Intervista ad Alex Cizmic: il calcio africano e la sua Kura Tawila

Intervista ad Alex Cizmic: il calcio africano e la sua Kura Tawila

Novembre 20, 2022 0 Di Luca Sisto

Alex Cizmic è un giornalista freelance, esperto di calcio africano e creatore della newsletter Kura Tawila (ci si può abbonare qui). A gennaio, è stato l’unico giornalista italiano a recarsi in Camerun come inviato, per la Coppa d’Africa, di diverse testate internazionali e di Radio Sportiva.

La nostra testata è da sempre attenta a tutto ciò che accade in Africa, soprattutto in fatto di nazionali e di calciatori che, in un modo o nell’altro, hanno lasciato il segno all’interno e al di fuori del continente. Questa intervista è pertanto il modo migliore di avvicinarci all’esordio mondiale delle selezioni africane.

Ciao Alex, grazie per essere con noi. Sei uno dei massimi esperti di calcio africano in Italia, nonché l’unico ad aver partecipato da inviato all’ultima Coppa d’Africa. A che punto è a tuo giudizio il calcio in Africa subsahariana, quanto a strutture e organizzazione?

Il calcio è ancora a un livello troppo basso, soprattutto in Africa subsahariana, da un punto di vista delle infrastrutture e delle organizzazioni. Gli unici campionati che si trovano ad un livello accettabile sono quello sudafricano e quello tanzaniano. Il Sudafrica è una delle tre economie più forti e stabili del Continente. Mentre in Tanzania l’amministrazione federale e i dirigenti delle migliori squadre locali (Simba, Azam, Young Africans), hanno iniziato a trattare il campionato locale come un vero prodotto di business, lavorando sulla professionalizzazione e sul marketing, anche attraverso i social media. Per quanto riguarda il resto dell’Africa subsahariana, siamo ancora troppo indietro. Ed è paradossale, in particolar modo se si raffronta il livello delle nazionali più blasonate come Camerun, Senegal e Nigeria.

Come nasce Kura Tawila e che spazio può avere il calcio africano in Italia?

Kura Tawila è un po’ il seguito del progetto del sito di Calcio Africano, un progetto che ho portato avanti per due anni, fra il 2018 e il 2020, insieme a Vincenzo Lacerenza. L’intento è rimasto lo stesso, ma sotto una veste più personale, trattandosi di una newsletter. L’obiettivo è quello di guardare all’interno del calcio africano con lenti diverse, decolonizzate. Spero di costruire la “casa” del calcio africano in Italia, ospitando chiunque lo voglia, in particolare le seconde generazioni, che molto spesso sono legate attraverso la squadra del cuore al Paese di origini dei propri genitori e nonni.

È arrivato il momento di superare stereotipi e narrazioni stantie sul calcio africano. Che contributo dovrebbe dare il giornalismo italiano, in un momento in cui il contesto politico sembra virare nella direzione opposta alla conoscenza e all’accettazione dell’altro?

Il giornalismo dovrebbe “fare il giornalismo”. Approfondire, contestualizzare, fornire un servizio vero e proprio alla collettività, senza stereotipi. Ma questo sarà difficile se nelle redazioni non ci sarà diversità, se non saranno presenti persone con un background migratorio proveniente dal continente africano, che conoscono meglio quelle realtà e possono parlarne con cognizione di causa.

Qual è il calciatore o lo sportivo africano che ritieni ti abbia ispirato maggiormente nella tua passione per questo settore?

In realtà non c’è uno sportivo africano o un calciatore nello specifico, che abbia alimentato la mia passione. Quest’ultima è in realtà sospinta dalla curiosità e dalla voglia di conoscere quello che è il continente più bistrattato, marginalizzato ed escluso. Perlomeno all’interno del nostro Paese e del Vecchio Continente.

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Quale nazionale africana potrebbe andare più avanti in questi Mondiali? E qual è invece la federazione nazionale che sta lavorando meglio in vista del futuro, come settore giovanile?

Sicuramente il Senegal di Aliou Cisse, pur non avendo recuperato Sadio Mané. I senegalesi sono capitati nel girone più abbordabile (con i padroni di casa del Qatar, l’Olanda e l’Ecuador). Anche un eventuale accoppiamento negli ottavi di finale non sembrerebbe proibitivo. Sono i campioni d’Africa in carica, con lo stesso allenatore dal 2015 e hanno un impianto di gioco consolidato. Credo sia la nazionale africana che possa far meglio.
Per quanto concerne la nazionale, o meglio la federazione, che sta lavorando meglio in prospettiva, sottolineerei, come ho scritto sulla rivista sportiva spagnola Panenka, il Marocco. Stanno puntando moltissimo sulle infrastrutture e sulle accademie per i giovani calciatori. E hanno creato un dipartimento di scouting in giro per l’Europa in grado di scovare i migliori talenti della diaspora.

Qual è lo stimolo che ti ha spinto ad intraprendere la carriera di giornalista freelance con particolare riguardo all’Africa (e non solo, visti i tuoi lavori su Bosnia e Haiti)?

Mi sono chiesto spesso perché ci fosse così poco interesse verso il continente africano. Per quale motivo venisse raccontato solo come un luogo esotico, in cui accadevano episodi ai nostri occhi strambi. Trattato sempre in modo macchiettistico, come se fosse (non solo dal punto di vista calcistico) privo di qualunque importanza, o di personaggi in grado di fare la differenza nella storia. Personalmente, sono cresciuto in un palazzo multietnico a Porto Recanati, in provincia di Macerata, che si chiama Hotel House. Con tantissime persone provenienti dai più disparati Paesi africani. Ciò probabilmente ha contribuito a sviluppare questa passione e questa sensibilità.

 

Immagine di copertina: logo di Kura Tawila, la newsletter sul calcio africano di Alex Cizmic, che la redazione ringrazia per la disponibilità e la cortesia professionale.