Il Loma Negra e quella leggendaria vittoria contro l’Unione Sovietica

Il Loma Negra e quella leggendaria vittoria contro l’Unione Sovietica

Marzo 25, 2023 0 Di Juri Gobbini

L’Unione Sovietica arrivò all’aprile 1982 con una serie positiva che durava dal novembre del 1979, periodo nel quale gli uomini di Konstantin Beskov rimasero imbattuti per ben 18 gare. A Mosca e dintorni vi era la speranza di fare un buon Mondiale. Specialmente dopo essersi qualificati primeggiando in un gruppo comprendente Cecoslovacchia, Galles, Islanda e Turchia. E soprattutto per aver battuto 2-1 a Rio de Janeiro il Brasile di Zico e Socrates nell’estate del 1980. Un “Maracanazo alla vodka” avvenuto a distanza di trent’anni esatti dall’originale.

Per testarsi contro i migliori, i sovietici avevano viaggiato poi anche in Argentina, misurandosi con i campioni del Mondo in carica per ben due volte. Come nel 1980, anche la sfida dell’aprile del 1982 era terminata 1-1, cortesia di un gol di Ramon Diaz per l’Albiceleste e del pareggio firmato dall’armeno Khoren Hovhannisyan, mezzapunta e capitano dell’Ararat Yerevan.

Tuttavia, il match del Monumental di Buenos Aires non fu l’unico incontro disputato dai russi in terra argentina. Tre giorni dopo – con la Guerra de las Malvinas da poco iniziata- l’Unione Sovietica viaggiò infatti fino a Olavarría, 350 km a sud-ovest di Buenos Aires, in piena pampa. Una cittadina di circa 80.000 abitanti, la cui economia ruotava, e ruota ancora, attorno al cementificio Loma Negra.

La Dama del Cemento

Il cementificio Loma Negra fu fondato nel 1926 da Alfredo Fortabat e prende il nome dalla omonima località, a 10 minuti da Olavarría, in cui sorgono gli stabilimenti. Nel 1976 il patriarca morì, e tutti i suoi beni finirono in mano alla sua seconda moglie, Amalia Lacroze de Fortabat, la quale si convertì in una delle impresarie più ricche e influenti del Paese.

Fino a quel momento, Amalia Fortabat era infatti rimasta all’ombra del marito. E in molti pensarono che si sarebbe fatta da parte, limitandosi a godere della tanta fortuna. Invece, la vedova decise di mettersi in gioco in prima persona. Anzi, con il suo irresistibile carisma divenne improvvisamente un volto noto al pubblico argentino, sin dai tempi di Evita Perón sensibile al fascino delle donne impegnate. La stampa, dal canto suo, non tardò a ribattezzarla con l’appellativo di “Dama del Cemento”.

Amalia Fortabat non solo fu una signora con una classe incommensurabile. Fu impresaria, collezionista d’arte, filantropa e benefattrice. Costruì ospedali, creò musei e fece beneficienza. Cenò alla Casa Bianca assieme all’allora presidente statunitense Ronald Reagan, quello argentino Raúl Alfonsín e il tennista Guillermo Vilas. Diede accoglienza ai tanti sfollati durante le terribili inondazioni di Olavarría del 1981. Dopo la Guerra de las Malvinas, aiutò economicamente i reduci del conflitto.

Ovviamente non furono tutte rose e fiori. Come ogni grande ditta, anche Loma Negra mantenne stretti vincoli con i vari governi argentini. E questo significò appoggiare la dittatura di Jorge Videla dopo il golpe di stato del 1976. C’era da costruire molto in quegli anni, visto che nel 1978 l’Argentina avrebbe dovuto mostrarsi “moderna” di fronte al resto del Mondo. Spese folli, che avrebbero messo ulteriormente in ginocchio la già delicata economia del Paese. A pochi importava in quel momento che a pagare sarebbero state le future generazioni.

L’impresa si fece trovare pronta, ottenendo agevolazioni con prestiti in dollari e soprattutto numerosi appalti per varie opere pubbliche: dighe, ponti, piazze, autostrade e stadi. Il giro di affari del cementificio triplicò nel periodo fra il 1975 e 1980.

