
Sito Miñanco e il Cambados: primo e unico tentativo di narcofútbol spagnolo
Luglio 24, 2023La Galizia è la più atipica delle regioni spagnole. Qui piove molto, e la costa, malgrado la bellezza delle sue impressionanti scogliere, è impervia. Cabo Finisterre, oggi il punto d’arrivo del Cammino di Santiago, una volta era considerato la fine del mondo. Non senza ragione: nel corso degli anni moltissime navi sono affondate in quelle acque, tanto che quella che va da Arteixo allo stesso Cabo Finisterre è detta appunto “Costa de la Muerte”.
Tuttavia, l’uomo ci ha insegnato che si possono trarre vantaggi da situazioni avverse. Sfruttare l’impervietà di una costa per fare dei suoi mari un territorio navigabile solo per pochi eletti. Di solito gente locale che conosce i punti critici come le proprie tasche. Gente che ha fatto di necessità virtù.
Contrabbando: da necessità a stile di vita
Nei libri di storia spagnoli, gli anni Quaranta sono stati bollati come “los años del hambre” [gli anni della fame]. Il “Caudillo” Francisco Franco – gallego pure lui, di Ferrol – una volta salito al potere nel 1939 aveva promesso una grande Spagna, ma il Paese era tutto tranne che autosufficiente.
Isolata dal resto dell’Occidente dopo la Seconda guerra mondiale, debilitata da tre anni di sanguinosa Guerra civile, la Spagna era carente di materie prime, infrastrutture e manodopera qualificata per mettere in atto l’autarchia desiderata da Franco.
Per combattere la carenza di cibo si impose il razionamento degli alimenti, ma questo originò un mercato nero parallelo, dove generi di prima necessità venivano rivenduti a prezzi esorbitanti. E in Galizia, dove il lavoro scarseggiava, il commercio illegale diventò in certi casi la principale fonte di sostentamento di molte famiglie.
I contrabbandieri galiziani sfruttarono infatti la facilità di superamento dei confini portoghesi e l’impervietà dei propri mari per portare in Spagna merce di qualsiasi tipo. Dalle medicine al caffè, passando per armi e incluso accendini o lampadine, che in quel momento erano un lusso per pochi in Galizia. Molti erano generi di prima necessità, ma ciò aprì le strade per traffici ancor più remunerativi, come quello delle sigarette di contrabbando.
Negli anni Sessanta e Settanta, in Galizia si crearono dei veri e propri clan, chiamati “los señores do fume” – “i signori del fumo” – con una organizzazione quasi perfetta che diede impiego a molta gente. Sebbene quello del contrabbandiere fosse un’attività illegale, vi era nella società una sorta di accettazione, e perciò considerato un lavoro come un altro: in Spagna, solo nel 1982 divenne un reato, ovvero un illecito penalmente perseguibile.
Fariña e Sito Minañco
Cambados è un piccolo comune della provincia di Pontevedra. Tipica località di mare, un porticciolo e molte colline attorno dove crescono vigneti di uva Albariño, il famoso vino locale. La sua vita ruota attorno alla Ria de Arousa, acque dove mosse i primi passi, inizialmente come pescatore, e poi come contrabbandiere, José Ramón Prado Bugallo, conosciuto con il soprannome di Sito Miñanco.
Come racconta Nacho Carretero nel suo splendido libro Fariña – una pubblicazione dedicata al narcotraffico in Galizia, divenuta poi una serie TV – Sito Miñanco si era fatto un nome nel commercio abusivo di sigarette, prima di compiere il grande salto negli anni Ottanta. Fariña, parola che viene dal portoghese farinha, e che in gallego vuol dire farina, è il nome in gergo con cui viene chiamata la cocaina da quelle parti. Il contrabbandiere gallego, infatti, era entrato in contatto con alcuni narcos colombiani, a cui serviva una punto d’ingresso europeo per la loro “polvere bianca”.
Gli affari, per Sito Miñanco e soci, andarono subito a gonfie vele. In fin dei conti, la struttura organizzativa dei clan veniva da quasi trent’anni di contrabbando. E passare dalle sigarette alla cocaina aumentò, e di molto, gli introiti. Secondo quanto riportato in Fariña, l’80% della cocaina destinata al mercato europeo entrava nel vecchio continente attraverso la Galizia.
