1985, Napoli-Verona 0-0: la “bugia” degli almanacchi
Settembre 14, 2023Ci sono verità che nemmeno le cronache riportano. Una di queste risale al 20 gennaio del 1985, quando a Fuorigrotta scende in campo il Verona di Osvaldo Bagnoli per la prima di ritorno del torneo in corso. Già, i discendenti della fatidica Giulietta, che avevano rovinato oltremodo l’esordio nella nostra serie A di re Diego da Lanus, con un perentorio 3-1 in un’amena domenica di metà settembre, per noi tifosi azzurri amara come il fiele.
E con tanto di sfottò finali, come quello di Elkjaer-Larsen che fece infuriare ‘pal ‘e fierro’ Bruscolotti. Quella del rendez-vous al ‘San Paolo’ non era una semplice partita di ritorno, ma una vera resa dei conti, che nel tempo avrebbe conosciuto toni infuocati, con tanto di insulti razzisti sugli striscioni veneti e con la replica – volgare quanto si vuole ma, al contempo, geniale e, per questo, divenuta poi un cult nazionale – da parte nostra sulla rispettabilità di Giulietta stessa.
Napoli – Verona con gli azzurri in ripresa
Il Napoli arrivava al match sulla spinta emotiva di due vittorie – in casa con l’Udinese ed in trasferta a Firenze – che avevano segnato il cambio di marcia per una squadra incredibilmente invischiata nella lotta per non retrocedere. Una svolta sancita dal ‘patto di Natale’ a Vietri, che aveva suggellato un faccia a faccia salutare tra tutti i componenti del gruppo azzurro, in primis Diego stesso e Salvatore Bagni. Gli scaligeri, dal canto loro sorprendentemente primi della classe, avevano appena inciampato nell’Avellino al ‘Partenio’ e sentivano sul collo il fiato dell’Inter di Castagner e del Torino di Radice, rispettivamente a -1 e -2 dal vertice.
Domenica 20 gennaio 1985, questa era la data prescelta dal dio del pallone per la rivincita azzurra. Domenica maledetta. Sì, perché chissà per quale imperscrutabile ragione una professoressa della mia classe di liceo aveva deciso che quel pomeriggio dovessimo recarci al teatro ‘San Carlo’ per non so quale accidente di spettacolo (nemmeno lo ricordo, tanto l’ho rimosso) e, dunque, non ci restava che munirci di santa pazienza e di radioline per non disertare del tutto l’appuntamento col destino.
A rendere ancor più mesto lo scenario una pioggia che non prometteva nulla di buono, i nostri propositi di vendetta sicuramente dovevano fare i conti col campo allentato, che avrebbe favorito gli ospiti gialloblù i quali, tanto per esser chiari, presentavano solo Galderisi in attacco ed ingolfavano il centrocampo con un mediano in più (Sacchetti, ingannevolmente schierato col n. 11), lasciando in panchina proprio Elkjaer, ufficialmente convalescente da infortunio ma, forse, intimorito dal confronto diretto con Bruscolotti, deputato alla sua marcatura e desideroso di farlo… a modo suo. L’erculeo panzer teutonico Briegel montava una guardia asfissiante sul Pibe de Oro.
Quello che gli almanacchi non raccontano
Ci sistemiamo ansiosi nel palco e subito il teatro si tramuta nello ‘stadio San Carlo’, qualcuno si decide a tirar fuori anche la sciarpa beneaugurante, accortamente occultata sotto il giubbotto, per non insospettire la docente al seguito. Ascoltiamo in religioso silenzio le formazioni, trascriviamo su un notes (uscito da chissà dove) le relative marcature e ci ripetiamo, a mo’ di mantra, “c’e magnamm!” (tradotto: “li divoriamo in un sol boccone!”). Vogliamo vincere, il Napoli ed i tifosi tutti, si capisce, l’onta dell’andata va lavata a suon di gol.
E di reti ce ne sono, nonostante gli almanacchi non le annotino. Infatti, a segnare per primo è il Verona, con Galderisi tutto solo davanti a Castellini, ma l’arbitro Pairetto annulla per offside perché forse (le immagini non lo chiariscono del tutto) neppure il terzino partenopeo De Simone lo tiene in gioco. Ma i dubbi diventano certezze negative quando ad andare in gol, subito dopo, è Gigi Caffarelli, prodotto del vivaio azzurro e adoperato da Marchesi come centravanti tattico o di manovra: infatti, quando s’invola solitario sulla destra dell’area avversaria, su assist di Daniel Bertoni, il nostro n. 9 è posizionato addirittura dietro due difensori veronesi, quindi gol valido a tutti gli effetti, nonostante l’inverosimile annullamento. Niente, il risultato a reti bianche resta tale anche se Diego (due volte), Dal Fiume e Bertoni provano a superare un Garella sempre più in versione Garellik.
Poche storie, quella partita l’avevamo vinta, nonostante gli almanacchi lo neghino. Lasciamo lo ‘stadio San Carlo’ imbufaliti per non aver sconfitto non soltanto moralmente, al ‘San Paolo’, i detestati rivali, né ci risolleva il morale il singolare battibecco nel dopopartita tra Ameri – cordialmente antipatico perché sospettato da sempre di essere, se non tifoso, almeno filojuventino – ed il tecnico scaligero Bagnoli, che in diretta sbotta, interrompendo stizzito e polemico il n. 1 delle radiocronache domenicali, che si era permesso di rimarcare i meriti del portiere gialloblù, facendo intendere implicitamente che la capolista era scesa in campo principalmente per non prenderle.
La resa dei conti
Unica, magra, consolazione, aver fatto tremare i futuri campioni d’Italia, agganciati provvisoriamente in cima dall’Inter, vittoriosa in casa con l’Atalanta, ma che, comunque, finirà addirittura terza, dietro il Verona, appunto, ed il Toro. Come a dire che di sorprese, in quel campionato, ce ne sono state, eccome, con il Napoli piazzatosi, poi, ottavo da dodicesimo che era al giro di boa, addirittura secondo, ad una sola lunghezza di distanza, dietro i neoscudettati per punti incamerati nel girone di ritorno (20 contro i 21 dei veneti).
Per quanto ci riguardava, dovevamo attendere la stagione successiva, quando, sempre il 20, ma di ottobre del medesimo anno, avremmo stracciato per 5-0 i freschi detentori del titolo, con tanto di sigillo personale di re Diego, con un mirabolante esterno sinistro liftato che, dalla trequarti, va a centrare il sette sotto lo sguardo esterrefatto del portiere scaligero Giuliani (Garella, nel frattempo, ha ben pensato di traslocare ai piedi del Vesuvio). La conferma che la vendetta è un piatto che va servito più che freddo.
Testo di: Alfonso Esposito. Avvocato, docente di Diritto Penale alla scuola di specializzazione dell’Università Federico II di Napoli, ha appena pubblicato con la Urbone “LEGGENDAJAX: storia e storie di una svolta epocale”.
Di attaccanti che hanno fatto la storia azzurra ha scritto in “Napoli: segnare il tempo”.
A questo link trovate il suo libro “Il Mito che Insegna”, sul Napoli di Vinicio, edito sempre da Urbone Publishing, per la quale ha pubblicato anche “Alla Riscoperta dell’Est”.
Immagine di copertina tratta da wikipedia.