Quini e il sequestro che tenne la Spagna col fiato sospeso

Quini e il sequestro che tenne la Spagna col fiato sospeso

Febbraio 25, 2023 0 Di Juri Gobbini

La stagione 1980-81 era iniziata malissimo per il Barcelona: cinque sconfitte nelle prime nove giornate e una clamorosa eliminazione in Coppa UEFA. L’umiliante sconfitta (0-4) con il Colonia era di fatto costata il posto a Ladislao Kubala, l’ex stella che aveva sposato il progetto blaugrana dopo 11 anni passati alla guida della nazionale spagnola.

Era un periodo difficile, quello, per il Barcelona. Un club che in oltre vent’anni aveva conquistato appena una Liga. Johan Cruijff se ne era andato nel 1978 dopo la vittoria in Coppa del Re, e con lui anche il tecnico Rinus Michels. L’asso olandese era arrivato con il dittatore Francisco Franco ancora al potere e se ne era andato con il Paese immerso nella transizione verso la democrazia. Sugli spalti del Camp Nou erano finalmente tornate a sventolare le senyeras, la bandiera ufficiale della Catalogna, mentre lo storico presidente della Generalitat, Josep Tarradellas, era rientrato Barcelona dopo un lungo esilio durato ben 38 anni, pronunciando la storica frase “Ciutadans de Catalunya, ja sóc aquí”.

L’acquisto di Quini in un periodo complicato per il Barcelona

La partenza di Cruijff, però, aveva lasciato un vuoto che il presidente José Luis Núñez aveva cercato di colmare pescando all’estero. Prima con l’austriaco Hans Krankl e poi con l’ex pallone doro danese Allan Simonsen. I due ebbero un buon impatto. Ma entrambi mancavano di quel pizzico carisma e personalità in più per trascinare la squadra. Fu così che nell’estate del 1980, subito dopo l’Europeo, il Barcelona decise di metter mano di nuovo al portafoglio, prelevando il libero basco José Ramón Alexanco dall’Athletic Bilbao e il promettente centrocampista tedesco Bernd Schuster dal Colonia, il cui arrivo a campionato in corso costrinse proprio Krankl a fare la valigie per liberare il posto da secondo straniero.

Tuttavia, l’acquisto più interessante fu quello di Enrique Castro Gonzales, meglio conosciuto come Quini, che a 30 anni approdava finalmente in una grande, dopo che nelle stagioni precedenti lo Sporting Gijón era riuscito sempre a trattenere il proprio bomber al Molinón.

Nato ad Oviedo ma cresciuto a Llaranes, nei pressi di Aviles, da ragazzino Quini si formò nell’Ensidesa, squadra che prendeva il nome dall’omonimo complesso siderurgico, uno dei più grandi di Spagna. Probabilmente, se non fosse stato per il talento nel calcio, anche Quini avrebbe un giorno trovato un impiego in fabbrica, visto che ad Aviles e dintorni quasi tutte le attività lavorative erano collegate con l’Ensidesa e al suo indotto. Ma quel giovanotto aveva talento, e soprattutto fiuto per il gol. Dopo aver debuttato in Tercera División con l’Ensidesa, il suo nome iniziò a finire nel taccuino delle due grandi delle Asturie, Real Oviedo e Sporting Gijón, e fu proprio quest’ultima ad accaparrarselo.

Quando Quini debuttò in prima squadra nel 1968, lo Sporting Gijón era ancora in Segunda División, ma al giovane bomber bastò poco per riportare il suo club nella Liga e farlo diventare una presenza fissa del massimo campionato spagnolo. Dodici anni dopo, nel momento in cui lasciò le Asturie per andarsene in Catalogna, Quini aveva raggiunto la quota di 214 reti ed era stato per tre volte il Pichichi del campionato spagnolo.

Con lui in avanti, e con gente del calibro di Jesús Castro – il fratello di Quini, di ruolo portiere – Cundi, José Antonio Redondo, Enzo Ferrero, Joaquin Alonso, Antonio Maceda e Manuel Mesa, lo Sporting era diventato un habitué dei piani alti della Liga. Nella stagione 1978-79 aveva persino lottato con il Real Madrid per vincere il campionato, terminando secondo dopo essere stata a lungo in testa. Quini avrebbe potuto tranquillamente essere un “one club man”, come alcuni dei suoi compagni di allora, ma a trent’anni decise di provare a vincere qualcosa, e Barcelona sembrava il palcoscenico ideale per farlo.

