Caso plusvalenze Juventus: nell’era della post-verità, il falso è un atto pienamente reazionario

Caso plusvalenze Juventus: nell’era della post-verità, il falso è un atto pienamente reazionario

Febbraio 7, 2023 0 Di Luca Sisto

Il termine post-truth, post-verità, è un neologismo entrato nell’uso comune in ambito accademico, nonché di larga parte del giornalismo e dell’opinione pubblica, da circa vent’anni.

Secondo la Treccani, parliamo di un termine che ha trovato pieno riconoscimento nel corso degli eventi che avrebbero portato all’invasione americana in Iraq. Da quella stagione, che ha segnato il diffondersi della post-verità di pari passo col revisionismo più reazionario, si è registrata una continua discesa verso gli inferi del falso. In una parola, del “fake”, più o meno fedele ad una rappresentazione del reale o ad un’interpretazione di una piccola parte di esso, decontestualizzata e spacciata per verità oggettiva, ha preso completamente il sopravvento sulla verità.

Ciò che Vattimo, sempre parafrasando la Treccani, auspicava come decostruzione di tutto quanto venisse considerato acriticamente verità acquisita, è oggi diventato un impero della menzogna, che trova nel web e, in particolare, nei social network, un mezzo di propagazione ad altissima velocità e diffusione.

Come un virus pandemico, il falso si autoalimenta grazie all’alto tasso di analfabetismo presente persino nei Paesi noti come “occidentali, industrializzati”, e trova capitani “coraggiosi” in grado ergersi a paladini di chi preferisce credere, nel 100% dei casi, a complotti, notizie senza alcuna fonte, comodamente seduto a poltrire sul divano di casa con davanti uno schermo di cui non comprende il pericoloso potenziale persuasivo.

Una realtà inaccettabile

Questo preambolo, necessario, per quanto di non semplice digestione (se siete arrivati fin qui, meritate come minimo un caffè pagato), ci viene in soccorso per districarci nella complessa situazione che il calcio, Serie A e Premier in particolare, sta attraversando.

Da una parte, per i tifosi, l’inaccettabile realtà delle inchieste che vedono coinvolti Juventus e Manchester City per presunti illeciti finanziari. Inchieste e possibili relative sentenze definitive, che gettano ombre sui campionati dell’ultima decade e che vedono due netti schieramenti, demarcati da una linea che potremmo definire puramente di “tifo”, a sostegno delle parti in causa. Ovviamente, nella stragrande maggioranza dei casi, senza alcuna contezza di quanto concerne le ragioni e le prove dell’accusa, così come delle strategie della difesa.

In pieno Mondiale di Qatar 2022, il CDA della Juventus si era interamente dimesso, ponendo fine al regno, dominante in Italia, di Andrea Agnelli e dei suoi più o meno fedeli scudieri. Se Paratici aveva da tempo preso la via di Londra, sponda Spurs, per condividere il progetto di rilancio del Tottenham di Conte, Nedved era entrato in rotta di collisione con un ambiente sempre più innervosito dalla fine di un ciclo di risultati sportivi di assoluto prestigio.

Non è però un caso che la Juventus, dopo l’operazione Cristiano Ronaldo, non sia più riuscita a far quadrare i conti tanto finanziari quanto sportivi. L’inchiesta relativa al presunto scandalo delle plusvalenze fittizie aveva in un primo momento scagionato tutte le società accusate. Nuovi elementi hanno poi fatto sì che si arrivasse ad una penalizzazione di 15 punti in classifica, tutt’ora in fase di revisione per il ricorso dei legali della Juventus.

Il secondo filone dell’inchiesta, quello che riguarda gli stipendi al tempo della pandemia e i possibili falsi in bilancio, si prospetta come ancora più pericoloso per la classifica della Juventus.

Su questo, giornalisti dichiaratamente non juventini come Ziliani hanno costruito un seguito di follower e hater da far invidia a Bin Laden.

