Intervista a Edgar Çani: le due anime di un centravanti

Intervista a Edgar Çani: le due anime di un centravanti

Gennaio 13, 2023 0 Di Nicola Luperini

Quando si pensa all’ondata migratoria albanese in Italia dei primi anni ’90, la mente va subito alle immagini più celebri. Quelle del 1991. Il mercantile Vlora, carico di canna da zucchero proveniente da Cuba, assaltato al porto di Durazzo da decine di migliaia di albanesi, che inverte la rotta e trasporta quella massa di uomini e donne carichi di bagagli e di speranze verso l’Italia. L’arrivo in banchina, nel porto di Bari, segnava un confine temporale, sia per l’Italia che per l’Albania: per quest’ultima era appena finita l’epoca comunista.

Qualcuno, però, aveva già iniziato a solcare i 235 chilometri di Mare Adriatico che dividono le due nazioni anche prima che gli sbarchi diventassero così fortemente riconoscibili.

E’ il caso di Edgar Ҫani e della sua famiglia.

Adesso il popolo del calcio conosce Ҫani come un attaccante grande e grosso, forte di testa e con un mancino potente. Edgar però è stato anche un bambino che nel 1990 arrivò a Bari da una madrepatria che non aveva neanche avuto il tempo di conoscere o di memorizzare.

Non avevo neanche un anno quando arrivammo a Bari, io e la mia famiglia. Ovviamente non ricordo niente di quei giorni, ad aiutarmi a ricostruire quei momenti sono state solo le fotografie dell’epoca e i racconti dei miei. Sono stati momenti molto intensi, duri ma pieni di speranza. Davanti a noi si apriva un mondo nuovo, che dovevamo conoscere e scoprire. Non sapevamo cosa ci avrebbe regalato il futuro, ma era lì a portata di mano.”

Arrivare in Italia in così tenera età, quasi ignaro della terra che si lasciava alle spalle e che in lui viveva, però, nel sangue e nelle storie di famiglia, ha condotto Edgar a sentirsi inevitabilmente figlio di due mondi diversi. 

Tuttora mi piace dire che mi sento sia albanese che italiano. Crescere in questo paese mi ha portato a vivere, agire e pensare da italiano. Dentro di me, tuttavia, sento scorrere l’Albania. E’ una sensazione innegabile, con la quale convivo da sempre, e che è diventata ancora più potente quando ho esordito con la maglia della nazionale albanese.”

La Nazionale, il sogno di qualsiasi bambino inizi a prendere a calci un pallone. 

“Il calcio è sempre stato il mio gioco del cuore e dei sogni, fin da piccolo. Anche prima di iniziare la scuola calcio stavo tutto il giorno con il pallone tra i piedi, che fossi per strada o nel giardino di casa. Ho sempre covato dentro di me il sogno di diventare un calciatore e, guardandomi indietro, posso dire di averlo realizzato. Sono stato fortunato ad aver fatto di un sogno la mia vita.”

Il cammino della famiglia di Ҫani si allontana da Bari. Si inerpica nel centro dell’Italia, al confine tra Toscana ed Umbria, a Città Della Pieve. Edgar inizia a giocare a calcio nel settore giovanile della Pievese e in seguito a Cortona, dove il suo talento non passa inosservato. Lo nota il Pescara, che se lo mette in casa. Da lì. Inizia il giro d’Italia di Ҫani, in giro per il paese col calcio come stella polare e maglie gloriose sulle spalle. Palermo, Ascoli, Piacenza, Modena. Un passaggio in Polonia, a Varsavia, che per Edgar sarà molto importante e di cui parleremo più avanti. Poi Catania, dove torna ad assaporare la Serie A dopo un assaggio, sempre siciliano, in rosanero. Successivamente Carpi, fino a tornare in un posto dove Edgar è già stato e che per lui vuol dire molto.

Bari. 

Come ci insegna Antonello Venditti, certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. In un certo senso, una parte di Edgar è nata lì. La sua parte italiana.

“Il legame che ho con la città di Bari è molto intenso, è difficile da spiegare. Quando ho avuto l’occasione di firmare per i galletti, ho subito sentito un’energia positiva. Sapevo che sarebbe successo qualcosa, che sarebbe stata un’esperienza speciale.

