Vincent Aboubakar: ci vuole un leone per domare un leone
Dicembre 3, 2022“Non corre più veloce l’uomo che ha visto il leone, ma l’uomo che è stato visto dal leone”
Rigobert Song (conferenza stampa post-Camerun vs Svizzera)
Quando l’uomo vede il Leone
A quattro giorni dal mio matrimonio, nell’ottobre 2016, il Napoli ospitava in Champions League il Besiktas al San Paolo. Il centravanti dei turchi era l’ex Porto, Vincent Aboubakar. Da tifoso del Napoli e del Camerun, esclusa l’ansia per l’imminente evento, mi sentivo abbastanza tranquillo. Forse, sottovalutavo la forma del leone, per una volta avversario, e la proverbiale sindrome autodistruttiva della mia squadra del cuore. Inutile a dirsi, Aboubakar segnò una doppietta e i turchi vinsero 3-2.
Neppure un anno più tardi, il Camerun vinceva la Coppa d’Africa, l’ultima della sua storia recente, anche grazie alla rete decisiva in finale del buon Vincent, subentrato a Tambe nella ripresa per togliere le castagne dal fuoco ai suoi contro l’Egitto.
E che dire dell’ultima edizione della Coppa d’Africa, ospitata dal Camerun. Questa volta, Aboubakar era stato richiamato dal portoghese Conceição, dal suo buen retiro dei floridi lidi sauditi dell’Al Nassr. Come un novello Roger Milla, il capitano ha trascinato i suoi da capocannoniere fino alla semifinale, persa ai rigori contro l’Egitto. E nella finalina per il terzo posto, contro il Burkina Faso, è entrato con i suoi sotto di tre gol, pareggiando la partita con una doppietta negli ultimi cinque minuti, realizzando infine il proprio rigore nella lotteria dei penalty grazie alla quale il Camerun ha agguantato il terzo posto.
Scatti sul filo del fuorigioco. Strapotere fisico. Controllo di palla impeccabile. Staffilate imparabili miste a colpi di classe da leone astuto, bomber part-time che si esalta in nazionale. Se pensate sia un film già visto, non andrete molto lontano dal vero. Chiedere alla Serbia, a Vanja Milinković-Savić e al Brasile.
Quando il leone vede l’uomo
Ci vuole un leone per domare un leone. Lo sa bene lo stesso Camerun, quello dei Leoni Indomabili, che in questa Coppa del Mondo ha perso solo una partita, purtroppo decisiva. La prima.
E di chi è stata la firma del gol svizzero? Di Breel Embolo, nato in Camerun, a Yaoundé. Lo stesso Embolo, inoltre, ha guidato la riscossa col gol del momentaneo 2-2 della Svizzera contro la Serbia, prima che, nella seconda frazione, Remo Freuler portasse a casa, col gol del 3-2, tre punti fondamentali per il passaggio del turno dei suoi. Serbia che capitola ancora contro la svizzera dei kosovari Shaqiri (di nuovo in gol come a Euro 2016, stavolta zittendo il pubblico col dito ma senza il gesto dell’aquila albanese) e Xhaka.
Vana, la straordinaria vittoria del Camerun contro il Brasile, con un colpo di testa micidiale di Aboubakar, e chi se no, al minuto novanta e rotti. Ammonito poco prima, Vincent si è tolto la maglia a mostrare i muscoli, neanche troppo tesi per essere un leone ultratrentenne. Veni, vidi, vici. Doppio giallo, e il suo Mondiale finisce poco prima del fischio finale dell’arbitro. Eppure, l’impresa più grande, a nostro umile giudizio, non è stata questa.
🇨🇲 MATCHWINNER 🆚🇧🇷
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— UEFA.com DE (@UEFAcom_de) December 2, 2022
Già, perché ancora una volta Aboubakar non ha cominciato la competizione da titolare. Nel 4-3-3 con cui Rigobert Song ha disegnato i suoi nella prima gara contro la Svizzera, il posto di centravanti era appannaggio di Choupo Moting del Bayern, in gran forma.
Una volta subita la sconfitta contro il solito muro svizzero eretto da Sommer, il Camerun aveva iniziato al meglio contro la Serbia, passando in vantaggio con il gol di Castelletto sugli sviluppi di un calcio d’angolo spizzato da Nkoulou.
La reazione dei serbi non si era fatta attendere, in perfetto stile balcanico “fai e disfa”. Due gol nel recupero del primo tempo e un terzo, in contropiede, a inizio ripresa. Tre a uno Serbia e partita finita? Assolutamente no. Rigobert Song cambia spartito, passando al 4-4-2 e inserendo Aboubakar al fianco di Choupo Moting.
Lo scatto sul filo del fuorigioco con cui il vecchio leone brucia l’altissima difesa serba valeva già il prezzo dell’ingresso. Ma Vincent Aboubakar ha fatto di più, molto di più. Finta clamorosa a sdraiare a terra il tentativo di recupero di Nemanja Maksimović, per ritrovarsi solo davanti a Vanja Milinković-Savić. La palla vicina al proprio corpo e un portiere di oltre due metri a una manciata di centimetri da lui.
Aboubakar, forse spinto dal proprio subconscio, riteneva magari di essere in fuorigioco. Impossibile dirlo, la sensazione di chi vi scrive è stata questa. La palla poteva entrare in rete in un solo modo, ma per rendere possibile quel gol, il leone è tornato fanciullo. Si sarà ricordato dei palloni fatti di stracci, presi a calci nelle strade impolverate di Yaoundé. Quei palloni che sembrano non allontanarsi mai dal proprio corpo, e per sollevarli hai bisogno di mettere il piede ben saldo sotto di essi, e lasciar andare la gamba con morbidezza.
Si è fermato un istante, un gigantesco leone serbo davanti a lui e il proprio “io” bambino che gli passa per un microsecondo attraverso il cervello. Scavetto, con palla a campanile, altissima, che rimbalza gonfiando la parte alta della rete. Un gol incredibile, che l’avessero fatto Messi e Cristiano Ronaldo staremmo qui a piangere per settimane, sprecando fiumi d’inchiostro.
Un gol che grida “Yaoundé, il vecchio leone è qui per te”.
Grazie Vincent, allez les lions indomptables.
Immagine di copertina: Squawka News via Twitter