Sito Miñanco divenne così il re del narcotraffico locale e iniziò a comportarsi come tale. Auto di grossa cilindrata, ristoranti di lusso, e serate al casino di A Toxa. Tanto mondane erano diventate le notti della provincia di Pontevedra, che – oltre a celebrità spagnole come Julio Iglesias o Isabel Pantoja – persino Cicciolina venne vista diverse volte nei locali notturni della Galizia.
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Sito Presidente e l’ascesa del Cambados
Ovviamente, come ogni capoclan che si rispetti, anche Sito Miñanco era generoso con la sua gente. Solito finanziare le varie feste del paese, la leggenda narra anche di come avesse pagato le spese mediche di alcuni suoi concittadini che necessitavano operazioni o trattamenti speciali. A volte non c’era nemmeno il bisogno che la gente gli domandasse nulla. Appena veniva a conoscenza di qualche grana, si faceva avanti lui offrendo prestiti a fondo perduto, guadagnandosi per sempre la gratitudine dei propri compaesani.
Ma Sito aveva anche un’altra passione, quella per il calcio. Da ragazzo era stato nelle giovanili della squadra locale – il Club Juventud Cambados – ma non aveva sfondato. Così, nel 1986, periodo in cui tutto girava per il verso giusto, decise di prendere le redini del club e di diventarne il presidente, coadiuvato nella gestione dallo zio Xepe.
Il narcofútbol non era certo una novità, basti pensare a Pablo Escobar, “sponsor” di Club Deportivo ed Atlético Nacional de Medellin, o i fratelli Rodríguez Orejuela, che gestivano l’America de Cali. Anche la Galizia aveva già vissuto qualcosa di simile con il “Celta de Marlboro”, quando Celso Lorenzo Villa, uno dei principali contrabbandieri di tabacco, era stato presidente del Celta Vigo dal 1959 al 1962. Anche se quello fu un caso abbastanza isolato.
Il quel momento il Cambados navigava anonimamente nelle serie dilettantistiche regionali, ma con Sito presidente la squadra iniziò a cambiar faccia. Il progetto sedusse numerosi calciatori locali, attratti da stipendi superiori alla media e da generosi premi-partita. Tuttavia, Sito non pescò nelle serie superiori, bensì armò una squadra con il meglio della categoria, prendendo giocatori dalle vicine Ourense, Racing Ferrol, Lugo o Pontevedra. Gente che in molti casi era uscita dai settori giovanili del Celta Vigo o del Deportivo La Coruña, come Modesto Rafael Méndez – padre di Brais Méndez – il portiere veterano Jesús González Sanisidro, o l’attaccante Miguel Soro.
I risultati non si fecero attendere. Il Cambados divenne un rullo compressore, conquistando una promozione dietro l’altra fino all’approdo in Segunda B, la terza serie del calcio spagnolo, nel 1989. Un successo premiato con una tournée a Panama e in Venezuela. Tutto spesato da Sito Miñanco, ovviamente.
Nei tre anni che rimase in Segunda B, il Cambados si trovò di fronte compagini come Getafe, Leganés, Compostela, Salamanca, Numancia, nonché le squadre riserve del Real e dell’Atletico Madrid. Tutti gli intoppi legati al grande salto furono poi facilmente arginati. Quando il modesto impianto del Campo de Fútbol, allora in terra battuta, risultò inadatto alla categoria, Sito Miñanco – chi sennò? – finanziò i lavori del Municipal de Burgáns, un campo allora in disuso che venne risistemato per poter essere in regola ad accogliere le gare di Segunda B.
Il Cambados sfiorò persino la promozione in Segunda in un’occasione, quando arrivò quarto in classifica. Il sogno di portare la squadra nella Liga andò lentamente sfumando, ma il Cambados giocò comunque al Santiago Bernabéu, quando sfidò il Real Madrid Castilla in trasferta. Un onore per Sito Miñanco, dichiarato tifoso merengue. Per la cronaca il Cambados uscì dal Bernabéu a testa alta, sconfitto per 1-0 da un Castilla che al centro dell’attacco presentava un giovane Ismael Urzaiz, il quale in seguito sarebbe arrivato in nazionale ed avrebbe vestito a lungo la maglia dell’Athletic Club.