Edgar Çani e Bari: il suo posto speciale

Edgar non si sbaglia. Il 30 maggio del 2014 al San Nicola di Bari arriva il Novara, che si gioca le residue possibilità di evitare i playout e la Lega Pro. Bari, invece, ribolle di speranza: vincendo coi piemontesi, infatti, sarebbero playoff: la possibilità di tornare in Serie A.
Il primo tempo finisce 0-0, poi Gonzalez indossa i panni del guastafeste e segna, ammutolendo quasi 50mila persone allo stadio e chissà quante altre inchiodate alla televisione.

Col Novara in vantaggio, è il turno di Ҫani. Si toglie la casacca ed entra.

“Ero sicuro che avrei combinato qualcosa. Ho sempre dato il 100% in ogni partita che ho giocato, ma ci sono dei momenti, nel calcio, in cui quella percentuale aumenta da sola, senza che tu possa accorgertene o farci niente. Ho vissuto la partita con due sentimenti contrastanti: rabbia e lucidità. Volevo che la mia cattiveria si trasformasse in qualcosa di buono e ho cercato di incanalarla verso l’unico posto in cui volevo che andasse a finire: la rete. Volevo far gioire quel popolo che mi aveva accolto 24 anni prima, lasciar loro qualcosa.”

Non sappiamo se quella rabbia di cui parla Edgar sia solo sportiva, legata al risultato sfavorevole del campo, o si possa ricondurre a motivazioni personali. Una rabbia buona, che lo porta a voler essere protagonista nella città che lo aveva visto arrivare in una patria nuova, dopo essersi allontanato da quella di nascita.

Sta di fatto che il concetto di rabbia lucida, quella sera, funziona. Prima una frustata di testa, poi un piattone su invito di Sabelli. Ҫani la ribalta, dopo appena 20 minuti in campo. La Bari, da pugile stordito e messo alle corde, trova due ganci potentissimi che cambiano i rapporti di forza e confondono l’avversario, lo stordiscono fino a metterlo KO. Il Novara molla, la Bari vince 4-1 e il popolo esulta, trascinato da quell’eroe venuto da lontano e da vicino allo stesso tempo.

L’esperienza a Leeds e il ritorno in Italia al Pisa di Gattuso

Ma il percorso di Edgar non si ferma. Ritorna a Catania e poi, per qualche mese, prova l’ebbrezza della Championship, il secondo livello del calcio inglese. Indossa la maglia del Leeds United. Come si può sospettare, Edgar conferma le impressioni: è un altro mondo.

“Le differenze tra la Serie B inglese e quella italiana sono così tante che è quasi impossibile elencarle tutte. Sia il modo di giocare in campo che le possibilità economiche delle società di Championship sono imparagonabili a quello che vediamo in Italia, e già a quei tempi il paragone non si poteva fare. E il divario non si è certo accorciato…”

Il ritorno in Italia coincide con l’incontro con una piazza, e con un allenatore, che gli cambieranno la vita. Anche fuori dal campo.

Edgar Ҫani esulta dopo una rete con la maglia nerazzurra (Credits Gabriele Masotti, officiale FB account Pisa Calcio)

Edgar Ҫani esulta dopo una rete con la maglia neroazzurra (Credits Gabriele Masotti, official FB account Pisa Sporting Club)

Pisa per me rappresentava un bivio della mia carriera. Era il 2015, andavo a giocare in Lega Pro e dovevo mettermi in gioco seriamente. Non è stata una questione facile, soprattutto all’inizio. Poi, grazie al lavoro, sia sul campo che dentro me stesso, sono riuscito ad emergere.”

Dentro te stesso, Edi?

“Assolutamente sì. L’uomo che mi ha fatto guardare dentro si chiama Rino Gattuso. Ho sempre desiderato avere un allenatore così, e dopo dieci anni di carriera avevo quasi perso le speranze che esistesse davvero uno come lui. Ringhio mi ha cambiato. Mi ha fatto capire che ero un professionista, che dovevo curare il mio corpo come se fosse un tempio e io il monaco.

L’unico modo che conoscesse per ottenere i risultati, dentro e fuori dal campo, si chiamava “lavoro”. Il mezzo per lavorare sempre al massimo, senza mollare un centimetro, era la grinta. Forse, quella che mi era sempre mancata nei primi dieci anni della mia carriera. Sono concetti all’apparenza semplici, ma che è difficile da portarsi dentro se non li eserciti costantemente. Ringhio mi ha insegnato a farlo, e ancora oggi mi porto dentro i suoi metodi e i suoi valori, usandoli ogni giorno. E’ una persona speciale e non smetterò mai di ringraziarlo.”

