Guillermo Gorostiza, ascesa e declino de La Bala Roja

Guillermo Gorostiza, ascesa e declino de La Bala Roja

Settembre 30, 2023 0 Di Juri Gobbini

La charla prepartita del Valencia fu interrotta da un toc-toc proveniente dalla porta. Qualcuno aveva bussato. I dirigenti andarono ad aprire e si trovarono di fronte un inserviente del Balaídos. “Scusate il disturbo, ma qui c’è un tipo con l’aspetto di un mendicante che dice di essere un vostro giocatore…” chiese imbarazzato l’uomo.

In effetti il tipo che vagava fuori dallo stadio aveva realmente l’aspetto da mendicante. Vestiti sudici, faccia stanca, scarpe piene di polvere. Quel pover’uomo aveva viaggiato, non si sa come, da Sevilla fino a Vigo – quasi 800 km – attraversando strade fatiscenti, ponti abbattuti e campagne ancora piene di cadaveri della Guerra civile spagnola.

I dirigenti del Valencia lo guardarono. Non era raro che perdessero tracce di lui, ma stavolta aveva esagerato. Irreperibile, la squadra era stata costretta a lasciare l’hotel e mettersi in viaggio verso Vigo senza di lui. Era un habitué della vita notturna, ed aveva un fiuto innato per sapere dove fossero i migliori bar delle città che visitava. Questo malgrado la Spagna stesse attraversando un momento di assoluta povertà, dove la gente comune faceva fatica a mettere qualcosa fra i denti.

Ma Guillermo Gorostiza era anche e soprattutto un calciatore. Uno dei migliori in circolazione. Aveva avuto il suo picco all’inizio degli anni Trenta, e il tempo stava passando anche per lui. Ciò nonostante, malgrado un fisico che iniziava pagar fattura di tanti vizi ed eccessi, in campo risultava ancora determinante. E lo fu anche quel giorno a Vigo. Dopo aver chiesto perdono al tecnico e ai compagni, scese in campo normalmente, e nel secondo tempo timbrò il gol del definitivo 2-1 a favore del Valencia.

Era la semifinale d’andata della Coppa del Generalissimo – così era conosciuta la Coppa del Re ai tempi di Franco- e il Valencia liquidò il Celta Vigo anche al ritorno prima di superare nettamente l’Español in finale, mettendo così in bacheca il suo primo trofeo. Nemmeno una fattura salatissima proveniente da un locale di flamenco di Sevilla – che lo storico presidente Luis Casanova dovette pagare per conto di Gorostiza – riuscì a rovinare la festa.

Guillermo Gorostiza: la Bala Roja

Di buona famiglia – il padre era un importante medico basco – fin da ragazzino Gorostiza era stato un ribelle che aveva preferito il pallone ai libri. Originario di Santurce, alle porte di Bilbao, la sua prima squadra fu l’Arenas de Getxo, uno dei migliori club baschi degli anni Venti. Tuttavia, per frenare la sua ribellione, il padre decise di provare rimetterlo in riga. Prima gli trovò un impiego come tornitore ai cantieri navali di Sestao. Poi gli fece cambiare addirittura aria, spedendolo a Buenos Aires a vivere con uno zio.

Col senno di poi, non fu una scelta troppo felice. In Argentina, non poteva essere altrimenti, Gorostiza continuò a coltivare la passione per il calcio, mentre godette anche della movimentata e vivace vita notturna della capitale bonaerense.

Quando lo zio lo avvertì che le cose non stavano andando come previsto, il padre si decise a riportarlo in Spagna, obbligando il giovane Guillermo ad arruolarsi nell’accademia della Marina Militare di Ferrol. Ovviamente, neanche questa misura fu di alcuna utilità. Gorostiza riprese la propria attività calcistica proprio con il Racing Ferrol, esordendo in amichevole contro l’Español e marcando un gol nientemeno che al leggendario Ricardo Zamora.