Una brutta partenza in Liga per il Barça

Malgrado la discreta la qualità in rosa, i blaugrana erano partiti male, e dopo l’esonero di Kubala un nervoso Núñez aveva deciso di affidare la panchina al settantenne Helenio Herrera, che pure nel finale della stagione precedente aveva fatto da traghettatore. Pareva il solito rattoppo motivato dall’impazienza che regnava nel club, invece, il vecchio Mago riuscì a rimettere sul giusto binario la squadra, riducendo progressivamente il divario con la capolista Atletico Madrid fino a portarlo a due punti con lo scontro diretto in vista.

In quei mesi, il trascinatore dei blaugrana era stato certamente Quini, che aveva realizzato 17 reti in altrettante partite, incluso un golazo dei suoi, decisivo, nel Clásico contro il Real Madrid. L’ultima prodezza del Brujo – lo stregone, così veniva chiamato – era stata una doppietta nel 6-0 rifilato dal Barcelona all’Hercules Alicante il primo marzo del 1981, lo stesso giorno in cui Cruijff aveva debuttato con la maglia del Levante, in quella sua curiosa seconda tappa in Spagna.

Cruijff al Levante e una lunga storia di campioni “granota”

Al termine della sfida con l’Hercules, Quini dribblò i giornalisti e si diresse in fretta a casa, dove programmò il videoregistratore per potersi rivedere in pace la trasmissione Estudio Estadio con le sintesi delle gare domenicali, prima di rimettersi in macchina, diretto al Prat de Llobregat.

Il sequestro Quini

La famiglia di Quini, infatti, era di ritorno dopo un weekend nelle Asturie, e il centravanti aveva promesso alla moglie e ai figli che sarebbe andato a prenderli all’aeroporto, dove però non sarebbe mai arrivato.

Durante il cammino, infatti, a un distributore di benzina poco distante dal Camp Nou, due individui armati lo approcciarono e lo costrinsero a salire su un furgone con il quale venne portato in un luogo sconosciuto.

La moglie, non vedendolo arrivare, inizialmente pensò che il marito fosse stato trattenuto dopo la gara. Magari da qualche compagno che voleva festeggiare la vittoria. Tornò a casa in taxi, dove le preoccupazioni si fecero sempre più pressanti. La televisione accesa, un videoregistratore in moto e sullo schermo le immagini della gara del Barcelona. Mentre del marito ancora nessuna traccia.

All’inizio si pensò che Quini avesse avuto un incidente. Ma le chiamate ai vari ospedali risultarono senza profitto. Il giocatore era letteralmente sparito nel nulla. Allertata la polizia, il sospetto di un sequestro iniziò a prendere piede. Poi, arrivò una telefonata a confermarlo: Quini era stato rapito e i sequestratori chiedevano in cambio 100 milioni di Pesetas – circa 600000 euro attuali – per la sua liberazione.

Quini era vivo, per fortuna, ma chi lo aveva rapito?

I primi sospetti ricaddero sull’ETA, che nel solo 1980 aveva compiuto 86 sequestri, uccidendo complessivamente 93 persone, fra esecuzioni e attentati. Ma non potevano essere scartate nemmeno altre ipotesi vista la delicata situazione del Paese. Giusto una settimana prima, infatti, il tenente colonnello Antonio Tejero aveva tentato un golpe di stato – sventato dopo poche ore – entrando armato nella sede del Congresso dei deputati e prendendo in ostaggio tutte le persone presenti nell’edificio.

Santamaria, il calciatore ucciso dall’ETA

Nei giorni che seguirono la scomparsa di Quini si moltiplicarono poi le chiamate alla polizia, molte delle quali false e prive di fondamento. Come quella che vedeva il Batallón Vasco Español, una organizzazione di estrema destra, implicato nel sequestro. Il gruppo era però solito attaccare membri dell’ETA. Apparve quindi alquanto improbabile che avessero spostato le proprie attenzioni su un giocatore di calcio.

Quini, per sua fortuna, non era finito nelle mani di nessuna banda organizzata. A rapirlo furono infatti tre uomini di Zaragoza. Due meccanici e un elettricista, tutti incensurati, che avevano di recente perso il lavoro. In preda ad una grossa crisi economica, con la necessità di racimolare soldi per mandar avanti le proprie famiglie, i tre ebbero l’idea del sequestro.

L’incompetenza e l’improvvisazione furono chiari al momento di chiedere il riscatto. I tre decisero di usare come “mediatore” il compagno di squadra di Quini, Alexanco. Ma le comunicazioni e le indicazioni date fecero subito sospettare che dietro al sequestro non vi fosse nessuna banda specializzata.

Ma mano che passavano i giorni, però, di Quini nessuna notizia. Il fatto che nessun gruppo terroristico fosse a capo delle operazioni da un lato poteva rassicurare. Ma da un altro complicava le operazioni della polizia, che brancolava letteralmente nel buio.

