Rivaldo e la sua rovesciata contro il Valencia

Rivaldo e la sua rovesciata contro il Valencia

Marzo 19, 2023 0 Di Philip Supertramp

Il 17 Giugno del 2001 in Spagna si giocava l’ultima giornata di Liga.
In un campionato senza Siviglia, Betis e Atletico Madrid, retrocesse l’anno precedente, la classifica recitava: primo con il titolo già in tasca a 77 punti il Real Madrid; secondo a 70 punti il Deportivo la Coruña, campione della stagione precedente. E sorprendentemente terzo a 68 punti il Mallorca con il “Sabio” Aragonés in panchina e un giovane Eto’o in attacco.

A contendersi l’ultima piazza disponibile per l’accesso alla Champions League c’erano il Valencia a 63 punti e il Barcellona a 60 punti. Proprio quella sera alle 21:00 si sarebbero sfidati al Camp Nou nella gara decisiva.
Per il Barcellona si avvicinava la fine di una stagione che per il nuovo presidente Joan Gaspart non avrebbe potuto cominciare più in salita. Gaspart era succeduto allo storico Josep Nuñez, che aveva lasciato la presidenza dopo 22 anni. Dopo pochi giorni dalla sua entrata al potere un esordiente Florentino Pérez aveva pagato la clausola della loro stella Luis Figo portandolo a Madrid e iniziando l’epoca de los Galacticos.

Con i 61milioni incassati per il portoghese erano stati acquistati Overmars dall’Arsenal, Alfonso dal Betis e ripescati i due ex canterani Gerard dal Valencia e De La Peña. Quest’ultimo in prestito dalla Lazio.
La stagione non era stata delle migliori.
Il Barça aveva perso contro Milan e Besiktas e pareggiato contro il Leeds, chiudendo da fanalino di coda il girone di Champions League. Scivolato in Coppa UEFA, veniva eliminato dal Liverpool in semifinale.

Un Barça in crisi, ma il Valencia era messo anche peggio

Il 22 aprile l’Osasuna si impose sulla squadra di Serra Ferrer per 3-1 (con tre espulsioni: Sergi Barjuan, Simao e De La Peña più quella dell’allenatore). Al ritorno da Pamplona, Ferrer fu destituito per il direttore tecnico Carles Rexach.

Il Valencia, dopo aver perso nella stagione precedente la finale della Coppa dei Campioni a Parigi 3-0 contro il Real Madrid, aveva ceduto diversi elementi di spicco. Claudio Lopez alla Lazio, Farinos all’Inter, e Gerard al Barça. In cambio erano arrivati il gigante norvegese Carew (che nell’ultima stagione con il Rosenborg aveva segnato 18 gol in 17 partite), Baraja dall’Atletico Madrid. E, a gennaio, il colpo Aimar dal River Plate.

Come tutte le squadre di Cuper, il Valencia giocava un calcio ordinato, che si basava sulla preparazione atletica e sulla fase difensiva. Non a caso Cañizares vinse il premio Zamora con 6 gol subiti in meno rispetto a Casillas. La stagione stava viaggiando sui binari giusti. Un quarto posto praticamente assicurato in Liga. E la seconda finale di fila di Coppa dei Campioni da giocare, questa volta contro il Bayern Monaco. Ma proprio la partita con i tedeschi, persa ai calci di rigore, destabilizzò le sicurezze dei “taronjers”. I ragazzi dell’allenatore argentino incapparono in vari risultati negativi nelle ultime giornate di Liga, che riportarono il Barça di Rexach in corsa per l’ultima posizione per la zona Champions.

Lo scontro diretto

Il Barcellona quella sera scese in campo con un 3-4-3 con Dutruel in porta; Sergi, De Boer e Puyol in difesa; Guardiola mediano con accanto Cocu e Gabri; Simao e Overmars sulle fasce e Rivaldo dietro a Kluivert. L’obiettivo dell’allenatore catalano era allargare la difesa avversaria con i due esterni, mentre i due attaccanti si intercambiavano la posizione. In difesa i tre centrali erano incaricati di marcare Carew con Guardiola che controllava Aimar.
Il Valencia rispose con il solito 4-4-2: Cañizares; Angloma, Ayala, Pellegrino, Fabio Aurelio in difesa; Baraja, Albelda in mediana; Angulo, Aimar e Kily Gonzalez sulla trequarti; Carew punta centrale.

Per Cuper il gioco era semplice, ma sempre studiato e meticoloso. Lanci verso Carew, che grazie alla sua stazza e al suo lavoro, l’appoggiava dietro ad Aimar, che da lì creava gioco. La strategia tattica di quella serata consisteva soprattutto nel dare la palla ai due esterni per poi crossarla in mezzo. D’altronde, uno dei punti deboli di quella stagione del Barcellona erano stato proprio i gol di testa.

