Ritiro Napoli: dal Ciocco a Dimaro, primatista assoluto
Luglio 29, 2023La storia recente del Napoli parla di un felice matrimonio con la ridente località di Dimaro. Una consolidata tradizione che vede migliaia di tifosi partenopei invadere il Trentino negli afosi giorni di luglio per vedere in anteprima volti nuovi, sbracciarsi per avere un autografo, assistere ad allenamenti con giovanissimi della Primavera che nemmeno si conoscono, acquistare la nuova maglia, fare un selfie con un protagonista della stagione azzurra.
O vedere Tommaso Starace che, sulle note di “A far l’amore comincia tu”, ha dato nuovo lustro all’antico mestiere di magazziniere-caffettiere.
Magari tributare una standing ovation ad Aurelio Dela che, impettito, si fa il suo giro di campo e saluta con la t-shirt celebrativa del terzo scudetto. Tutto è azzurro e tutto si vede con gli occhi azzurri. Ci si intristisce solo quando qualche pioggerellina fa capolino qua e là sul campo di Carciato. Prima di ripetere questi rituali a Castel di Sangro, molto più vicino e facilmente raggiungibile da chi si è perso l’inizio in Trentino.
In questo viaggio, diventato per alcuni versi una tappa obbligata dell’estate di moltissime famiglie napoletane, si è creato il circo Barnum delle emozioni, dei collegamenti con le tv locali, delle feste in piazza con comici e cantanti in cerca di visibilità. Con giornalisti e pseudo tali che invadono conferenze stampa, girano coi microfoni ad intervistare tifosi, discutono di calcio mercato e rinnovi all’infinito e mostrano tutti i lati di una passione. Quella per il Napoli.
Vedere tutto questo, prima dell’era De Laurentiis, appariva fantascienza, oggi è la normalità. Nei ritiri di una volta c’erano la squadra, qualche giornalista al seguito che doveva aggiornare il popolo dei patuti una volta al giorno con l’articolo per il giorno dopo e un migliaio di tifosi lo si riusciva a vedere solo quando il Napoli faceva le prime amichevoli. Dopo, tutti in albergo tra scherzi e gavettoni e qualche fuga non autorizzata.
La mattina seguente si andava dal general manager per discutere e risolvere il problema del reingaggio. Questo sì che non è cambiato. Oggi si dice ‘rinnovo’ o ‘prolungamento’, una volta era l’ingaggio. Prima dell’allenamento anti meridiano e rigorosamente prima che si tornava ad allenarsi al San Paolo o a Soccavo. Perché ai nastri di partenza del campionato non si parlava più di soldi ma solo di calcio giocato.
Prima di Dimaro: l’amore per “Il Ciocco”
Come si poteva prevedere già qualche anno fa, il Napoli dell’era De Laurentiis si è indissolubilmente legato alla località di Dimaro per il ritiro pre campionato. Una volta si chiamavano ‘romitaggi’, altro calcio, altre epoche. Eppure un altro luogo, nel recente passato, ha tenuto testa al primato di Dimaro fino ad uscirne irrimediabilmente sconfitto dal tempo e diventare l’eterno secondo.
Trattasi della località denominata ‘Il Ciocco’ dove il Napoli fece un filotto di sette anni consecutivi dopo aver assaporato i più ameni luoghi di montagna tra Abruzzi (Sulmona, Avezzano e L’Aquila), Campania (Napoli ed Agerola), Molise (Campobasso) e Lazio (Rieti) tra gli anni ’50 e ‘60. I risultati furono alterni, un po ‘ di Serie B, la promozione definitiva in Serie A e poi le prime stagioni esaltanti del ‘Cabezon’ Sivori e di ‘Core ‘ngrato’ Altafini. Al momento, dunque, questa speciale classifica dei ritiri è la seguente : Dimaro 13 ( un numero destinato a crescere con molta probabilità ), Il Ciocco 7. Seguono altre località ma nessuna insidia il posto d’onore del ritiro in Toscana. Che volete, solo sono numeri.
Sette anni e tre allenatori, Chiappella, Vinicio e Pesaola scelsero la località vicino Lucca per la preparazione precampionato della squadra, a seicento chilometri dalla città. La storia del Ciocco, il suo sviluppo ed il successivo boom sono legati al Napoli perchè all’inizio degli anni ’70 la struttura non offriva molto, un po’ come la Castelvolturno di diciannove anni fa, quando la sede degli azzurri era probabilmente solo un’idea della famiglia De Laurentiis.
Ferlaino scelse la località toscana dopo la non brillantissima esperienza fatta all’estero, a Coira in Svizzera, durante il suo primo anno da presidente. Nell’estate del 1970, con una squadra di vecchietti come Sormani, Altafini e Hamrin, Chiappella fece un sopralluogo nelle zone intorno a Barga e scelse questa tenuta chiamata Il Ciocco, 700 metri sul livello del mare. All’inizio la struttura non dava molte garanzie, ci si doveva arrangiare poiché il campo non era ancora finito e gli azzurri dovevano andare a Gallicano per gli allenamenti.