A Bilbao iniziò a correr voce di un concittadino che aveva talento da vendere, e la prova si ebbe nel 1928 quando l’Athletic affrontò proprio il Racing Ferrol in Coppa del Re. All’andata la squadra gallega diede filo da torcere ai quotati rivali, strappando un pareggio grazie a un gol di Gorostiza. Anche se nel ritorno l’Athletic si impose con facilità, Gorostiza aveva superato l’esame, dimostrando di avere la taglia per vestire la gloriosa maglia biancorossa.

In quegli anni si stava cuocendo qualcosa di buono in pentola, dalle parti del San Mamés. In panchina era tornato il mister inglese Fred Pentland, il quale aveva gettato le basi per un lustro d’oro. La squadra era forte in tutti reparti, ma l’attacco aveva una marcia in più, tanto che il quintetto offensivo venne ribattezzato come la Delantera Histórica. A comporla l’ala destra Ramón de Lafuente, gli interni Jose Iraragorri e Chirri II [Ignacio Aguirrezabala], ed il centravanti Bata [Agustín Sauto Arana], detto il “Terrore di San Mamés”.

Di quella delantera, Gorostiza occupava il ruolo di ala sinistra. Soprannominato la Bala Roja [Proiettile Rosso] per via dei capelli rossi e dello scatto micidiale, Gorostiza venne addottrinato da Pentland, i cui insegnamenti gli permisero di diventare fra i più forti giocatore in circolazione in quel periodo. Il mister inglese gli insegnò a tagliare il campo in diagonale – Gorostiza era destro di piede – mentre allo stesso tempo diede istruzioni ai centrocampisti di non passargli il pallone sui piedi ma qualche metro più avanti, in maniera che il compagno potesse esplodere la propria velocità.

Il “George Best spagnolo”

In un recente articolo pubblicato da El País, Alfredo Relaño, una delle più fini penne del giornalismo spagnolo, ha scritto di Gorostiza chiamandolo il “Georg Best spagnolo”, associando pure il suo stile di gioco ad un mostro sacro del calcio contemporaneo come Cristiano Ronaldo. Attaccante completo, dotato di un potente tiro ed imprevedibile nelle sue giocate, Gorostiza era una rarità per l’epoca.

Tuttavia, la Bala Roja aveva anche un altro talento innato, quello di godersi la vita. Vino e cognac erano i suoi compagni di avventura più fedeli. E i locali notturni di Bilbao non avevano segreti. Non era inconsueto che arrivasse al campo di gioco in ritardo, spesso senza aver nemmeno dormito. A volte ancora ubriaco, o quantomeno alticcio. Bastavano però una rapida lavata di viso e il profumo dell’erba a farlo trasformare di nuovo in un campione.

I trofei piovvero a raffica. In sette stagioni l’Athletic vinse quattro volte la Liga e quattro volte la Coppa, ottenendo il Doblete in due occasioni. Bata conquistò due titoli di capocannoniere, mentre Gorostiza una. La squadra in quegli anni era diventata un autentico rullo compressore che si accaniva senza pietà contro i malcapitati avversari: il Barcelona conobbe al San Mamés la più pesante sconfitta della sua storia (12-1), mentre nemmeno il Real Madrid fu immune alla potenza della Delantera Historica quando nel 1931 i baschi passeggiarono a Chamartín per 6-0, il peggior passivo di sempre incassato dai blancos a domicilio.

 I successi dell’Athletic videro poi molti giocatori vestire anche la maglia della Selección. Gorostiza esordì a soli 20 anni in una amichevole con la Cecoslovacchia nel 1930, e naturalmente fece parte della spedizione spagnola al Mondiale del 1934. Le Furie Rosse si presentarono al via del torneo come una mina vagante, e il Brasile di Leônidas si rese subito conto del valore della Spagna, che li superò negli ottavi per 3-1.