Al terzo minuto, dopo un brutto retropassaggio di Ángulo a Pellegrino, Simao anticipava il difensore che per fermarlo fu costretto a commettere fallo a una decina di metri dall’area di rigore. Dal punto di battuta si presentò Rivaldo, che fece partire una punizione precisa sopra la testa di Carew. Palo interno e palla in rete. Imprendibile per Cañizares.
Al 25esimo un calcio d’angolo preciso al centro dell’area del “Payaso” Aimar, trovò a Baraja, che di testa superava Dutruel.

Verso la fine del primo tempo “Rivo” prese la palla sulla trequarti, riuscì ad aggiustarsela lasciando sul posto Kily González e Pellegrino e fece partire una fucilata che trafisse per la seconda volta “Cañete”.
Due minuti dopo l’inizio della ripresa, Fabio Aurelio fece partire un cross ai trenta metri verso l’area, dove apparve per la seconda volta Baraja con un volo d’angelo su cui il portiere del Barça non poté far nulla.

I minuti passavano inesorabilmente e al 90′ il risultato recitava 2-2. Tutti i tifosi “ché” erano pronti a incoronare il “pipo” Baraja come eroe della serata. Per il centrocampista era la prima delle sue dieci stagioni nella capitale del Turia. Già ormai cardine del centrocampo insieme all’infortunato Mendieta e ad Albelda, con una doppietta aveva ammutolito il Camp Nou.

Ma non avevano fatto i conti con l’oste.

La storica rovesciata di Rivaldo

In quel momento Rivaldo era tra i migliori giocatori del mondo e nella stagione 98-99 aveva vinto il pallone d’oro grazie alle prestazioni offerte tra club e Seleçao. Con il Barcellona si proclamò campione della Liga e segnò 24 gol, mentre con il Brasile sollevò la Coppa America in Paraguay. Anche in quel caso fu il primo attore con una doppietta che non lasciò scampo all’Uruguay per un rotondo 3-0.

Rexach, nel secondo tempo, le aveva provate tutte. Ad inizio ripresa aveva sostituito Simao per Xavi, spostando Puyol da centrale a terzino, libero di spingere per tutta la fascia destra. Era uscito anche Guardiola, alla sua ultima partita in Liga, per un centrocampista più dinamico come il campione del mondo Petit. Ed infine Zenden per Kluivert, spostando Rivaldo come prima punta.

Proprio quest’ultimo cambio, il più disperato, servì per dare lo scacco alla regina. De Boer da centrocampo lanciò una palla precisa per il petto dell’asso brasiliano. Quest’ultimo poco fuori area la stoppò e, all’improvviso, fece partire una rovesciata che lasciò senza fiato tutto il Camp Nou. Cañizares si tuffò, invano: 3-2 per il Barcellona e gli increduli valenciani subirono la seconda beffa dopo la finale persa ai rigori un mese prima, ritrovandosi dietro i blaugrana e fuori dalla zona Champions League.

Pochi minuti più tardi si chiuse il sipario come giusto che fosse, con la palla all’attore principale. Lancio lungo per Rivaldo, stop regale e triplice fischio dell’arbitro.
Gaspart, dopo la sua prima difficile annata da presidente, scoppiò di gioia in tribuna e i tifosi invasero il campo, chi per toccare l’eroe della serata, chi per salutare il capitano Guardiola alla sua ultima partita di campionato.

Dall’altra parte giaceva un attonito Baraja. Proprio a meno di un metro da lui, il fantasista brasiliano aveva segnato uno dei gol più belli di sempre e gli aveva rovinato la gioia personale di un’incredibile doppietta.
Ma, come si suol dire, “non tutti i mali vengono per nuocere”. L’estate successiva Cuper si trasferì all’Inter: lo sostituì un semisconosciuto Rafa Benítez. Con l’allenatore spagnolo il Valencia, dopo 31 anni, in quella stagione vinse il titolo, e nel 2003-04 conquistò una storica doppietta (Coppa UEFA e Liga) che gli valse il titolo come miglior club dell’anno.

Quel gol per Rivaldo fu l’ennesima prodezza di un fuoriclasse prossimo al declino. Prima vari infortuni e poi il ritorno di Van Gaal in panchina fecero sì che il brasiliano rescindesse il contratto con il Barcellona e firmasse per il Milan. In Italia non riuscì mai a tornare ai livelli visti in Spagna e venne spesso relegato in panchina da Ancelotti, che gli preferiva Rui Costa e Kakà.
La magia di Rivaldo si era persa. Ma quella rovesciata sarà ricordata per sempre.

 

Testo di Philip Supertramp, redattore per F&L e autore della pagina Facebook Il Signore della Liga

Immagine di copertina tratta da Toky Video.