A riveder la Torres

A riveder la Torres

Ottobre 12, 2023 2 Di Nicola Luperini

Eravamo a Milano con Berlinguer per una manifestazione, e capitò che nello stesso albergo ci fosse la squadra della Juventus, mi pare per una partita con l’ Inter. Vedendolo, i calciatori circondarono il segretario per salutarlo. Onorevole, gli dissero, sappiamo che lei tifa per noi. E Berlinguer, serissimo: no, io veramente tifo per la Torres…

Nella seconda metà degli anni ’70, Massimo D’Alema è stato il presidente dei Giovani Comunisti Italiani. Gli bastano queste poche parole per raccontare un tratto poco sondato di Enrico Berlinguer, gigante vero della politica italiana e della Storia del nostro paese.

Berlinguer era un sassarese di ferro, orgoglioso rappresentante della sua amata isola e della città in cui era nato, dove le prime battaglie politiche avevano iniziato presto ad infiammarlo.
Poco importa che, negli anni, talvolta lo storico segretario del PCI sia stato dipinto come tifoso del Cagliari: erano gli anni di Gigi Riva, rientrava quasi nella normalità che un personaggio sardo di quel calibro venisse accostato alle magiche annate della banda di Scopigno.
Le origini, tuttavia, non si tradiscono. Anche se il cognome è importante e la carriera lanciata. Come amano dire gli appassionati locali, a Sassari si tifa Torres.
Di quale sport si parli, in questo caso, fa poca differenza. Se nella campanilistica diatriba tra Cagliari e Sassari i tifosi pallonari del Casteddu possono vantarsi di essersi cuciti addosso uno storico tricolore, quelli sassaresi possono rispondere col basket. La Dinamo, infatti, è da anni una delle societe cestistiche più forti d’Italia, capace di vincere 1 Scudetto, 2 Coppe Italia e 2 Supercoppe.

La Torres oggi: la partenza bruciante in serie C girone B

Di questi tempi, tuttavia, anche il calcio sta facendo gonfiare il petto ai fieri sassaresi. La Torres, infatti, è balzata agli onori delle cronache sportive per una partenza a dir poco bruciante nel suo campionato.
Inserita nel Girone B della Serie C, la formazione sarda era partita a fari spenti, con l’etichetta di squadra candidata a lottare per salvarsi. Ma i fatti stanno raccontando altro. La Torres ha infatti infilato 7 successi nei primi 7 incontri.
Una partenza mai vista nel professionismo per una squadra sarda, un turbo che neanche il Cagliari del Tricolore aveva saputo innestare. Nei primi 7 incontri di quella leggendaria Serie A a cavallo tra il ’69 e il ’70, infatti, i rossoblu pareggiarono 2 volte, contro Sampdoria e Inter.

Anche l’Olbia ci andò molto vicino: nel 93-94, infatti, vinse le prime 5 gare del campionato di C2 prima di arraffare due pareggi in fila. Una partenza col botto che però non bastò a garantire la promozione ai galluresi, che finirono quarti, scavalcati da Crevalcore, Ospitaletto e Legnano.

La super Nuorese del 2007, che arrivò quarta in C2 guidata da Festa, Emerson e il mitico Lulù Oliveira, perse il derby con l’Olbia alla 6° giornata, dopo una partenza da 2 pareggi e 3 vittorie.

Una gioia per gli occhi, la squadra di Alfonso Greco. Che a Sassari è un cavallo di ritorno. Era stato lui, infatti, il condottiero della Torres nel campionato di Serie D 21/22, chiuso col ripescaggio in C dopo la vittoria dei playoff nazionali e con una finale di Coppa Italia, persa contro il Follonica Gavorrano.
Esonerato l’anno scorso dopo un esordio a singhiozzo, ma richiamato dopo un breve interregno di Stefano Sottili, salva la Torres dalla retrocessione e rimane in sella. Creando, in questa stagione, un’alchimia magica.
Una boccata di ossigeno per l’appassionato pubblico della Torres, facile da accendere come tante calorose piazze della splendida Sardegna. Un botto che può avere, in un calcio sempre più preda della televisione e di una narrativa che privilegia i top team rispetto alle squadre di provincia, il balsamico effetto di avvicinare i giovani sassaresi alla squadra della loro città.
Ricordate? A Sassari si tifa Torres.

