Espiazione: i protagonisti del Napoli e lo Scudetto rovesciato
Maggio 8, 2023Tommaso Starace è l’unico nel club ad aver vinto dal primo all’ultimo Scudetto del Napoli. Le foto dell’eccentrico magazziniere al seguito della squadra, da Maradona a Mertens, fino a Kvaratskhelia e Osimhen, sono parte della storia del club. A nessuno, neppure a Klopp appena espulso durante un Napoli-Borussia Dortmund 2-1 di Champions League (quella del terzo posto nel girone con 12 punti, insieme ai gialloneri e all’Arsenal), è mai mancata una tazza di caffè. Un sorriso, una parola di conforto.
Partiamo da lui per raccontare tutti i protagonisti dello Scudetto, che ho voluto definire dell’espiazione, per la squadra, per la città e per i suoi tifosi, che venivano da tre decenni di sofferenze, fra retrocessioni, fallimenti e sconfitte. Erano 70 anni, dall’Inter versione 1952-53, che una squadra non vinceva lo Scudetto con una rosa composta interamente da calciatori che quel traguardo non l’avevano mai raggiunto in carriera. In una stagione che rischiava di essere transitoria, il Napoli ha sbaragliato la concorrenza a tal punto che le avversarie avevano già mollato a fine gennaio. Forse, giunto con poca brillantezza ad aprile, dopo la pausa nazionali, e con Osimhen infortunato, il Napoli ha pagato la poca esperienza e lucidità solo in campo internazionale, uscendo per mano del Diavolo milanista, in un doppio confronto in cui raramente ha dato l’impressione di sfondare come il rullo compressore ammirato, quasi sempre, in campionato.
I portieri dello Scudetto: un ruolo delicato affidato a calciatori storicamente contestati e considerati inaffidabili a certi livelli
Alex Meret ha rischiato di essere ceduto allo Spezia sul gong del mercato. Secondo di Ospina nelle gerarchie della passata stagione, avrebbe dovuto essere soppiantato da Keylor Navas, ma non c’è stato accordo con il PSG e, probabilmente, neanche col calciatore, interessato da uno stipendio fuori parametro.
La sua perseveranza e la fiducia dei compagni, sono state le chiave di una stagione eccellente, con rare imperfezioni e tanti ottimi interventi.
A gennaio, lo scambio di prestiti Sirigu-Gollini con la Fiorentina, ha permesso al secondo di ergersi a protagonista contro le sue ex squadre, Atalanta e Fiorentina. Decisivo contro i bergamaschi, ha partecipato da titolare alla partita della festa Scudetto. Assente, dall’altra parte, proprio Sirigu, le cui scelte di fine carriera non riflettono lo spessore internazionale che ha contraddistinto il calciatore. Terzo portiere in campionato, Marfella vanta una presenza in A, nell’ultima gara della scorsa stagione al Picco di La Spezia. In Champions il terzo è stato invece il polacco Idasiak.
La linea difensiva: diamanti nel fango
Il kosovaro Amir Rrahmani ha giocato la prima partita col Napoli in una trasferta di gennaio 2021 a Udine, di un pericolante Napoli gattusiano. Dopo pochi minuti regalò il gol del pareggio a Lasagna e, in totale confusione, venne sostituito. Due anni e quattro mesi più tardi, a Udine, è stato titolare e protagonista indiscusso del Napoli del terzo Scudetto. Al suo fianco, Min-Jae Kim, l’uomo che ha sostituito Koulibaly nel ruolo e nei cuori dei napoletani. Reduce da esperienze in Cina e in Turchia al Fenerbache, è partito per il ritiro imitando Gangnam Style, ed ha finito per essere uno dei calciatori dal rendimento più elevato in squadra. Un solo vero errore, ininfluente, contro l’Udinese all’andata. Peccato non averlo avuto per la gara di ritorno contro il Milan in Champions, a causa di una contestata ammonizione.
Juan Jesus, fedelissimo di Spalletti, è arrivato a Napoli letteralmente da disoccupato, fuori forma e depresso. Col tempo, si è affermato come riserva di lusso e come mattatore sui social e nello spogliatoio. Leo Ostigaard è stato acquistato dopo essersi messo in luce nel Genoa appena retrocesso.
Giovanni Di Lorenzo, il capitano, era in C a 24 anni. Uno dei giocatori passati da Empoli e visionati dal Napoli, proprio agli Azzurri del primo Ancelotti segnò un gol di testa in una vittoria empolese per 2-1. Quella sera, il suo nome entrò definitivamente a far parte dello scouting report del Napoli. In poco tempo, ha vinto gli Europei da titolare e lo Scudetto col Napoli nella prima stagione da capitano, dopo la partenza di Insigne, Mertens e Koulibaly.