Germania-Spagna dal 1935: una sfida con quasi 90 anni di storia

A Firenze i quarti misero di fronte la Spagna all’Italia, una sfida senza esclusione di colpi – quasi letteralmente – e ricca di polemiche arbitrali. Il pareggio costrinse così le due nazionali ad affrontarsi di nuovo il giorno dopo, e gli spagnoli si presentarono in formazione nettamente rimaneggiata. Ben sette furono i titolari che rimasero fuori dalla contesa – alcuni per stanchezza, altri per infortunio – fra cui il portiere Ricardo Zamora, il bomber Isidro Lángara e lo stesso Gorostiza. Assenze che indebolirono nettamente la Spagna, battuta dagli Azzurri per 1-0.

Dal campo alla trincea

Nella storia della Spagna vi è un prima e un dopo il 17 luglio 1936, momento in cui iniziò il golpe di Stato che poi portò a quasi tre anni di Guerra civile, al termine della quale il Caudillo Francisco Franco prese il comando del Paese instaurando una lunga dittatura.

Nell’ottobre 1936, con Asturie, Cantabria e Paesi Baschi ancora in mano ai repubblicani, a Bilbao venne formato un Governo autonomo a comando dei Paesi Baschi. Molti calciatori, fra cui anche Gorostiza, decisero appoggiare la causa repubblicana. Venne creata una sorta di nazionale basca, chiamata Euskadi, il cui scopo era quello di racimolare fondi per il sostentamento del Governo basco e far conoscere all’estero la delicata situazione politica spagnola. Oltre che tenere gli atleti attivi e lontani dal conflitto.

Il tour dell’Euskadi iniziò in Francia e proseguì in Scandinavia e nell’Europa dell’Est, Unione Sovietica compresa. Quasi tutti gli elementi erano nel giro della nazionale spagnola e di conseguenza l’Euskadi rifilò ben più di una goleada ai malcapitati rivali. In molti posti vennero applauditi e omaggiati, soprattutto per il fatto di rappresentare la parte di Spagna antifascista.

Tuttavia, le notizie provenienti dal Paese erano sempre meno confortanti. Bilbao era caduta nelle mani dei nazionalisti e la città di Guernica era stata completamente devastata da un terribile bombardamento aereo. Alcuni compagni decisero di rientrare, preoccupati per le proprie famiglia. Altri continuarono la tournée in Sudamerica e in Messico. In quel momento Gorostiza prese una scelta alquanto curiosa. Non solo tornò in Spagna, ma decise di voltare le spalle alla causa repubblicana e di arruolarsi nientemeno che con le truppe nazionaliste, con cui combatté nel fronte orientale.

Al termine della Guerra civile Gorostiza riprese a giocare come se nulla fosse successo, ma in molti a Bilbao non avevano dimenticato la sua fuga dall’Euskadi per ritornare in patria e combattere addirittura al fianco degli insorti. La Bala Roja – che di rosso, stando alle sue simpatie politiche, aveva solo il colore dei capelli – non aveva poi perso il vecchio vizio della bottiglia. Se in campo risultava un anarchico, sempre imprevedibile nelle sue giocate, lo stesso era fuori dal rettangolo verde.

Dal settore giovanile stava poi per emergere un’altra ala sinistra destinata a diventare leggenda, Agustín “Piru” Gainza. Meno estroverso ma più costante, Gainza nei suoi esordi lasciò pochi dubbi sulle proprie qualità. I baschi lo cedettero così al Valencia, un club che di lì a poco avrebbe vissuto il suo periodo d’oro, visto che fra il 1942 e 1947 vinse ben tre volte la Liga.

Guillermo Gorostiza: “El mejor extremo izquierdo del mundo”

Al Mestalla la Bala Roja visse una seconda giovinezza, andando in doppia cifra in quattro delle sei stagioni passate in riva al Turia, come parte di un altro attacco atomico. Era la cosiddetta Delantera Eléctrica: Epi [Epifanio Fernández], Vicente Asensi, Amadeo Ibañez e Mundo [Edmundo Suárez] i suoi compagni di reparto.