Nonostante questo, l’esodo dei giornalisti al seguito si spostò fino a Castelvecchio Pascoli, una frazione del comune di Barga, lì dove “volava una rondine al tetto” e dove c’è la casa-museo del poeta “fanciullino”. La squadra era sempre accolta con un enorme striscione, all’inizio del paese, che recitava “Castelvecchio Pascoli saluta il Napoli”. Buona stagione, terzo posto, la scaramanzia dice di riprovarci. L’anno dopo le condizioni per allenarsi e per effettuare una efficace preparazione crebbero sempre di più mentre il Napoli, con gli acquisti di Macchi, Perego e Martella, non andò oltre l’ottavo posto.
Beppe Chiappella era un uomo buono ma testardo, gli piaceva quel posto e per il terzo anno consecutivo, il 1972, scelse ancora Il Ciocco. In effetti i cinquecento ettari della tenuta, una delle più belle della Garfagnana, con il sapore rustico della natura, con il suo buon cibo, il clima ovattato della residenza dei calciatori ed i suoi dintorni, ne facevano un centro turistico-alberghiero ideale per un ritiro precampionato. Fu la sua ultima stagione alla guida degli azzurri ma il complesso alberghiero cresceva, le comodità erano aumentate, finalmente non ci si doveva più spostare e lasciare la tenuta per fare gli allenamenti. Il campionato purtroppo non fu esaltante ma quell’anno a sudare in Toscana c’erano quattro pilastri del futuro Napoli all’olandese, ovvero Bruscolotti, Vavassori, Carmignani ed Esposito.
Intanto in società si parla sempre meglio e bene di quel luogo, la riconferma appare scontata. C’era un “ma”, c’era la rigidità del sergente di ferro Vinicio che era subentrato a Beppone il “milanese” per costruire il Napoli delle meraviglie. Luis Vinicio firma il contratto e subito pretende di farsi accompagnare nella sede del ritiro, vuole constatare la struttura di persona. Detto fatto, il tecnico brasiliano dà il suo assenso, Napoli ancora al Ciocco, il ritiro è confermato.
Qui nasce la squadra che fece sognare
E’ qui che nasce la squadra che fece sognare i napoletani, grazie anche ai nuovi acquisti Clerici, Braglia ed Orlandini. Nel 1974 la situazione si capovolge e mentre Luis tiene in pugno la squadra e sa che i calciatori lo seguirebbero anche all’inferno, è la società che inizia ad avere delle perplessità sul Ciocco. Il perché è presto detto. Intorno alla struttura comincia una vita mondana, con la piscina ed un night club che fanno un pò il verso alla Bussola e a luoghi non distanti come Camaiore, Viareggio e Forte dei Marmi.
Pare, infatti, che al mattino ci fosse un bel gruppo di persone che saliva su per fare il bagno in piscina. Mentre la sera, al ritmo della nascente disco-music, anche il night era aperto fino a tarda notte. Insomma, le tentazioni. Vinicio, però, vigila, non teme colpi di testa dei giocatori e dice a Ferlaino “si torna allo stesso posto”. Evidentemente stava crescendo la consapevolezza che quel Napoli non l’avrebbe fermato nemmeno la vita da… night. La preparazione è eccezionale, Burgnich è letteralmente innamorato dei metodi di “O’ Lione”. Sarà una stagione straordinaria, il Napoli contenderà lo scudetto alla Juventus fino alla fine. Sappiamo tutti poi come è andata.
La chiusura del connubio col Ciocco
Alla metà della decade le speranze si mischiano alle convinzioni, la società crede di migliorare il piazzamento d’onore dell’anno precedente. Il Ciocco, dove andare altrimenti? Sì, ci sarà una vittoria stavolta, ma sarà quella della Coppa Italia. Rottura tra Vinicio e la squadra, qualcosa si incrina. La stagione la portano in fondo una strana coppia, Rivellino e Delfrati che alzano la Coppa a Roma.
E veniamo alla mesta chiusura di una storia d’amore che, come la legge dura del matrimonio, va in crisi al settimo anno. Il dopo Vinicio si chiama Pesaola. Il tecnico argentino stavolta non mette lingua. Trova già confermato il romitaggio anche se avrebbe preferito Abbadia San Salvatore, la località ai piedi del Monte Amiata che tanto gli era piaciuta negli anni del boom con Sivori, Cané, Juliano ed Altafini. Alla fine il Napoli divorzierà dal Ciocco perché, come un marito ferito, vide la stagione falcidiata da infortuni, subì la grossa delusione della semifinale di Coppa delle Coppe con l’Anderlecht e perse le due ultime partite a tavolino. Qualcosa si era rotto. Il feeling magico col Ciocco si spense all’improvviso, come una candela al vento. Fu sufficiente questo per dire ‘basta’ e ricominciare da Bressanone con Di Marzio l’anno successivo.
Testo di Davide Morgera. Professore e scrittore, cultore della storia del calcio e del Napoli. Ha pubblicato quattro libri:
Cronache dal secolo scorso: atti unici nella storia del Napoli (con Urbone Publishing).
Azzurro Napoli. Iconografia inedita di una passione infinita.
Volevo essere Sergio Clerici. Memorie e storie di calcio.
Le foto del testo sono tratte dall’archivio personale di Davide Morgera e utilizzate su autorizzazione dell’autore.