Di Lorenzo rappresenta un caso più unico che raro nella storia tecnica di un calciatore di alto livello. Nella storia recente, si contano lui e Fabio Grosso con una traiettoria simile. Talmente continuo, che i suoi backup, Zanoli prima e Bereszynski poi, non hanno mai visto il campo. Quando è stato infortunato, nella scorsa stagione, il Napoli si è visto sfilar via il treno Scudetto e la nazionale è uscita dai playoff per i Mondiali. Non deve essere stato un caso.
È il capitano, pertanto, il simbolo del club caro a De Laurentiis, partito proprio dalla C per arrivare allo Scudetto.
Mario Rui era arrivato a Napoli come riserva di Ghoulam. L’algerino si ruppe il crociato nel momento in cui era considerato uno dei migliori esterni sinistri d’Europa, in una maledetta serata di Champions contro il City. Maurizio Sarri, che fino ad allora aveva offerto ben poco spazio a quello che comunque era uno dei suoi pupilli a Empoli, si vide “costretto” a puntare sul portoghese.
Il Napoli arrivò secondo con 91 punti. Mario Rui, dopo cinque stagioni in cui ha ricevuto più critiche che elogi, è diventato uno dei punti fermi del Napoli. Su questo Scudetto e sul gioco di Spalletti, che utilizza i terzini molto dentro al campo, preferendo portare l’ampiezza sulle ali, c’è il suo zampino. Le carenze difensive restano, ma Rui ha dimostrato di essere un calciatore di livello tecnico internazionale. Caratteristiche diametralmente opposte le possiede Mathias Olivera. L’uruguayano ex Getafe garantisce dinamismo e affidabilità in difesa. Qualcosina in meno nelle sovrapposizioni offensive. Ma il suo acquisto si è rivelato decisivo nell’ottica di un turnover ragionato.
Il centrocampo del Napoli scudettato: cervello, cuore e polmoni
Che dire di Stanislav Lobotka. Il cervello del Napoli è passato da oggetto misterioso con Gattuso a imprescindibile con Spalletti. Zielinski era il dodicesimo uomo del Napoli di Sarri, e persino con Spalletti non sempre aveva trovato la sua dimensione. Il camerunense Zambo Anguissa, è stato preso dalla Championship inglese, dal Fulham, dopo aver accumulato panchine e retrocessioni.
Lontano parente in Inghilterra e Spagna del giocatore apprezzato a Marsiglia, nonostante un errore grave nella finale di Europa League persa contro l’Atletico Madrid, a Napoli il Leone Indomabile (che bello per me, tifoso del Napoli e del Camerun, vederlo vincere lo Scudetto qui) si è affermato come chiave box to box del centrocampo. Tanguy Ndombele non è stato fra i migliori, ma ha trovato per strada uno Scudetto dopo gli anni bui e contestati di Londra, sponda Spurs. Di Elmas si diceva fosse meglio come pasticcere (la famiglia ha una pasticceria in Macedonia e lui potrebbe vincere a mani basse il programma Bake-off) che come calciatore. Oggi il macedone classe ’99 vale 70 mln di euro ed è un jolly tuttofare, sempre pronto all’uso, dalla metà campo in avanti.
Diego Demme è arrivato a Napoli nel gennaio 2020, insieme a Lobotka, da capitano dell’RB Lipsia che al tempo era primo in Bundesliga. Si chiama Diego poiché il padre, di origine calabrese, è un fan di Maradona. Tifoso del Napoli sin da bambino, frequentava la città spesso e volentieri con la compagna, da turista, prima di arrivarci da calciatore. Nel corso degli anni ha perso minutaggio, per scelta tecnica e per infortuni. Ma questo Scudetto lo merita come gli altri, per essere rimasto fino alla vittoria.
Attacco atomico: Osimhen e Kvaratskhelia, ma non solo
Victor Osimhen ha vinto lo Scudetto a Napoli al suo terzo anno, presumibilmente da capocannoniere della Serie A. Nelle prime due stagioni ha patito infortuni (spalla e viso, da qui la maschera che l’ha reso famoso quasi come un supereroe), comportamenti poco consoni (ricorderete la polemica per il viaggio in Nigeria, dal quale tornò affetto da covid) e reazioni nervose. Col tempo è diventato leader tecnico e spirituale della squadra. Oltre ai gol, un pressing asfissiante e la clamorosa capacità di mettersi al servizio della squadra, passando dallo spazzare di testa un calcio d’angolo fino a ribaltare l’azione in pochi istanti. Decisamente l’MVP della stagione in serie A.
Al suo fianco, defilato sulla sinistra, il ragazzo classe 2001 che aveva l’arduo compito di sostituire il capitano Insigne. Khvicha Kvaratskhelia e la sua incoscienza. I suoi dribbling, le sue accelerazioni, il destro secco e preciso. Uno dei pochi nei cinque principali campionati Europei che chiuderà la stagione in doppia cifra di gol e assist. Orde di georgiani, ogni settimana, prendono un aereo e affollano stadio e città solo per lui. Più che un calciatore, un affare diplomatico. Pescato letteralmente dal nulla, con un indennizzo di 10 mln di euro alla Dinamo Batumi, vale già dieci volte tanto. Forse, la più grande intuizione pound4pound di Cristiano Giuntoli. Il DS, forse alla sua ultima stagione a Napoli, prima di firmare altrove (Juventus un colpo al cuore? No, solo business).
