
Trasferte vietate: siamo davvero liberi di tifare?
Gennaio 16, 2023Domenica mattina ad Alghero la giornata era fresca e soleggiata. Ma i ragazzi dello Sporting Alghero, ultimi in classifica nel girone F della Seconda Categoria sarda, con due striminziti pareggi e tante goleade subite nel girone d’andata, non potevano certo immaginare che, sugli spalti, avrebbero ricevuto un’accoglienza da “professionisti”.
Il mistero di quei tifosi bianconeri, stessi colori sociali ma accento romagnolo, abbastanza lontano dal sardo a cui si è abituati, soprattutto d’inverno nella splendida località turistica del sassarese, è presto svelato.
Nel weekend precedente, prima della partita fra Cesena e Rimini, vinta al Manuzzi dai padroni di casa per 1-0, c’era stato un contatto poco ortodosso fra le due tifoserie.
Il risultato? Vietata ai romagnoli la trasferta successiva contro la Torres allo stadio Vanni Sanna.
Impossibilitati ad acquistare il biglietto i residenti della provincia di Forlì – Cesena, solo alcuni tifosi, prevalentemente del novarese, hanno potuto entrare in possesso dei tagliandi per la gara, fra l’altro vinta dagli ospiti.
E gli altri tifosi dei gruppi organizzati? Avendo già acquistato il biglietto aereo, si sono comunque recati in Sardegna. Dopo una rilassante mattinata in spiaggia, i tifosi del Cesena hanno quindi deciso di entrare nell’impianto che ospita il derby di Seconda Categoria fra Sporting Alghero e Polisportiva Santa Teresa di Gallura, in zona Santa Maria La Palma.
Come racconta il Corriere Romagna, fra una birra e un coro per la squadra di casa, gli ultras del Cesena sono riusciti a convincere la polizia che erano lì senza alcun intento dannoso, ma volevano solo essere liberi di tifare. Su rigore, lo Sporting ha addirittura trovato un insperato pareggio, terzo punto stagionale, nel curioso tripudio dei presenti.
Trasferte vietate: è la soluzione per un tifo pulito?
Chi vi scrive è un normale tifoso, cresciuto con l’idea che i media hanno tentato di inculcare, attraverso le immagini degli scontri fra ultras, che lo stadio non sia un luogo sicuro e che alcune trasferte siano equiparabili a spedizioni di guerra.
Con Napoli – Roma alle porte, e la possibilità che questa partita si ripeta in Coppa Italia, ecco che chi si occupa della quiete pubblica ha già trovato il grimaldello per scongiurare responsabilità e tirarsi fuori dalle polemiche.
L’occasione fa l’uomo ladro, e il contesto degli scontri, di lieve entità e senza conseguenze o arresti convalidati nel tempo, nonostante i precedenti di alcuni ultras già più volte identificati, nell’autogrill in zona Arezzo, fra napoletani e romanisti, ha fatto sì che venissero vietate le trasferte alle due tifoserie per due mesi. Del resto, quando si parla di scontri fra napoletani e romanisti, la mente non può che tornare all’omicidio di Ciro Esposito.
Una decisione quindi attesa, quasi telefonata, con le rispettive società che si sono subito mosse per condannare l’episodio. Anzi. Con il rischio che venisse deciso uno stop alle trasferte fino a fine stagione, qualcuno si è chiesto se, in verità, non fossero state applicate dalle rispettive prefetture tutte le misure per evitare gli scontri. La dinamica da “esca” che ogni tanto salta fuori quando si parla di ultras, ha trovato terreno fertile in una trasferta napoletana a Genova sponda doriana, proprio nel giorno della sentita commemorazione del Ferraris per la scomparsa di Mihajlovic e Gianluca Vialli.
L’edizione online di Open, ha persino gridato al tranello che sarebbe stato teso ai tifosi partenopei in trasferta, con l’aiuto di ultras baresi, ternani e dell’Hellas, gemellati coi doriani e presenti allo stadio con i propri stendardi su invito dei tifosi locali. Ipotesi che non trova però alcun fondamento, visto che a Genova non è accaduto assolutamente nulla e che i tifosi erano lì per stringersi attorno ai doriani.
Non siamo certo qui per santificare il mondo ultras, e neppure per dare giudizi in merito. Ma l’indicazione del governo, in uno sport che è da poco, forse, finalmente uscito da anni di chiusura degli impianti per la pandemia, sembra la classica strategia di comodo per evitare guai e lavarsi le mani dal problema, a tratti irrisolvibile per carenza di mezzi e uomini, della gestione dell’ordine pubblico durante le manifestazioni sportive.
È evidente che in Italia, “liberi di tifare” continui ad essere uno slogan futile, etichettando il mondo del tifo organizzato costantemente come criminale, senza entrare nel merito dello stesso caso per caso. E ad una partita potenzialmente pericolosa corrisponderà sempre il divieto di trasferta, pur con tutti i disperati e vani mezzi di controllo, ivi compresa la famigerata “tessera del tifoso”, che lo Stato ha messo in campo negli anni per ovviare ad una storica impotenza nel controllo della società civile.
Come sempre, attraverso le nefandezze dei pochi, già noti alle forza dell’ordine, liberi di fare danni, il divieto di trasferta si applicherà anche a chi usa il calcio non per liberare i propri istinti, ma per viaggiare, scoprire e tifare per la propria squadra. Liberamente.
Immagine di copertina riadattata dal Corriere Romagna.