The show must go

Malgrado l’eccezionalità dell’evento, il Barcelona fu costretto a giocare come se nulla fosse. Anche se le ripercussioni del sequestro si fecero notare eccome nello stato d’animo dei compagni. Specialmente in Schuster, che era solito dividere la stanza con Quini nei ritiri. La prima gara senza l’attaccante asturiano fu lo scontro diretto del Vicente Calderon con l’Atletico Madrid, dove i blaugrana uscirono sconfitti di misura. Il Barcelona perse poi con il fanalino di coda Salamanca. E non andò oltre al pareggio a reti bianche con il Zaragoza, abdicando nella lotta per il titolo.

Alla fine, il trascorrere dei giorni fece innervosire gli inesperti sequestratori, che avevano investito fin troppo denaro nell’operazione. Sotto pressione, i tre accettarono a ricevere il riscatto attraverso una banca svizzera. Una mossa che rivelò decisiva per la risoluzione il caso.

Per l’occasione le autorità svizzere abrogarono il segreto bancario. Quando un giovane spagnolo si presentò ad incassare la somma, la polizia lo detenne prima che potesse salire su un volo diretto a Parigi. Preso un membro della banda, non fu difficile scoprire dove Quini fosse tenuto prigioniero e beccare gli altri due complici. Poche ore più tardi la polizia fece infatti irruzione in un seminterrato di Zaragoza al cui interno era stato ricavato un piccolo nascondiglio.

Quini fu liberato la sera del 25 marzo. Proprio mentre la Spagna batteva l’Inghilterra a Wembley per la prima volta nella sua storia, anche se il successo della Selección passò ovviamente in secondo piano.

Il ritorno di Quini da Pichichi

Appena libero, Quini dichiarò di voler tornare quanto prima alla normalità. Già a disposizione per giocare dalla domenica successiva, se il mister lo avesse ritenuto necessario. L’asturiano dovette comunque aspettare qualche giorno per rimettersi in sesto fisicamente. Rientrò in campo il 5 aprile contro il Valladolid, tornando in gol la domenica successiva, nella vittoria per 5-2 in casa dell’Almeria.

Il Barcelona terminò il campionato al quinto posto. Quattro punti dietro la Real Sociedad. Nelle quattro giornate dove Quini era mancato, i blaugrana avevano raccolto appena un punto degli otto disponibili. Non è un azzardo quindi dire che il Barcelona avrebbe conquistato il campionato se non fosse stato per il sequestro del suo bomber.

La stagione ebbe un lieto fine, però. Il Barcelona vinse infatti la Coppa del Re, con Quini protagonista con una doppietta nella finale. Un successo – il primo trofeo in carriera per lui – agrodolce, visto che fu il suo Sporting Gijón la squadra che uscì sconfitta in finale.

Quini fu capocannoniere della Liga sia nel 1981 che nel 1982. Per un totale di 5 trofei Pichichi vinti: eguaglia così Alfredo Di Stefano e Hugo Sanchez, mentre solo Leo Messi (8) e Telmo Zarra (6) hanno fatto di meglio. Il suo unico cruccio, chissà, fu l’incapacità di ripetere tale media-gol nella Selección, dove venne spesso mal utilizzato e dove riuscì a segnare appena 8 reti in 35 partite. Niente in confronto ai suoi mostruosi standard a livello di club.

Con la maglia blaugrana Quini conquistò poi una Coppa delle Coppe – suo il gol decisivo in finale contro lo Standard Liegi, naturalmente – un’altra Coppa del Re, una Coppa della Liga e una Supercoppa di Spagna. Anche se il suo coinvolgimento andò piano piano riducendosi, tanto che nel 1984 fece ritorno allo Sporting Gijón ritirandosi definitivamente come leggenda del club nel 1987.

Il processo ai sequestratori ebbe comunque un epilogo curioso. I tre furono condannati, anche se le parole del Brujo risultarono determinanti per attenuare la pena. Nessuna sindrome di Stoccolma. Quini era di una bontà inaudita e perciò decise di perdonare i sequestratori, che considerava delle buone persone, capendo che avevano compiuto quel gesto solamente per disperazione.

Di ben altro avviso fu il Barcelona, invece. Il presidente Núñez pretese infatti una cospicua somma come risarcimento danni. Secondo lui quel sequestro aveva impedito ai blaugrana di vincere la Liga. Tuttavia, il giudice ignorò le esose pretese del club, e il solo indennizzo previsto fu per il giocatore, il quale rifiutò però qualsiasi rimborso economico.

La libertà, infatti, non aveva prezzo.

 

Testo di Juri Gobbini. Autore della pagina Facebook Storia del Calcio Spagnolo e del libro “La Quinta del Buitre”.

Immagine di copertina tratta da UEFA.com