Eravamo giovani e forti in Portogallo

Eravamo giovani e forti in Portogallo

Ottobre 3, 2022 0 Di Massimo Bencivenga

Tre luglio 2004

Le note dolenti del fado, di più suonatori di fado a volerla dire tutta, si mescolavano l’una all’altra, l’una sull’altra e dentro l’altra, creando nuove e delicate assonanze per quanti, come la giovane coppia, cenavano nei dehors dei ristoranti affacciati su Praça do Comercio. La prospettiva all’aperto rendeva la piazza ancora più maestosa e regale, a dispetto della primeva intenzione mercantile.   

«Per quale civiltà tiferai domani sera?» chiese la ragazza.

«Non ho ancora deciso » rispose evasivo il ragazzo.
La ragazza smise di mangiare il suo baccalà mantecato con capperi, puré di patate al limone e, con languida eleganza, portò il bicchiere di vino alle labbra. 

«Mi sa che stasera vai a letto senza cena » disse, mettendo su uno sguardo del tutto simile a quello del gatto che gioca con il topo.
«Perché? Non stiamo già cenando?» ribatté il ragazzo.
«Questo è un antipasto » rispose guardandolo attraverso il vetro del bicchiere.
«Sai cosa mi fa rabbia? Che io ero convinto che l’Italia potesse far bene a questo Europeo, e invece per via di una…»
«Perché?» inquisì lei
«Perché cosa?»
Lei bevve un altro sorso e chiese come mai avesse quella convinzione. 

«Perché questa è una generazione di campioni. Raramente abbiamo avuto una simile messe di talenti e…»
Pausa.
«E una volta ci strozzano in gola l’urlo della vittoria nel recupero; un’altra volta ci si mette un arbitro cornuto; adesso un accordo scandinavo. Questi calciatori sono quelli che hanno vinto quattro Europei Under 21, ma adesso rischiano di restare all’asciutto da grandi. Anche perché l’età avanza e chissà se… Forse non ci rimarrà che ricordare, tra qualche anno, di quanto eravamo forti in Portogallo.»
«Io invece sento vibrazioni positive» sorrise la ragazza, che si chiamava Fátima Alves de Noronha. 

I due si erano conosciuti qualche settimana prima, in una bella giornata di Maggio, di quelle che in Portogallo odorano del profumo dei fiori portato in circolo dal soffio dell’Atlantico. Una bella giornata, calda e ventosa a un tempo. E da una ventina di giorni facevano coppia, nell’accezione che si può dare a una laison messa su da una giovane laureata portoghese e da un laureando italiano che, complice l’Erasmus e una influenza, s’incontrano per caso.

Mimmo Di Santo, laureando in Filosofia a Napoli e grecista appassionato, per l’Erasmus avrebbe preferito Coimbra, per via della sua bellissima biblioteca, ma dovette ripiegare sulla Universidade NOVA de Lisboa. E quel bel giorno di Maggio aveva deciso di fare un salto a Sintra per visitare la Quinta da Regaleira. Da otto mesi spopolava infatti il libro di Dan Brown, con conseguente e prepotente revival dell’esoterismo tout court.

Ed è difficile trovare in Europa, e ça va sans dire nel resto del mondo, un sito più esoterico della costruzione pensata dall’architetto italiano Manini su commissione di António Augusto Carvalho Monteiro. I visitatori erano pochi, e così Mimmo poté avere il tempo di bighellonare in giro, dopo aver seguito il cammino iniziatico ben esposto da Fátima. Era seduto su una panchina, quando la guida lo raggiunse. 
«Spero che abbia capito abbastanza. Di solito parlo in inglese, ma oggi erano quasi tutti portoghesi e allora…» esordì in inglese.

«Nessun problema, ho capito quanto basta » le rispose in portoghese.
«Ah sì?» fece lei, inarcando le sopracciglia in quel gesto sensuale che sarebbe diventato parte del mondo di Mimmo.
«E allora, mi dica cosa rappresentano queste due sculture?»
Mimmo osservò un dittico composto da un levriero con accanto una donna provvista di una torcia. Scosse la testa. 

«Non sei stato attento» ridacchiò passando al tu e allungando una mano. «Io mi chiamo Fátima e ti presento Beatrice, la donna amata da Dante. Il cane forse rappresenta San Bernardo. Non ti ho forse detto che tutta questa tenuta altro non è che un omaggio in pietra all’Eneide, a I Lusiadi, a La Divina Commedia e a l’Hipnerotomachia Poliphili? »

Certo, forse l’aveva anche detto, ma Mimmo era stato molto preso dai suoi lunghi capelli neri, dalla sua bocca mobile e carnosa, pronta al sorriso, e dal suo corpo, incredibilmente sexy pur essendo vagamente androgino. E pensare che quel giorno lei, che lavorava nella capitale, era a Sintra come sostituta.
«Mimmo » farfugliò lui. Inghiottì la saliva e s’impose di pensare a come arrivare al suo cuore. Trovò le parole. 

