Centenario Mestalla: il cuore di Valencia

Centenario Mestalla: il cuore di Valencia

Maggio 20, 2023 0 Di Philip Supertramp

Che cos’è uno stadio? Un semplice ammasso di cemento situato in ogni città o lo scheletro che vive grazie al cuore pulsante delle sue migliaia di tifosi?
A Valencia, tra due grande stradoni (Blasco Ibáñez e Aragón), si trova da un secolo a questa parte il Mestalla. Non può essere definito solamente come un edificio, ma anche come storia viva della città: chi riesce a vivere cento anni ha sicuramente tante storie da raccontare.

Nel 1922 Ramon Leonarte, presidente del Valencia, decise che lo stadio di Algirós – con i suoi 8000 posti – era diventato troppo piccolo per ospitare tutti i tifosi che ogni domenica accorrevano per vedere la propria squadra. Insieme al suo consiglio di amministrazione si mise alla ricerca di una nuova casa. Così, nel gennaio del 1923, venne comprato per 316439 pesetas (1900 euro) un terreno a 500 mt di distanza dell’antico stadio, dove si iniziò a costruire l’impianto. In poco tempo, accanto allo storico canale artificiale Mestalla, vennero costruite 10 gradinate di legno per poter assistere alla partita in piedi, 5 file con seggiolini e altri 5 palchi VIP accanto al campo per un totale di 17000 spettatori. Finalmente, il 20 maggio venne inaugurato il Mestalla, in una partita contro il Levante, che finì 1-0 per i padroni di casa con un gol di Montes.

Il Mestalla fotografato dall’interno da Juri Gobbini, nostro redattore e autore della pagina Storia del Calcio Spagnolo. Clicca qui per il suo video tour dello stadio.

È lo stadio più antico della Liga – il secondo è lo stadio della Ceramica (ex Madrigal), inaugurato un mese più tardi, il 17 giugno del 1923, mentre in terra spagnola è dietro solamente al Molinón di Gijón che fu costruito nei primi anni del 1900 (non si conosce esattamente la data). Ciononostante, negli anni non ha smesso di crescere. Già nel 1927 fu edificata una tribuna coperta con sotto degli spogliatoi, uffici, infermeria e botteghino e, soprattutto, fu seminato per la prima volta il prato, così da non giocare più su terra.

Il Mestalla: storia viva della città

Come detto all’inizio, Mestalla non è stato solamente un campo di calcio, ma storia viva piena di vicende, alle volte anche tragiche. La prima di queste fu lo scoppio della guerra civile in Spagna nel 1936. La capitale del Turia fu l’ultima grande città repubblicana conquistata e per questo fu possibile che Valencia, Levante, Girona ed Espanyol giocassero nel 1937 la coppa della Spagna libera. Con l’arrivo di Francisco Franco nel 1938, il Mestalla si trasformò in un campo di prigionia, in un deposito di armi e in un campo di patate.

Durante la guerra l’impianto sportivo riportò numerosi danni. Come raccontò Casanova, lo storico presidente: “mi si strinse il cuore ad entrare e vedere come era ridotto”. Dopo una semplice risistemazione, per poter continuare a giocare lì, Casanova nel 1950 decise che era il momento di investire in un grande stadio. Il presidente, grazie a un credito e alla vendita degli abbonamenti per i successivi 15 anni a diversi enti bancari, riuscì a ricavare 47 milioni di pesetas. Questo gli permise di costruire la gradinata sud, aggiungere 30 file alla gradinata nord e unirla con la tribuna, così da raggiungere 45500 posti.
Il grande stadio non servì solamente per accogliere i tanti tifosi, ma anche come rifugio. Come racconta il giornalista F. Pérez nel suo libro “Hasta aquí llegó la riada”, il 13 ottobre del 1957 giunse questo messaggio in città: “Signor governatore, la chiamo per informarla che il fiume scende giù molto forte. Sta straripando nei campi, arriva nei paesi vicini con una furia mai vista. È molto grave, tra qualche ora ci sarà un’inondazione a Valencia”. Anche se nella capitale aveva piovigginato, nei paesini intorno erano caduti 500 litri per metro quadrato di acqua durante le ultime trenta ore e il Turia silenziosamente stava trasportando con sé un mostro. Tra la notte del 13 e del 14 ottobre la città era alluvionata, Mestalla compreso, tranne la parte più alta dove si erano rifugiati i vicini. La mattina successiva la città, coperta di fango, era in lutto per le 81 vite perse sotto l’acqua del fiume. Ancora oggi nel tunnel sotto la tribuna è presente una targa che indica l’altezza dove arrivò l’acqua.
In onore dell’ex presidente, il Mestalla dal 1969 divenne lo Stadio Luis Casanova, fino a che lui scrisse al successore Francisco Roig nel 1994 chiedendogli di recuperare il nome originale.