La vicinanza al regime significò poi avere un percorso preferenziale quando c’era da risolvere qualche grana. Nel maggio del 1977 Carlos Alberto Moreno – un avvocato sindacalista che difendeva i diritti dei lavoratori del cementificio – fu infatti sequestrato, torturato e successivamente ucciso nei pressi di Tandil. Solo nel 2012 sono state emesse le condanne per gli esecutori materiali del sequestro e dell’omicidio, tre militari e due civili.

All’epoca Moreno stava investigando sulle scarse condizioni di sicurezza nel cementificio. Non ci dovrebbe voler troppo ingegno nel capire chi fosse stato il mandante del sequestro. Ciò nonostante, le accuse non furono mai provate e le successive investigazioni contro Loma Negra e alcuni suoi dirigenti dell’epoca non vennero mai concluse.

Fra i politici, militari e uomini di potere con cui Amalia Fortabat aveva rapporti stretti, ce ne furono un paio che ebbero molta influenza sull’impresaria. Uno fu Valentín Suárez, stimato politico, ex presidente del Banfield con due mandati anche come presidente dell’AFA. L’altro fu nientemeno che il colonnello Luis Prémoli, uno dei militari partecipi al diroccamento del presidente Arturo Illia durante il golpe di stato del 1966 che aveva portato al potere Juan Carlos Onganía.

Prémoli era poi per Amalia Fortabat qualcosa di più di un semplice assessore personale. Durante gli anni furono tanti i presunti amanti attribuiti all’impresaria, fra cui anche il cantante Palito Ortega, ma sembrerebbe che fosse stato proprio il colonnello la persona con cui la Fortabat avesse stabilito una vera e propria storia d’amore, vissuta da entrambi con discrezione.

Toccò proprio a Suárez e Prémoli convincere Amalia Fortabat a scendere in campo – quasi letteralmente – e investire pesantemente sulla locale squadra di calcio fino a portarla alla ribalta nazionale. Il Club Social y Deportivo Loma Negra, fondato nel 1929, era stato fino a quel momento prettamente un club amateur, con fini ricreativi. Una specie di dopolavoro per i dipendenti del cementificio bisognosi di svago. La sua militanza era rimasta confinata infatti alla Liga locale, quella di Olavarría. Nel 1980, però, tutto cambiò.

Uno squadrone di provincia

Il primo ad arrivare fu il portiere Luis Barbieri, proveniente dall’Atlanta, che divenne poi il capitano della squadra. Assieme a lui vennero acquistati i difensori Carlos Squeo (Cruz Azul) e Osvaldo Gutiérrez (Vélez Sarsfield). I centrocampisti Carlos Carrió (Gimnasia La Plata) e Osvaldo Mazo (Colón). Gli attaccanti Ricardo Lazbal (San Lorenzo) e Mario Husillos, giovane promessa scuola Boca Juniors ripescato dopo una stagione in Spagna con il Castilla, la squadra riserve del Real Madrid. Successivamente furono contrattati anche Félix “el Pampa” Orte (Rosario Central), Osvaldo Rinaldi (San Lorenzo), José “la Pepona” Reinaldi (Talleres) Pedro Magallanes (Independiente) e Claudio Cristofanelli (Ferro Carril Oeste).

L’allenatore scelto fu Rogelio Antonio Domínguez – da giocatore, portiere titolare con il Real Madrid in due finali di Coppa dei Campioni negli anni Cinquanta – poi toccò a José Varacka, infine a Roberto Saporiti, tecnico del mitico Talleres che nel 1978 era stato protagonista assieme all’Independiente di una finale di Nacional che sarebbe poi entrata nella storia. Amalia Fortabat sembrava fare sul serio, e il progetto decollò in fretta.