«Stiamo vivendo un gran periodo. L’economia è in crescita, c’è euforia in giro e non ci trattano più come gli sfigati d’Europa. Abbiamo anche vinto la Champions League, con la vittoria di domani sera diremo al mondo che siamo tornati a essere una grande nazione.»
«Tutte cose che si potrebbero dire, Champions a parte, anche per la Grecia. Quest’anno loro ospitano le Olimpiadi.»
«Stanotte vuoi dormire sul divano », ridacchiò.       

Quattro luglio 2004        

Invece dormirono allacciati e nudi, con Mimmo che, insonne, alle tre di notte si ritrovò a sfiorare quella pelle color del miele selvatico. La sentì mugolare e la strinse a sé. Lei si mosse nel sonno per aderire meglio a lui. Mimmo la strinse forte cercando di non pensare al momento dell’abbandono. 

Fátima non era roba sua. 

Non era di nessuno. 

Fátima apparteneva a se stessa. 

Accarezzò quel corpo cercando di non pensare al momento in cui non l’avrebbe più toccato. Sorrise al pensiero di quando una sera, prima di concedersi, Fátima lo costrinse ad ammettere che Fernando Pessoa poetava meglio di Dante Alighieri. Quella sera, Mimmo prostituì l’integrità intellettuale all’altare dell’amore fisico. Che poi, dopotutto, Pessoa così male non era, si disse a mo’ di scusa. Ormai sveglia, Fátima si girò di fianco puntellandosi su un gomito.
«Forse voi italiani avete davvero una marcia in più, altrimenti non spiega.»

«Cosa?»
«Il fatto che una come me stia con un tipo bassino, magro e peloso come te!» 

«Ho delle qualità nascoste.»
«No, ne hai solo una e ben evidente: la tua intelligenza. E per molte donne basta e avanza. Dormiamo adesso, che domani sera faremo tardi con i festeggiamenti.» 

Di prima mattina, Mimmo fece due navigazioni: la prima dalla camera da letto al salotto, evitando bicchieri, scarpe, cartoni di pizza e indumenti; e la seconda nel cyberspazio.
Fátima aveva un’ottima igiene personale, ma lasciava a desiderare come donna di casa, e lui era sempre stato il cocco di casa, il ragazzo del sud fuorisede che torna a casa dalla mamma che gli fa da cuoca e cameriera. Mentre effettuava la seconda navigazione avvertì il profumo di Fátima avvinarsi. Si voltò e la vide in canotta e short con una tazzona di latte in mano. Era in momenti come quelli che Mimmo si crucciava di non essere un pittore, di non saper disegnare l’amore e la bellezza.

«Allora, quanto hai guadagnato ieri?» ironizzò lei.
«Mmh, stando alle visite, una sessantina di centesimi.»
«Wow, allora stasera mi puoi portare al Tagide.» Che era il miglior locale del Barrio Alto, il quartiere dove lei era a pensione e dove s’era trasferito Mimmo.

«Ridi ridi. In questa cosa del blog ci credo sul serio, forse un giorno qualcuno diventerà milionario e ti ricrederai.»
Lei si allungò a sbirciare sul monitor e così facendo strusciò un capezzolo sulla spalla del ragazzo. Non aveva quasi seno, e su quel piattume i capezzoli s’ergevano spavaldi come due piccolo vulcani. Mimmo aveva avuto solo maggiorate, ma Fátima era una donna sensuale in una maniera unica e originale. Le abbracciò le gambe.
Ancora quella voglia di possesso.
Ancora quella voglia di volersi ancorare a lei. 

«Che cosa significa banausi
«I banausi nell’antica Atena erano i lavoratori di ogni tipo, pertanto disprezzati da chi, come Socrate e gli altri filosofi, passavano il tempo a filosofare. Per lavorare ad Atene c’erano gli schiavi; pensa che il disprezzo e l’appellativo di banausi furono appiccicati anche ad artisti come Fidia, Policleto e Prassitele. Essi avevano il torto di avere e praticare un mestiere.»

«Adesso capisco perché fai pochi soldi. A chi vuoi che interessino dei post del genere? Mettiti a scrivere di altro. Che so, di wags per esempio? Faresti più visite e soldi.» Così dicendo si rabbuiò e andò alla finestra. Mimmo la seguì, la cinse da dietro e poggiò la testa sulla spalle. La sentì singhiozzare.
«Perché piangi?»
«Piango per il Portogallo. Perché non sappiamo apprezzarci? Perché facciamo a gara nello sminuirci? I greci erano schiavisti, eppure tutto il mondo apprezza la loro cultura.» Ansimava e guardava verso la torre di Belém.

