol aveva capito l’importanza del calcio e il suo impatto sulla cittadinanza, e su come i club sarebbero diventati un importante veicolo sociale, specie in realtà conflittuali come quella della Catalogna.

Il giornale La Rambla e l’impegno politico

Nel frattempo, Sunyol aveva fondato il giornale La Rambla, il cui motto era Deporte y ciudadanía, e dove si parlava sia di sport che di politica. Non solo notizie ma anche riflessioni sulla situazione sociale della Spagna e della Catalogna, visto che all’inizio degli anni Trenta, con la Dittatura di Primo de Rivera agli sgoccioli, era emersa a Barcelona una nuova corrente politica, catalana, repubblicana e con idee di sinistra.

Un gruppo capitanato da Lluís Companys e Francesc Macía, quest’ultimo appena rientrato in patria dopo un esilio, e che entrò in contrapposizione con il catalanismo classico della Lliga Regionalista, guidata dal conservatore Francisco Cambó e che appoggiava invece la monarchia, oltre che la borghesia catalana. Al contrario della propria estrazione sociale, anziché appoggiare Cambó, Sunyol decise invece di allinearsi a sinistra, affascinato dalle ideologie di Macía, entrando così a far parte dell’Esquerra Republicana Catalana.

Stampa, sport ed adesso politica. Per Sunyol un coinvolgimento totale in prima persona, una possibilità diretta di incidere nella costruzione di una nuova Catalogna e una Spagna migliore seguendo l’esempio di Tomas Masaryk, il padre della Cecoslovacchia, la quale era diventata uno stato indipendente dopo la scissione dall’Impero Austro-Ungarico.

Malgrado la vittoria repubblicana nel 1931, e i buoni propositi di un Paese migliore e democratico, la Spagna rimaneva comunque ancora una nazione senza una precisa identità politica. Nel 1933 Macía morì di peritonite. E nello stesso anno, prendendo spunto dal fascismo italiano e dal nazismo tedesco, venne fondata la Falange Española, un partito di estrema destra. Le elezioni del 1934 videro subito un ribaltone con la vittoria di una coalizione di destra, il che coincise anche con una escalation della violenza nelle strade e l’inizio di spedizioni punitive contro avversari politici, di entrambi le fazioni.

Dalla politica al calcio: la presidenza del Barcelona

Proprio nei giorni successivi alle elezioni, in tutto il Paese andò in scena uno sciopero generale, che in molte zone sfociò in veri e propri scontri fra scioperanti e forze armate con tanto di morti, feriti e diversi arresti. A Barcelona la faccenda risultò particolarmente calda e culminò addirittura con la proclamazione di uno Stato Catalano all’interno della Repubblica spagnola, il che fece scattare la violenta risposta da parte del Governo repubblicano, che adesso era pieno di uomini di destra e militari.

Sunyol, al contrario di Companys, scampò alla cattura in quanto si trovava in Svizzera per motivi di salute. Fu lui a riorganizzare l’Esquerra Republicana Catalana per elezioni del 1936, che videro trionfare di nuovo la sinistra, con un ennesimo rovescio politico che di sicuro riportava un po’ di democrazia nel Paese, ma non certo la stabilità.

Una foto che coniuga l’impegno politico di Josep Sunyol con quello sportivo di presidente del Barcelona (immagine tratta da sapiens.cat)

Nel frattempo, Sunyol era diventato anche presidente del Barcelona. Un incarico che in un primo momento aveva cercato di non coprire, per evitare un sovraccarico di impegni, anche se di fatto era lui a muovere le redini. Il club, infatti, dopo la perdita di Gamper era alla disperata ricerca di un faro, di un leader dalle capacità organizzative e dallo spessore tale da far rialzare la china ai blaugrana. Il Barcelona non stava attraversando un gran periodo, né a livello economico né sul piano dei risultati sportivi. Dal 1929, anno in cui vinse la Liga, non conquistava nessun trofeo a livello nazionale. Nel 1935 Sunyol finalmente accettò la petizione dei soci, e fu lui a contrattare l’allenatore irlandese Patrick O’Connell, fresco di vittoria nella Liga con il Betis Sevilla.

Annusando la delicata aria che si respirava, giusto nel luglio 1936 Sunyol aveva dichiarato al Mundo Deportivo le proprie intenzioni di lasciare in futuro l’incarico di presidente del Barcelona. Per lui, tutto quello che non aveva a che fare con la difesa della Repubblica stava iniziando a passare in secondo piano. Il suo senso del dovere politico lo aveva portato così a Madrid per verificare sul posto gli sviluppi della Guerra civile, così come l’audacia lo aveva spinto fino sulla Sierra di Guadarrama.

La morte di Josep Sunyol

Sunyol non era comunque il primo politico che si recava in trincea per dare l’appoggio alle truppe. Dopo l’inizio del conflitto e la brillante risposta delle forze repubblicane, in molti si erano recati sul luogo per complimentarsi con i soldati, una maniera di stare vicini alle proprie forze armate, oltre che un modo per farsi un po’ di pubblicità per l’elettorato.

Tuttavia, ad inizio di agosto del 1936 la linea di confine non era chiara, ed avventurarsi sull’Alto del León poteva risultare pericoloso. Così, quando l’auto sulla quale viaggiava Sunyol venne fermata, i quattro si resero subito conto di aver commesso un tragico errore. Il classico grido “Viva la Repubblica” fu inutile, perché quelli davanti a loro erano militari del bando nazionalista, i quali li condussero a una casetta di pietra situata ai bordi della strada – conosciuta poi come la Casilla de la Muerte [Casetta della Morte] – dove procedettero alla fucilazione. I loro corpi furono gettati in una fossa comune e mai ritrovati.

La scomparsa di Sunyol venne subito rivendicata, sia dal suo partito che dal giornale La Rambla, oltre che dal Barcelona. Solo qualche mese dopo, attraverso dei racconti, la sua morte venne confermata. Ciò nonostante, Sunyol rimase per molto tempo oggetto di mistero. All’epoca della dittatura di Franco, il suo nome divenne addirittura tabù, sparito dalla storia e quasi dimenticato da tutti, perfino dal Barcelona, che durante la presidenza José Luis Núñez cercò di non farsi mai coinvolgere. Anche la famiglia – il figlio Josep-Ildefons Suñol è stato un riconosciuto collezionista d’arte – ha sempre preferito onorare il proprio lutto in silenzio e lontano dai riflettori, incluso usando la versione del proprio cognome in castigliano, anziché quella in catalano.

La lapide in memoria di Josep Sunyol (foto tratta dal blog “this day in football history”)

Negli anni Novanta, comunque, un gruppo di investigazione iniziò a far luce sugli eventi, ricostruiti grazie anche a documenti relativi alla Guerra civile. Il Catalanismo moderno ha abbracciato la figura di Sunyol come quella di un martire ucciso in nome della Catalogna, mentre sulla Sierra di Guadarrama è stata posta una pietra in suo onore. Finalmente, anche il Barcelona decise di onorare la figura Sunyol, ridandogli il suo meritato spazio nella sua storia, per quello che era stato mès que un … president.

 

Testo di Juri Gobbini, autore della pagina Facebook Storia del Calcio Spagnolo e del libro “La Quinta del Buitre”.

Immagine di copertina tratta dall’account twitter @CarlesVinyas