Talleres – Independiente 1977: la “finale roja” del Nacional argentino

Molti giocatori furono ovviamente attratti da uno stipendio faraonico, mentre in altri casi erano addirittura i club a voler vendere i propri calciatori al Loma Negra. Come nel caso di Rinaldi. Il centrocampista era stato campione del Mondo Under-20 nel 1979 assieme a Diego Armando Maradona e Ramon Diaz, ma il San Lorenzo era retrocesso ed aveva bisogno di fare cassa. Arrivarono varie offerte, fra cui quelle di Boca Juniors e River Plate. Tuttavia, quella proveniente dal Loma Negra era imbattibile. E il giocatori finì infatti ad Olavarría.

Guadagnare popolarità a livello nazionale, riciclo di denaro oppure ambizioni politiche, come quella di diventare governatrice della provincia? Non venne mai chiarito quale sia stato il reale motivo – o chissà, una combinazione di tutti quelli sopracitati – che abbia portato Amalia Fortabat a puntare sul calcio. Fatto sta che l’arrivo sulla scena del Loma Negra non passò inosservato a nessuno.

La squadra aveva acquistato talmente tanta popolarità che diventò persino oggetto di una parodia nella commedia Los fierecillos indomables. Un film – che si sarebbe incastrato perfettamente nelle commedie all’italiana di quel periodo – che vide come protagonisti Alberto “el Negro” Olmedo e Jorge “el Gordo” Porcel, un duetto comico che aveva fatto ridere l’Argentina durante molti anni.

Nelle scene de Los fierecillos indomables, Loma Negra diventò Loma Blanca, una squadra presieduta dalla magnate Fortaviene – anche qui una parodia della Fortabat – che sfidò il bistrattato collegio Cachada. Un incontro surreale vinto in rimonta dalla scolaresca, trascinata dalle gesta di Olmedo e Porcel. Per l’occasione trasformati da brocchi a giocatori inarrestabili grazie a un linimento magico.

I risultati sul campo, comunque, non si fecero attendere. Dopo aver facilmente dominato il campionato locale nel 1981, il Loma Negra partecipò al Torneo Nacional, che si giocò in quattro gruppi da sette squadre ciascuno, dai quali uscirono fuori le otto squadre che si contesero poi il titolo. Loma Negra finì in un girone comprendente Ferro Carril Oeste e River Plate – le future finaliste del Nacional – terminando al terzo posto a pari punti con il River e sfiorando una storica qualificazione.

Loma Negra si rifece però due anni più tardi, eliminando l’Argentinos Juniors nella fase a gironi e affrontando il Racing negli ottavi del Nacional. Dopo la vittoria per 2-1 in casa il sogno sembrava poter continuare, ma ad Avellaneda il Racing ristabilì le gerarchie, infilando un rotondo 4-0 che non ammise repliche.

Mancava poco per il grande salto. Come riportato in un recente articolo di Infobae, secondo il tecnico Saporiti sarebbero bastati tre rinforzi all’altezza per aver potuto lottare per il titolo. Invece, dopo quella batosta col Racing, Amalia Fortabat decise che la sua avventura nel mondo del fútbol poteva considerarsi conclusa.

Correva l’anno 1983, e in Argentina la dittatura militare era oramai agli sgoccioli. A fine anno Alfonsín sarebbe stato eletto presidente, ma nel Paese si respirava già aria di cambiamento politico. Una coincidenza che l’avventura del Loma Negra nell’élite del calcio argentino sia terminata proprio nell’anno del ritorno della democrazia?

Anche in questo caso, non sono mai state chiarite le ragioni ufficiali del ritiro. Giocare solamente la Liga locale di Olavarría – e non il Metropolitano – durante maggior parte dell’anno prevedeva un dispendio economico esagerato, considerato che il torneo Nacional era un campionato più corto che si disputava in due-tre mesi. Questo stava sicuramente pesando alle casse del club, che dal canto suo provò più di una volta ad essere ammesso al Metropolitano. Ma nemmeno gli agganci politici della Fortabat riuscirono a vincere la reticenza dei massimi dirigenti dell’AFA.

River Plate, Boca Juniors e Independiente non avevano infatti visto di buon occhio l’irruzione di questa nuova forza calcistica con un gran potere economico. Temendo la concorrenza del Loma Negra, le grandi d’Argentina iniziarono perciò a mettere i bastoni fra le ruote al piccolo club. Portare il grande fútbol in provincia era una sfida che richiedeva ben più di un grosso conto in banca. Così Amalia Fortabat preferì concentrare le proprie energie esclusivamente sulla sua azienda, mettendo nel cassetto le ambizioni calcistiche.