Ad ogni generazione la sua Torres

In fondo, ogni generazione di tifosi si merita di avere degli idoli da seguire con passione.
Chissà se ai nonni di Sassari brillano ancora gli occhi quando raccontano ai loro nipoti chi fosse Vanni Sanna.
Narra la leggenda che ad un suo vecchio compagno di squadra (forse Moschino?), al momento dell’intervista in forza al Torino, venne chiesto se fosse più forte Altafini o Boniperti. Quello rispose senza pensarci un attimo: “Il più forte era un sardo che era in squadra con me a Novara: Vanni Sanna”.
Sanna oggi è una delle leggende del calcio sardo, ma a Sassari ci arrivò da ragazzino, ed era già fortissimo. Segnò 19 gol nella stagione 50/51, a soli 19 anni, consegnando alla Torres la promozione in quarta serie. Poi Sanna spiccherà il volo verso Cagliari, ma per Sassari era già leggenda.
Leggenda di un calcio fatto di campi polverosi e battuti dal maestrale. Dove era possibile battere persino i Campioni del Mondo.

Non è una frase messa lì tanto per dire. Lo sanno bene alla Tharros, società calcistica oristanese che prende il nome da uno dei siti archeologici più importanti del Mediterraneo, dove si possono ammirare i resti di un’antica città fenicia.

Sito archeologico di Tharros (Wikipedia)

Nel 1950 la Tharros aveva deciso di investire sul calcio, vincere il campionato di Prima Divisione Sarda e tentare l’assalto alle categorie nazionali. Per farlo, aveva reclutato come allenatore Gino Colaussi. Leggendaria ala sinistra degli albori del nostro calcio, bandiera infinita della Triestina e protagonista anche con la Juventus, Colaussi fu tra i vincitori del Campionato Mondiale del 1938, segnando due gol all’Ungheria in finale.

Le strade infinite del calcio finirono per portarlo ad Oristano, dove sulla strada tra lui e la vittoria del campionato si frapponeva un solo grande nemico: la Sassari Torres.
Il giorno in cui i rossoblu arrivarono in città, l’uomo che aveva sconfitto Sandor Birò e Gyorgy Sarosi decise di mettersi i pantaloncini e le scarpe da gioco per provare a battere gli uomini di Vanni Sanna. Tutto inutile: la Tharros prese 4 gol e perse la partita, consegnando il campionato alla Torres.
Magari il nonno che racconta questa storia al nipote lo sta accompagnando, con la sciarpa al collo, a vedere la Torres allo Stadio per la prima volta. Sai, nipotino mio, come si chiama questo stadio, questo pozzo traboccante di ricordi e passione? Bravo: si chiama proprio Stadio Vanni Sanna.

Nel 2000, però, lo stadio non portava ancora questo nome. Vanni Sanna era ancora tra noi, e il tempio del calcio sassarese si chiamava ancora come tanti anni prima: Stadio dell’Acquedotto.
La Sassari Torres aveva vissuto una grande gioia 13 anni prima, vincendo il campionato di C2 e accedendo per la prima volta al campionato di C1, il terzo livello del calcio italiano. E due anni dopo avrebbe sfiorato una storica promozione in Serie B ottenendo un clamoroso quarto posto: troppo forte la concorrenza di squadroni come Cagliari e Foggia.
Poi un lento declino, retrocessioni, l’onta di un fallimento, un nuovo doloroso tuffo nelle Serie Interregionali.
Pian piano la nebbia si dirada, col ritorno in C2 nel 1993.