E Pisa?

“All’inizio i tifosi erano scettici. Avevo sempre segnato poco, mi infortunavo spesso. Gattuso mi ha insegnato anche a gestire la responsabilità di far felice una tifoseria calda come quella neroazzurra, che vive letteralmente di calcio e che percepisce la squadra, e la maglia, come cose sacre. Alla fine del viaggio, è stato bellissimo trasformare lo scetticismo in amore. Siamo andati in Serie B ai playoff, sconfiggendo un Foggia fortissimo, ho segnato in finale all’Arena Garibaldi, abbiamo fatto esultare tutta quella gente. Io voglio ancora bene a loro e loro ne vogliono a me: per me è un trionfo.”

La discussione arriva a toccare l’argomento Nazionale: Edgar si inorgoglisce al pensiero di aver rappresentato la sua Albania

Sono arrivato in Nazionale grazie ad una buonissima stagione a Varsavia. E’ stato l’anno che mi ha rilanciato, dopo alcune esperienze poco fortunate in giro per l’Italia. Avevo bisogno di ritrovarmi, ed andare via mi è servito a farlo, nonostante un ambientamento non facile. Ho segnato parecchio, col Polonia Varsavia, e grazie a quei gol sono arrivato in Nazionale. Che sensazione indossare quella maglia! E’ stato bellissimo vedere i miei compagni agli Europei, nel 2016: ho provato un orgoglio straordinario, spero un giorno di riviverlo, magari con una qualificazione al Mondiale del 2026…Il calcio albanese, del resto, è cresciuto molto negli ultimi anni.

Il livello della Nazionale è salito parecchio anche se il gap con altre nazionali più blasonate è ancora ampio e difficile da colmare: si può fare solo con tanto lavoro e tanta dedizione. L’Albania è un Paese molto cresciuto anche a livello economico e penso che lo sviluppo di una nazione passi, per forza di cose, anche dallo sport. E’ un indice che spesso segue il passo dei progressi di un Paese, abbiamo fatto tanto ma possiamo fare ancora di più.

Se parliamo invece di campo, e di calciatori, ce n’è uno nell’Albania che mi ha rubato l’occhio da subito. E’ Armando Broja, del Chelsea. Ha molte qualità nelle quali mi rivedo, è un gran bel centravanti. A dicembre ha subito un brutto infortunio ai legamenti, ma non deve mollare. Ha davanti a sé un grande futuro, e se lavorerà sodo e non penserà di aver già toccato l’apice del successo, farà grandi cose.

In ogni caso, per Ҫani il calcio è uno sport che si declina ancora al presente. Dopo qualche guaio fisico ed esperienze con Vibonese, Torres ed Aprilia, Edgar ha da poco firmato col Legnano, in Serie D. 

“Legnano è ancora una città in cui il calcio si respira per strada, anche se i tempi gloriosi della Serie A sono solo un ricordo lontano. La piazza però è ambiziosa e vuole tornare a calcare palcoscenici più grandi di quelli della Serie D. Io sono qui per questo: voglio provare ad aiutarli e scrivere con loro una bella pagina della mia storia”.

Già, la tua storia, Edgar. Guardandola adesso, qual è, la tua storia?

Di tutto quello che ho fatto sui campi di calcio vado molto orgoglioso, perché non mi è stato mai regalato nulla. Forse cambierei qualche scelta, perché ovviamente niente può essere perfetto e te ne accorgi solo dopo, quando ormai le cose sono fatte. Ma la voglia di giocare e il lavoro hanno fatto sì che tutti i problemi e le situazioni difficili che ho affrontato non spegnessero il motore della mia passione: li ho usati invece come un modo per crescere e diventare la persona che sono ora.”

Un figlio di due terre e un coltivatore di due anime, che il calcio ha fatto diventare uomo. Senza mai dimenticare, però, quel bambino sceso da una grande barca dopo aver percorso il mare blu, con un pallone sempre attaccato ai piedi.

 

Intervista a cura di Nicola Luperini, per la rubrica “La Tana del Lupo”. Pisano, content editor per Sottoporta – il calcio internazionale, cura per Football&Life gli argomenti più caldi della settimana sul calcio italiano, dalla Serie A alle serie minori. Ma non solo. Appassionato di Football Manager, racconta anche qui le sue avventure.

La redazione ringrazia Edgar Ҫani per la disponibilità e la cortesia.

Immagine di copertina tratta da 1000 cuori rossoblu.