Mentre il suo rendimento sembrava immune agli stravizi, il Dottor Jekyll aveva però già iniziato a lasciar posto a Mister Hyde. Come in quella famosa trasferta di Vigo. Nel 1946, ormai trentasettenne, Gorostiza decise finalmente di tornare nei Paesi Baschi, salutato dal presidente valenciano Casanova con un Homenaje in suo onore. Trovò un ingaggio con il Barakaldo, squadra di Segunda División, ma la sua stella era già sul viale del tramonto.

La Bala Roja provò a rimanere attaccato fino alla fine al mondo del calcio, con il talento affittato per quattro spicci. Giusto per racimolare quei pochi soldi che gli avrebbero permesso di pagarsi la bevuta successiva. La famiglia, stanca dei suoi eccessi, lo aveva abbandonato a se stesso. Mentre l’orgoglio di campione gli impedì di bussare alle porte dei club o di qualche associazione sportiva per ricevere un sussidio.

In una situazione simile a quella che avrebbero vissuto anche altri geni ribelli come Garrincha, Oreste Corbatta e George Best, una volta appese le scarpette al chiodo i demoni presero il controllo totale del suo corpo. Sempre più alcool, sempre più miseria. Girovagava per i bar di Bilbao nella speranza che qualche tifoso lo riconoscesse e gli offrisse da bere, magari dopo aver ascoltato qualche racconto del suo glorioso passato calcistico.

Alla fine, anche la gente iniziò ad evitarlo. La Bala Roja sparì così dalla mappa del calcio, dimenticato da tutti e costretto a vivere in un convento di suore adibito ad ospizio, dividendo l’alloggio con invalidi e altri senzatetto. Fu proprio lì che Manolo Summers lo trovò, quando, nel 1966, andò alla caccia di vecchie glorie dello sport spagnolo per una serie di documentari chiamata Juguetes Rotos.

L’immagine che lasciò Gorostiza nel filmato girato da Summers fu triste e malinconica. Dall’aspetto scavato e stanco, l’ex calciatore raccontò che era stato sul punto di morire in ben quattro occasioni. Lamentò anche l’abbandono da parte di “certa gente di Madrid” – una frecciata, nemmeno troppo indiretta, al regime franchista – facendo notare che lui, quando c’era stato da metterci la faccia, aveva mollato tutto, si era arruolato volontario ed aveva combattuto in prima linea.

La Bala Roja ricordò i vecchi tempi, quando era una stella del calcio spagnolo. Tanto famoso che nel 1943 fu chiamato assieme a Zamora a girare perfino un film, intitolato ¡¡Campeones!!. Ad un certo punto, durante le riprese, la troupe di Summers passò nei pressi di un campetto dove stavano giocando alcuni ragazzi. Gorostiza, richiamato dal profumo del campo, si unì al gruppo, e chiese di tirare un rigore. Ciccò il primo tiro, ma poi la mise dentro al secondo tentativo.

Qualche giorno dopo quel documentario, la mattina del 24 agosto 1966, Gorostiza venne trovato morto da una suora dell’ospizio dove risiedeva. Aveva 57 anni, anche se ne dimostrava parecchi di più. Non aveva oggetti personali, ad eccezione di un portasigarette d’argento rinvenuto sotto il cuscino. Era probabilmente l’unica cosa di un certo valore che non aveva rivenduto, e anche l’unico oggetto che testimoniava il suo glorioso passato calcistico.

Sul quel portasigarette, regalo del presidente del Valencia Luis Casanova, c’era infatti inciso: “A Guillermo Gorostiza, el mejor extremo izquierdo del mundo de todos los tiempos.”

 

Testo di Juri Gobbini. Autore della pagina Facebook Storia del Calcio Spagnolo, del libro “Dalla Furia al Tiki-Taka” (Urbone Publishing) e de “La Quinta del Buitre”.

Immagine di copertina tratta da ACB.