La playlist dei Mondiali: week 1

La playlist dei Mondiali: week 1

Novembre 25, 2022 0 Di Luca Sisto

La playlist dei Mondiali è una rubrica che ci accompagnerà durante Qatar 2022. Assoceremo ogni evento alla sua musica. Questa è relativa alla prima settimana, e i Clash, per uno strano scherzo del destino, la faranno da padrone con ben due pezzi.

Rock the Casbah (The Clash)

Partiamo dalla più prevedibile. Scenari desertici ma colorati. Sceicchi e trivelle di estrazione del petrolio. Nessun pezzo come questo dei Clash avrebbe potuto introdurci ai Mondiali in Qatar. Se la cerimonia inaugurale ha ricordato più quella di un’Olimpiade che di un Mondiale, con la canzone ufficiale cantata dalla superstar coreana del gruppo BTS, Jeon Jung-kook, e dal qatariota Fahad Al-Kubaisi, e la mascotte che sembra un fantasmino appena uscito da Ghostbusters, guardandola con occhi occidentali, sorpresi dalla presenza di Morgan Freeman in qualità di master of ceremony, non possiamo che pensare ad una cosa: in Qatar potranno esser capaci di comprare tutto, ma il calcio non gli apparterrà mai veramente.

Bello e impossibile (Gianna Nannini)

A giocare un brutto scherzo all’Argentina, tra le favorite della manifestazione, ci ha pensato la clamorosa sveglia di Herve Renard e della sua Arabia Saudita. Il discorso con cui sprona i suoi a rimontare nell’intervallo è già leggenda. Senza scomodare Al Pacino, il “santone” bello e impossibile, che si è risposato con la vedova di Bruno Metsu (e sappiamo quanto questi rituali abbiano un senso di incredibile spiritualità, non solo in Africa), è riuscito a convincere i suoi che l’Argentina era battibile. Che non avrebbero dovuto avere timore reverenziale di Messi. E l’aggressività con cui l’Arabia Saudita è rientrata in campo nel secondo tempo, dopo aver rischiato di prendere almeno altri due gol nel primo, annullati dal VAR per fuorigioco millimetrici, ha senza dubbio dimostrato che ai Mondiali nessuno può rilassarsi. Neanche per un attimo. Neppure se ti chiami Messi e stai inseguendo l’unica competizione che ti manca in bacheca.

The Revolution will not be televised (Gil Scott-Heron)

Un paio d’anni fa, mi accorsi che la scomparsa di Gil Scott-Heron, uno dei miei idoli, nonché precursore di tutta una serie di stili, generi musicali e modi di essere, di vivere, era passata pressoché sotto silenzio. E sotto silenzio mediatico spesso passano le vere rivoluzioni, nei Paesi dove queste hanno luogo.

All’esterno però, la globalizzazione informatica tende a tenerci al corrente minuto per minuto di ogni avvenimento. Non tutto, purtroppo, nel mondo della post-truth, è reale, e non è sempre facile discernere verità da propaganda. Ma è necessario dare voce a chi non può gridare. Quello che sta accadendo in Iran, ha portato i calciatori della nazionale ad una simbolica protesta, non cantando l’inno del Paese. Un rischio notevole, dati i tempi che corrono a Teheran.

I tedeschi, dal canto loro, hanno deciso di coprirsi la bocca nella foto ufficiale di squadra, nel pre-partita della gara inopinatamente persa contro il Giappone. La protesta, in questo caso, riguardava l’impossibilità di utilizzare la fascia “One Love”, simbolo dei diritti LGBT. In tribuna, intanto, Infantino sedeva accanto a Nancy Faeser, Ministra degli Interni tedesca, che indossava la fascia. Il presidente della FIFA si è scagliato contro il presunto “doppiopesismo” dei media occidentali, invitando tutti ad un maggiore rispetto delle regole. La sua politica, del resto, è sempre stata improntata ad un allargamento del bacino d’utenza del calcio anche a realtà senza alcuna tradizione. Ma il centro del calcio, per dirla col Guardian, è sempre più ancorato all’Europa, oggetto del contendere con la UEFA.