La fine di tutti i sogni
Sulla mancata promozione del Cambados in Segunda esiste una leggenda. La squadra gallega era partita fortissimo e si trovò in testa dopo cinque giornate. Ma poi c’era stato un calo, e il Cambados aveva concluso con appena due vittorie negli ultimi due mesi. Quel quarto posto in Segunda B rimane comunque il punto più alto mai raggiunto, ma vi furono i sospetti che lo stesso Sito Miñanco avesse ordinato di alzare il piede dall’acceleratore. Dopo anni di fasti, era infatti arrivato il momento di abbassare il profilo.
Sul finire degli anni Ottanta, i traffici di droga che passavano per la Galizia iniziarono ad essere sempre di più sotto l’occhio della polizia spagnola. In precedenza, i tentacoli dei contrabbandieri nelle istituzioni galiziane avevano permesso di far continuare le proprie attività senza troppi intoppi, ma, dopo un lungo periodo di “campo libero”, il panorama stava iniziando a cambiare.
Nel luglio 1990 la polizia spagnola mise in atto un grossa operazione antidroga che vide i principali narcotrafficanti galiziani finire in carcere. Sito Miñanco era riuscito a scappare e darsi latitante, malgrado su di lui pendesse un ordine di cattura internazionale.
Dopo ulteriori investigazioni, la polizia era riuscita a stringere il raggio di ricerca, individuando la zona e il possibile rifugio del narcotrafficante gallego. Tuttavia, per prenderlo, sarebbe stato necessario un errore da parte di Sito Miñanco. E il destino volle che fosse proprio il fútbol a fargli compiere il passo falso che portò alla sua cattura.
Il 19 gennaio 1991 andò in scena infatti Barcelona-Real Madrid. L’intero Paese si paralizzò per assistere alla sfida fra le due grandi. Nessuno si voleva perdere il Clásico, e fu così che Sito Miñanco lasciò il suo nascondiglio – uno chalet a Pozuelo de Alarcón, nei pressi di Madrid – per andare in un bar a vedere la partita, mischiandosi fra la folla.
Non fu una bella serata per lui. Il suo Madrid perse 2-1 e al rientro a casa si ritrovò in manette e, successivamente, condannato a 18 anni di prigione. La prima di tre condanne che vedono il capo gallego, quasi settantenne, attualmente ancora in carcere.
Senza più il suo presidente, come previsto, il Cambados – che quest’anno compie 60 anni di attività – tornò rapidamente nell’anonimato. Attualmente milita nel campionato di Preferente Gallega, la sesta serie spagnola. Il paese di Cambados, invece, negli ultimi anni ha abbracciato fortemente il turismo. Soprattutto quello enogastronomico. Nel 2001 il suo centro storico è stato dichiarato “Bene di Interesse Culturale”. Mentre, nel 2017 la cittadina ha ottenuto la certificazione di “Città Europea del Vino” grazie al suo Albariño.
Molti dei turisti che arrivano fin qui, poi, sono soliti visitare il Pazo Baión, un antico palazzo circondato da vigneti che rappresenta anche il cambio di faccia di Cambados. Durante gli anni d’oro del narcotraffico, il Pazo era stato infatti acquistato nientemeno che da Laureano Oubiña, uno dei boss locali. Dopo il suo arresto, e la conseguente caduta dell’impero della fariña, nel 2008 il Pazo è finito in mano alla Bodega Condes de Albarei, che attualmente investe il 5% del proprio fatturato nella prevenzione, nel trattamento e nel reinserimento nella società di persone tossicodipendenti.
Testo di Juri Gobbini. Autore della pagina Facebook Storia del Calcio Spagnolo, del libro “Dalla Furia al Tiki-Taka” (Urbone Publishing) e de “La Quinta del Buitre”.
Immagine di copertina tratta da Zenda.
Lista delle fonti
https://www.farodevigo.es/arousa/2018/02/24/cambados-despide-ciudad-europea-vino-16068806.html
https://www.bbc.com/mundo/noticias-internacional-48300547
https://es.wikipedia.org/wiki/Operaci%C3%B3n_N%C3%A9cora
https://elpais.com/diario/1990/06/13/espana/645228009_850215.html
https://elpais.com/diario/1990/10/17/espana/656118005_850215.html