Una casa affidabile per le Furie Rosse

Il Mestalla non fu solamente la casa del Valencia, ma per 32 volte anche della Selección (la prima volta fu nel 1925 proprio contro la nostra nazionale). Sia durante i mondiali del 1982, che nelle olimpiadi del 1992 di Barcellona, le Furie Rosse giocarono a Valencia.

Nel mondiale la Spagna passò come seconda dietro l’Irlanda del Nord e a pari merito, ma con più gol fatti, della Jugoslavia. Ai giochi olimpici arrivarono primi davanti a Qatar, Egitto e Colombia. Questo gli permise di giocare, sempre nel Luis Casanova, i quarti contro l’Italia (1-0 Kiko) e la semifinale contro il Ghana (2-0 Abelardo, Berges), per poi vincere la medaglia d’oro contro la Polonia per 3-2 nel Camp Nou.
A Valencia si giocò anche la storica partita del 27 marzo del 1999 finita 9-0 contro l’Austria grazie al poker di Raul, doppietta di Urzaiz, gol di Hierro e Fran, e autogol di Wetl.

Il Mestalla e la statua di Vicente Navarro

L’ultimo tragico evento che il Mestalla ha vissuto è stato quello del Covid19, durante il quale ha nuovamente sostenuto gli abitanti della città. A causa della pandemia e della crisi economica lo stadio era stato convertito in un centro di distribuzione alimentare per i più bisognosi, aiutando fino a 10000 persone nel 2020.

La statua di Vicente Navarro al Mestalla (foto da account Twitter Valencia CF)

Il Mestalla però, come detto all’inizio, è uno scheletro: senza il cuore pulsante dei propri tifosi sarebbe solamente uno dei tanti edifici della città. Non a caso dal marzo del 2019 nella tribuna centrale, numero 164 fila 15, è presente una statua in onore di Vicente Navarro e al “Sentiment etern” di tutti i tifosi valencianisti. Vicente nacque nel marzo del 1928 nel Cabanyal (un quartiere di Valencia che si trova tra Algirós e il mare) e dall’età di quattro anni iniziò a seguire la sua squadra del cuore. Nel 1948 diventò il socio numero 18 del club e da quel momento non smise mai di andare al Mestalla, nemmeno quando a 54 anni perse la vista per un distaccamento della retina. Il tifoso, anche se cieco, continuò ad andare allo stadio insieme a suo figlio, che gli narrava la partita e definì il 2004 (stagione del doblete, Liga e Coppa UEFA) l’anno più bello della sua vita. Nel 2015 Vicente morì, ma grazie alla statua insediata tre anni più tardi, Navarro non ha più mancato il suo appuntamento. Anche nei momenti in cui a causa del Covid lo stadio era vuoto, lui era presente in nome di tutto il popolo valencianista, perché come cantano i tifosi ogni volta che giocano in casa:
“Mestalla si chiede, chi siamo?
Siamo il Valencia, la tifoseria più fedele.
Il nostro amore è immenso, sempre staremo qui.
Sempre saremo qui, lottando insieme a te”.

 

Testo di Philip Supertramp, redattore per F&L e autore della pagina Facebook Il Signore della Liga.

Immagine di copertina tratta da Wikipedia.