«Se gli italiani e i greci hanno regalato al mondo l’arte e la democrazia, allora noi portoghesi abbiamo dato… il Mondo al mondo. Siamo noi che abbiamo allargato il mondo. Magellano ne ha misurato i limiti. Eppure pochi al mondo conoscono il grande ammiraglio Duarte Pacheco Pereira, il Leonardo da Vinci dei navigatori, l’uomo che per primo misurò con precisione il grado terrestre, la longitudine, senza l’uso di un orologio.

Per il mondo ci siete voi, i greci, i francesi, gli inglesi, gli spagnoli, anche gli olandesi. Ma quasi nessuno si ricorda del Portogallo, dimenticando che l’epica delle Scoperte è essenzialmente una epopea tutta portoghese.»
Pausa.
«Ecco perché stasera dobbiamo battere la Grecia.»
C’era del vero in quel che diceva.
«Ce la farete, avete ottimi calciatori come Figo, Rui Costa, Cristiano Ronaldo.»
Lei fece una smorfia e replicò: «Figo va bene, è un leader. Ronaldo per adesso mi sembra più bello che bravo, ma…»
«Ma?»
«Rui Costa non mi piace e sai perché? Perché è geniale e… perdente! Lui è il paradigma vivente dell’incompiuto genio lusitano. Per fortuna pare che non giocherà titolare.»  

Dalla disfatta alla Vitória! 

Dopo aver cenato un po’ prima e in maniera frugale, si posizionarono sul divano. Fátima era visibilmente commossa durante l’inno nazionale.  
«Ho deciso di tifare Portogallo » annunciò Mimmo.
«Paraculo » lo apostrofò Fátima, pienamente compresa nell’agone. 
Mezz’ora dopo, Fátima si sciolse dall’abbraccio di Mimmo e andò a sedersi, gambe al ginocchio, in un angolo del divano. Mimmo la vide compiere un’azione inedita: Fátima si mangiucchiava le unghie. 

Ne aveva ben donde: le cose non stavano andando come sperava. Neanche male, eh! 

Il Portogallo faceva la partita, ma i greci si difendevano in maniera ordinata e fortemente cooperativa.
«Ma dimmi un po’ tu che ne capisci. Ma chi cazzo sono questi? Hanno mai giocato in questo modo?» sbottò Fátima. Mimmo avrebbe voluto rispondere che a volte capitavano exploit da un mese. 

Il mese della vita. 

Era successo nel 1992 con la Danimarca, per esempio. 

Questo avrebbe voluto e dovuto dirle, ma si limitò a scrollare le spalle. 

Il secondo tempo fu seguito con la cupa rassegnazione a qualcosa di ineluttabile. Il Fato sembrava cospirare contro il Portogallo, al quale, per consolarsi, aveva regalato il fado. 

Il gol di Charisteas venne accolto come facente parte di un ordine naturale delle cose che escludeva sempre il Portogallo. 

Fátima si affacciò alla finestra sull’orlo delle lacrime. 

Dieci luglio 2016.

Il messaggio WhatsApp era stringatissimo. 

Vitória! 

Mimmo Di Santo sorrise nel leggere il messaggio. 

Decise di chiamarla. 

Le moderne telecomunicazioni consentivano di restare in contatto. 

A patto di volerlo. 

Mimmo non era sposato, mentre Fátima girava il mondo con i soldi che le passava l’ex marito, un piccolo industriale che aveva visto le sue ambizioni calare con il montare della crisi economica.

«Ciao Mimmo, hai visto? Abbiamo vinto quando abbiamo rinunciato a essere belli. Anche la Francia come noi era pronta a una serata di sballo e invece…»
«Invece avete fatto come la Grecia! Ma dove sei?»
«Al sole dei Caraibi. A Saint-Barthélemy!»
«L’Italia invece questa volta non era granché, ma buttando il cuore oltre l’ostacolo siamo riusciti a far meglio di quando giocammo in Portogallo. In Portogallo sì che eravamo forti. Ascolta…»
«Sì!»
«Dovremmo vederci una volta di queste… »
«Ah, Mimmo Mimmo! Le cose cambiano. Eravamo giovani e forti in Portogallo. Adesso… adesso siamo grandi e alcune magie non riescono e non stupiscono più. »     

 

Testo di Massimo Bencivenga. Appassionato scrittore, ha pubblicato da poco “Scegli, lotta, vinci!”

Immagine di copertina: Europe 1.