La protesta dei tedeschi (fonte adnkronos)

La rivoluzione non sarà ripresa dalla TV, ma i messaggi sono arrivati, tutti.

Spanish Bombs (The Clash)

Le bombe spagnole si sono abbattute sulla Costa Rica (“Spanish bombs, on the Costa Rica”). Per fortuna, stavolta non si tratta di guerra, ma il brano dei Clash, incluso nell’album London Calling, uno dei più influenti della storia del rock, è stato profetico.

La banda di Luis Enrique ha seppellito Navas e compagni sotto una caterva di reti, ben 7. E con questa dimostrazione di forza si candida tra le favorite d’obbligo della rassegna, nonostante l’assenza di un vero centravanti. Gavi, Asensio, Pedri e compagnia hanno fatto capire che per la Coppa ci sono anche loro, e non era così scontato. Anche se l’avversario più pericoloso sembra essere un Brasile che da anni non appariva così in palla, con tutti i migliori calciatori offensivi in campo contemporaneamente e un Richarlison tornato in formato deluxe, già autore del gol dei Mondiali contro la Serbia.

Who wants to live forever (Queen)

Cristiano Ronaldo, col suo rigore contro il Ghana, è diventato il primo calciatore a segnare almeno un gol in cinque diversi Mondiali. CR5, per citare uno dei pezzi della guida ai Mondiali di Sottoporta (acquistabile qui), sta provando a lasciarsi alle spalle le polemiche degli ultimi giorni, riportando il calcio giocato al centro del villaggio.

I Mondiali, del resto, sono la manifestazione che più di tutte può regalare l’immortalità calcistica. Vero che Messi e Cristiano non ne avrebbero bisogno per essere ricordati fra i migliori. Ma vuoi mettere sollevare la coppa più importante del mondo, anche al tramonto di una carriera leggendaria?

Clandestino (Manu Chao)

Sono oltre 6500 gli operai, perlopiù migranti del Sudest asiatico, che hanno trovato la morte costruendo gli stadi del Qatar. Ma il pezzo di Manu Chao ci viene in soccorso anche per un argomento sempre più pressante nel calcio moderno. Ovvero, i calciatori nati in un Paese, ma che rappresentano la nazionale del Paese adottivo. Breel Embolo ha segnato contro il Camerun, senza esultare, consentendo alla Svizzera di battere la selezione del Paese in cui è nato e ha vissuto fino ai 6 anni, prima di emigrare a Basilea con la madre. Decisamente, è questo anche il Mondiale dei rifugiati. Solo con l’Australia sono ben tre i calciatori di origine sudsudanese, figli della diaspora dinka nei campi profughi sparsi per l’Africa, Kenya perlopiù.

Ed è curioso notare come le nazionali siano sempre più vicine all’idea di recruiting dei club. Se le africane cercano in giro per il mondo i figli della diasporale europee (ma non solo, vedi lo stesso Qatar) offrono ai giovani calciatori un futuro migliore, un matrimonio di convenienza per tutti.

Wish you were here (Pink Floyd)

L’assenza di Benzema, il pallone d’oro campione di tutto col Real Madrid, al di là del dispiacere per il calciatore e per lo spettacolo che mostra in campo, può non essere un problema per la Francia. Del resto, con Giroud centravanti, i francesi hanno già vinto gli ultimi Mondiali. L’attaccante del Milan si è subito disimpegnato con una doppietta contro l’Australia, dopo essere rimasto a secco in Russia, poco male insomma.

Più pesante l’infortunio di Mané, invece. Il Senegal, probabilmente col Marocco la selezione africana più forte, ha perso la propria punta di diamante.

Infine, questo è il primo Mondiale senza Diego Maradona, che se ne è andato oggi, due anni fa.

Che la Mano de Dios accompagni il calcio giocato, e i Mondiali, sempre.

 

Immagine di copertina tratta da Marca