A destra, il messicano Hirving Lozano e Matteo Politano non sono sempre apparsi all’altezza delle attese. Ma hanno lavorato così tanto per la squadra da risultare, pur in un insistito turnover fra loro stessi, tecnicamente fondamentali.
Jack Raspadori ha segnato più in Champions che in campionato. Ma su questo Scudetto c’è la sua firma indelebile. Il gol decisivo allo Spezia, in una partita che il Napoli non aveva diritto di vincere. E il gol che ha chiuso lo Scudetto a doppia mandata allo Stadium per battere la Juventus.
Il Cholito Simeone, l’uomo della tripletta al Napoli con la maglia della Fiorentina, nella partita del maledetto “scudetto perso in albergo”, ha realizzato molti sogni in questa stagione. Ha esordito e segnato in Champions, competizione che grazie alle imprese del papà (Cholo) porta tatuata sulla pelle. E ha segnato tre gol tutti decisivi: al Milan a San Siro, a casa dei campioni in carica, in un momento in cui nessuno avrebbe pensato ad uno Scudetto così dominato. Alla Cremonese allo Zini. E quello meraviglioso alla Roma, sempre da subentrato, ancora spezzando una situazione di parità, al Maradona, portando il bottino degli Azzurri ad un’inavvicinabile quota di 53 punti nelle prime 20 giornate. Lo strappo decisivo per lo Scudetto è stato il suo, anche se il gol della matematica (e i gol che hanno portato la maggior parte di punti) appartiene ovviamente ad Osimhen.
Apprezzabili anche i contributi di Zerbin e Gaetano, nonché di Zedadka: grazie ai minuti in campo, sono campioni anche loro.
Quel giorno di Inter-Juve 2-3, stagione 2017-18, la vigilia della sconfitta di Firenze, Spalletti allenava l’Inter. Sostituì, con l’Inter in 10, Icardi con Santon. E la Juve segnò due reti schiacciando l’Inter nella metà campo negli ultimi minuti di gara. A 64 anni diventa l’allenatore più anziano a vincere uno Scudetto. Il traguardo di una vita. Lo incontrai una mattina di fine dicembre, mi disse “buon lavoro”, e non “buona giornata”. In quella breve conversazione compresi che quell’uomo aveva una sola missione: portare lo Scudetto a Napoli. Ci è riuscito e ora dormirà sereno, perché è grazie a lui che milioni di napoletani in tutto il mondo hanno potuto sprigionare una gioia irrefrenabile.
Lo Scudetto rovesciato visto in Curva B contro la Fiorentina
Lo Scudetto rovesciato, quello di una città bistrattata ma in crescita da anni, e di una tifoseria disabituata al confronto con la proprietà di Aurelio De Laurentiis, lo stiamo festeggiando da mesi ma, credo, lo apprezzeremo ancor più negli anni. Quando ci renderemo conto dell’impresa irripetibile di questi ragazzi. E, loro stessi, ne prenderanno coscienza. È un’impresa, questa, che rovescia l’ordine costituito. Giunta dopo 22 anni di dominio delle tre squadre del nord. Il giorno dell’ultimo Scudetto lontano da Milano e Torino, quello vinto dalla Roma nella stagione 200-01, il Napoli retrocedeva in B, per non tornare più nella massima serie se non con l’era De Laurentiis, nel 2007.
Il terzo Scudetto del Napoli, come il terzo titolo mondiale dell’Argentina, porta la benedizione dall’alto di Diego Armando Maradona. A Lui, a cui lo stadio San Paolo è oggi dedicato, va il pensiero e la stragrande maggioranza dei cori di ringraziamento di tutti. Perché Diego è stato l’anima di questa città e di questa squadra, contribuendo a tracciare la strada che, con De Laurentiis, ha portato il Napoli a diventare un brand internazionale apprezzato e conosciuto in tutto il mondo non solo dai napoletani di generazione.
Se oggi migliaia di turisti vengono da noi, non è solo per visitare una città dalle mille sfaccettature, ma anche per vedere il Napoli giocare.
Questa squadra resterà indelebile nella memoria. Un giorno i protagonisti di questo trionfo capiranno che vincere qui vuol dire diventare immortali, fissarsi sui muri di una città che vive di calcio e per il calcio.
Ed è proprio lo Scudetto rovesciato, “bottino di guerra” di un Paese che ancora oggi si dimostra insofferente alla città e ai suoi abitanti, a quelle trombette e a quei festeggiamenti rumorosi nelle piazze di tutta Italia, che campeggia nella nostra foto copertina, scattata da chi vi scrive nella panoramica della Curva B.