La strepitosa stagione 99-2000

Il 99-2000, per la città di Sassari, fu un’altra stagione destinata a marchiare a fuoco nuove e vecchie generazioni di tifosi.
Agli ordini di Mister Bebo Leonardi c’era il difensore Riccardo Chechi, un totem, capace di bucare i guantoni ai portieri avversari più e più volte con delle vere bordate su punizione.
C’era Luca Amoruso, mezzapunta in un’epoca in cui le mezzapunte non solo esistevano, ma andavano pure di moda. E non un Amoruso qualsiasi, bensì il fratello di Nicola, Nick Piedecaldo, bomber della Juventus.
C’erano i due Pinna, Sebastiano e Salvatore. Uno faceva il centrocampista, aveva 29 anni e qualche anno dopo avrebbe vinto un campionato di B con il Cagliari. L’altro di anni ne aveva 25 e faceva il portiere. Ancora non lo sapeva, ma al momento di appendere i guantoni al chiodo sarebbe risultato il recordman di presenze con la maglia della Torres: la indosserà in totale 347 volte.
C’era Antonio Langella a mettere a ferro e fuoco le fasce laterali. I nostalgici se lo ricorderanno in un reparto offensivo di culto di qualche anno dopo, tra Serie B e Serie A, con la maglia del Cagliari. Insieme a lui Suazo, Mauro Esposito e il mito Gianfranco Zola. Lo chiamavano Arrogu Tottu, “spacco tutto”, per il suo stile di gioco votato più all’efficacia che all’estetica.
Ma soprattutto c’era un eroe inatteso, esotico, arrivato dalla Grecia. Si chiamava Theofilos Karasavvidis e l’anno prima aveva vinto la coppa di Grecia col Panionios, sconfiggendo in finale un colosso come il Panathinaikos.

Theofilos Karasavvidis alla Torres (Wikipedia)

Non chiedetevi come abbia fatto ad arrivare alla Torres in C2. Non lo sappiamo, però sappiamo che in quella stagione Karasavvidis vedeva la porta enorme, troppo facile da bucare. 19 gol in Campionato, fondamentali per raggiungere la promozione diretta.
Una promozione arrivata all’ultima giornata. La settimana precedente, la Torres era seconda, alle spalle del Rimini, impegnato in casa contro il Castel San Pietro. I sardi già pensavano ai playoff, quando radioline e televideo iniziarono a comunicare la stessa, incredibile notizia. Il Rimini aveva perso in casa, la Torres era prima. Mancavano 90 minuti alla Serie C e c’era da andarsela a prendere lontanissimo da casa, a Mestre.
Lo Stadio dell’Acquedotto, in quell’occasione, si riversò in massa in Veneto, trasformando una trasferta di 800km, divisi tra mare e terra, in un turno quasi casalingo.
Prima Langella, poi un autogol, poi un capolavoro di Amoruso. 0-3, e la Sassari Torres festeggiava il ritorno in Serie C1. Un viaggio di ritorno splendido, con un’intera tifoseria al fianco, bandieroni in mano e canti infiniti.
A Sassari si tifa Torres.

Sono passati 23 anni da quel giorno e a Sassari se ne sono viste, nuovamente, di tutti i colori. Un terzo posto nel 2006, con l’esclusione dai campionati nell’estate successiva e la ripartenza dalla C2 grazie al Lodo Petrucci. Dopo un paio d’anni, la batosta più grossa. Nel 2008 si deve ripartire dalla Promozione, a causa di un altro disastroso fallimento. Con fatica la Torres torna in Lega Pro-Seconda Divisione ma, dopo una retrocessione e qualche anno di Serie D, fallisce di nuovo nel 2017.
Sassari rivede le stelle nel 2022, come vi scrivevamo ad inizio articolo.
Nel mezzo sono passate ingiustizie, lacrime, dissesti societari, umiliazioni, annate da dimenticare.
Tempeste che hanno giocoforza scalfito la voglia di tanti tifosi, ma che hanno anche contribuito a rafforzare l’attaccamento ai colori di tanti altri.
Tanti di quelli che oggi sono sulle tribune del “Vanni Sanna” c’erano su quella nave della Tirrenia partita da Porto Torres verso il Continente, con un sogno che si chiamava Mestre. C’erano anche quando le cose hanno iniziato irrimediabilmente a peggiorare, coltivando la propria passione e cercando come potevano di insegnarla ai ragazzi più giovani, insegnando loro che il sole prima o poi sarebbe tornato a splendere.
E oggi che sembra splendere davvero, grazie ai gol di Scotto, alle sgroppate di Liviero e alle giocate di Mastinu, possiamo dire che avevano ragione loro.
Perchè a Sassari si tifa Torres.

 

Testo a cura di Nicola Luperini, per la rubrica “La Tana del Lupo”. Pisano, cura per Football&Life storie nascoste sul calcio dalla provincia ai Mondiali. Ma non solo. Appassionato di Football Manager, racconta qui le sue avventure.

Lo trovate anche nel podcast “Catenaccio”.

Twitter Account: @NicoLuperini

Immagine di copertina tratta da Wikipedia.