Loma Negra – URSS: una partita indimenticabile

Chiuso il rubinetto, partiti i campioni, il club ritornò così di colpo dell’anonimato dei campionati locali, dove milita tutt’oggi. Tuttavia, prima di sparire dalla mappa del calcio argentino, il 17 aprile 1982, Olavarría finì nuovamente al centro delle cronache sportive, perché l’Unione Sovietica decise di giocare lì la sua ultima amichevole prima di tornarsene in Europa. Una gara resa possibile ovviamente grazie ad Amalia Fortabat, la quale pagò i 30.000 dollari necessari a portare i russi fino a Olavarría.

Arrivati allo stadio Ignacio Zubiría di Olavarría, Oleg Blochin e compagni iniziarono a domandarsi dove diamine fossero finiti e contro chi diavolo avrebbero dovuto giocare. Per l’occasione, Beskov decise di schierare qualche riserva. Anche se ben sei degli undici scesi in campo titolari contro il Loma Negra avrebbero giocato due mesi dopo contro il Brasile nei Mondiali di Spagna. Otto se contiamo anche Blochin e Aleksandre Chivadze, entrati a gara in corso. In campo, oltre al capitano Sergei Baltacha, anche Tengiz Sulakvelidze, Ramaz Shengelia e David Kipiani, stelle della formidabile Dinamo Tblisi, squadrone georgiano che un anno prima aveva vinto la Coppa delle Coppe.

Il pubblico accorse numeroso. Lo stadio registrò un ampliamento per l’occasione con tribune smontabili. Ma era pur sempre un impianto di provincia, e il botteghino raccolse solo 12.000 dollari. Poco importava, comunque. Perché chi era presente, in campo o sugli spalti, non potrà mai dimenticare quella gara. Il Loma Negra non solo tenne testa ai sovietici, ma al minuto 80 si prese il lusso di andare in vantaggio quando Husillos, in collaborazione con Orte, approfittò di un errore di Viktor Chanov per infilare la palla in rete.

I sovietici probabilmente non si aspettavano una squadra così battagliera. Leggenda narra che nell’intervallo mandarono l’interprete nello spogliatoio del Loma Negra per pregarli di abbassare il ritmo. Richiesta ovviamente non ascoltata. Beskov ricorse così a qualche panchinaro di lusso come Chivadze o Blochin, il Pallone d’Oro del 1975. Ma la garra argentina prevalse sulla maggior qualità della nazionale sovietica. Con Barbieri quel giorno in versione saracinesca.

I giocatori festeggiarono quella vittoria come se avessero vinto un importante trofeo. Per loro la gloria eterna da parte della gente di Olavarría e un cospicuo premio in denaro messo a disposizione dalla Fortabat. A dir la verità la presidentessa aveva promesso in regalo anche una vacanza in Spagna per assistere al Mondiale. Ma alla fine non se ne fece nulla. Con la Guerra de las Malvinas entrata in un punto di non ritorno e il Paese in pieno caos, i giocatori del Loma Negra dovettero accontentarsi di guardare il Mondiale in televisione.

Amalia Fortabat scomparve nel 2012 a 90 anni. Nel 2005 aveva venduto le azioni del Loma Negra al gigante brasiliano Camargo Corrêa, l’attuale proprietario del cementificio, dopo che la crisi economica del Corralito aveva messo in ginocchio l’economia argentina. Personaggio a suo modo rilevante nella storia moderna del Paese, nel mondo del fútbol la “Dama del Cemento” passerà alla storia per la rivoluzione mancata del Loma Negra, quel sogno effimero di portare il grande calcio in provincia. Un sogno durato appena tre anni, ma rimasto ugualmente nella memoria degli appassionati.

 

Testo di Juri Gobbini. Autore della pagina Facebook Storia del Calcio Spagnolo e del libro “La Quinta del Buitre”.

Immagine di copertina tratta da wikimedia commons, di dominio pubblico.