Lasciamo ai processi e alle sentenze il dubbio privilegio dei verdetti finali. Caso simile, quello che riguarda il Manchester City in Premier, per non parlare delle polemiche sull’ultimo mercato a dir poco faraonico del Chelsea del nuovo proprietario Boehly. La strategia di spalmare l’ammortamento del costo dei cartellini acquistati su otto anni di ingaggio ha sollevato non poche polemiche, tanto che la FA è già corsa ai ripari per le prossime sessioni (si parla di porre un limite di cinque anni per poter distribuire il costo dei cartellini, a prescindere dalla durata del contratto firmato).

Questi sono i fatti, qui presentati per brevità in forma di albero spoglio, emersi da indagini, intercettazioni e testimonianze.

Tutte questioni, compresa la disputa di Madrid, che rimandano alla volontà di creare una Superlega da parte dei club menzionati, come unica scappatoia per sfuggire a guai prevedibili.

Chi crede alla favola per la quale la Superlega sia la soluzione allo spettacolo carente offerto dal calcio, e non una via di fuga ultramilionaria per società sempre più indebitate, probabilmente dovrà ricredersi alla luce degli ultimi (sempre col beneficio del dubbio) scandali finanziari.

Le conseguenze mediatiche e social del caso plusvalenze Juventus

Ma non è tutto, e qui torniamo al concetto con il quale abbiamo aperto, per chiudere il cerchio.

Media e social network, infestati da troll e da fake news, stanno tentando di tutto pur di screditare le accuse mosse ai danni della Juventus. Comprensibile, soprattutto dato il potere mediatico immenso della società controllante il club. E comprensibile da parte di una generazione di tifosi cresciuta con la ferita ancora aperta di Calciopoli, e che la nuova, ormai vecchia, dirigenza aveva riabilitato a suon di vittorie e di rifiuto de facto delle sentenze sportive, come quelle revocanti gli Scudetti del 2005 e del 2006.

La non accettazione di una realtà scomoda e di una verità eternamente discutibile, ha portato il tifoso da bar a schierarsi ad oltranza al fianco del proprio club.

Mentre in Inghilterra il classico disprezzo verso lo straniero sta timidamente portando media di rilievo, Guardian in testa, a sparare a zero su City e Chelsea, in Italia il caso Juventus ha spaccato l’Italia dalle Alpi agli Appennini, fin sulle isole.

Neppure questo è casuale, quando circa la metà degli italiani è cresciuta con un poster di Platini o Del Piero in camera, mentre l’altra metà ha imparato giocoforza la debole arte del disprezzo aprioristico. La geografia del tifo italiano, che fa sì che un appassionato di calcio su due sogni la maglia bianconera, si riflette certo anche in una contrapposizione sportiva forte, fatta di calciatori, arbitri e società più o meno conniventi coinvolte nell’inchiesta.

La difesa mediatica juventina è quindi composta del tutto dall’attacco: “perché punire solo la Juventus e non tutti gli altri?”come fosse una parziale ammissione di colpevolezza – laddove quantomeno a dirlo è chi sente di nutrire dei dubbi riguardo il proprio club. “E allora il caso Osimhen e il Napoli?” – incalzano mentre per la prima volta in 33 anni gli azzurri sono favoriti per la vittoria di uno Scudetto, che non lascia i tre club principali con sede fra Milano e Torino dallo Scudetto romanista del 2000-01.

Per finire, l’ultima crisi mediatica dovuta al caso Santoriello, il PM anti-mafia, esperto di reati finanziari, reo di aver scherzato, in passato, sul suo essere anti-juventino. Persino l’avvocato dei dirigenti della Juventus, Chiappero, indagato ai tempi della querelle Suarez, è intervenuto al fianco del PM, sulle pagine de La Stampa, quotidiano di Torino che fa capo a “tu sai chi”. Ma di questo ovviamente si parla poco, in confronto al video ormai virale.

Il complotto, nonostante 15 punti di distacco reali e un 5-1 inappellabile subito al Maradona, sarebbe in questo caso dovuto a fantomatici poteri forti che vogliono eliminare la Juventus dalla corsa al campionato “regalandolo” al Napoli. 

La corte si aggiorna.

 

immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons.