“El Jardinero” Cruz e l’affetto di Bologna
Ottobre 10, 2023“Io non ne capisco niente ne di giardinaggio ne di piante. Non ho la più pallida idea: né io, né nessuno della mia famiglia. Però quando avevo 17 anni e ho iniziato al Banfield, sono salito su un trattore per scherzare e un giornalista mi ha visto. Credo abbia pensato che ero bravo nel giardinaggio. Siccome in Argentina siamo abituati ad avere dei soprannomi, ti chiamano Cabezon, Flaco, Turco… Io sono diventato El Jardinero”.
Pampero? Nonostante la faccia da Gaucho Triste no. Bonairense? Men che meno. Nativo di Santiago del Estero, Nord interno caratterizzato dal rilievo molto basso (siamo nel mezzo del Gran Chaco) e dalle foreste di palma e “quebracho”, (pregiato legname ottenuto da vari alberi) spesso purtroppo depredate dalla domanda dell’industria della concia, o per far spazio a piantagioni di soia transgenica.
Nessun giardiniere quindi, ma nemmeno boscaiolo. Già da giovanissimo calciatore, nell’area di Buenos Aires. Prima nel piccolo Temperle di Lomas de Zamora poi nel Banfield dove appunto oltre al soprannome prende quella confidenza col goal che lo porterà a vestire la casacca Franjiroja del River e a spiccare il volo per l’Europa.
L’approdo in Europa
A Rotterdam sponda Feyenoord diventa un idolo per i tifosi del De Kuip. Una sera infila per due volte Madama Juve con due reti che per fattura e movenze (190cm ma dotato di ottima progressione) lo fanno accostare a Marco Van Basten.
Terzo millennio e, dopo essere stato buttato fuori dalla semifinale UEFA da un rigore inesistente – fatto pure ripetere – il Presidente Gazzoni rivuole l’Europa e non bada a spese per dare a Guidolin, che già puó contare tra gli altri sul rinato Signori, e l’enfant du pays Pagliuca tornato dai trionfi altrove il talento di Thomas Locatelli e proprio Cruz che il DS Cinquini segue da tempo sotto traccia e che porta in Italia a fine luglio dopo un blitz in Olanda.
Bologna e l’affetto per el Jardinero Cruz
Facciamo dunque la conoscenza di questo argentino schivo e di poche parole, quanto di piú lontano dallo stereotipo del “Tanghero” dal coltello facile, anzi. Senza nemmeno l’allegria contagiosa di un Batistuta o l’alphaness di uno Zanetti.
Ma comunque sempre con la sua faccia serena e sorridente quando lo si incrociava nella piazza di una nota area commerciale di Casalecchio (Comune dove poi giurerà acquisendo la cittadinanza italiana) assieme a Lorena, la consorte ex tennista.
“Oi Julio!! Qué tal??
“Bien, y vos??”
E via dalla pazza folla, che domani il mister mi fa correre.
Già. Il primo anno e mezzo l’ambientamento é piú difficile del previsto.
Rispetto all’Eredivisie i difensori (anche quelli delle cosiddette piccole) sanno il fatto loro. E poi i doppi turni di allenamento, la dieta e magari anche l’Albiceleste che non lo cerca nemmeno perché ha davanti Bati, Crespo, Ortega e quel Bielsa che ai mondiali nippocoreani ti lascia a casa per Nonno Caniggia. E se al Delle Alpi gli danno un rigore al novantesimo contro un Van Der Sar in piena crisi di identità e lui lo tira alto, non può entrare certo (con appena sette goal all’attivo) nel cuore di stampa e tifosi.
Ma la stoffa c’é e nella stagione 2001/02 avviene la definitiva esplosione. La squadra (con Zauli al posto del lungodegente Locatelli) non centra l’Europa perché (costante dell’epoca guidoliniana) a cinque turni dalla fine è quarta ma poi perde da tutti. Anche in casa da chi retrocederà.
Quando poi diventa finalmente un idolo, Gazzoni (ormai stanco di pagare fino all’ultimo centesimo di tasse per poi vedersi scavalcato in classifica da altre società la cui gestione é per cosí dire un po’ allegra) lo cede all’Inter dove conoscerà finalmente i trionfi che meritava. Per poi chiudere alla Lazio e ritirarsi a Lomas de Zamora nell’hacienda che si è comprato calando i campi di tutta Europa.
Jardinero o haciendero Cruz?
Di certo, un grande centravanti che a Bologna ricordiamo con affetto.
Immagine di copertina tratta da Wikipedia.