Franco Cerilli e la profezia sibillina

Franco Cerilli e la profezia sibillina

Novembre 2, 2023 2 Di Alfonso Esposito

Bastava una pausa, o una virgola, e il senso cambiava radicalmente. “Ibis, redibis non morieris in bello” è il classico esempio di profezia emessa dalla Sibilla su richiesta di chi la consultava. Se la pausa e la virgola cadevano dopo “redibis” era andata bene, significava letteralmente “andrai, tornerai e, soprattutto, non morirai in guerra”. Altrimenti si faceva nera: bastava posticipare pausa e virgola rispetto al “non” perché il responso, in modo infausto, preannunciasse “andrai, non tornerai, morirai in guerra”.

Questo mi è venuto in mente quando, sfogliando l’album delle figurine Panini ’77-’78, mi sono soffermato su quelle del mitico Lanerossi Vicenza, appena promosso in A a furia di vittorie e bel gioco. Mi piaceva talmente quella maglia che papà si convinse a regalarmela un giorno per la mia personalissima collezione. Il ‘Real Vicenza’ di Gibì Fabbri e, ancor più, di Paolino Rossi, che il tecnico emiliano aveva, per brillante intuizione, convertito da ala destra che era in centravanti, piazzando sulla fascia, ma con ampia licenza di svariare, un biondo e talentuoso chioggiotto, Franco Cerilli. E per lui vale la profezia sibillina. Al tempo del doppio salto dalla Massese in C all’Inter in A, per il campionato ’74-’75, era stato ribattezzato, con pochissimo spirito profetico, ‘il nuovo Corso’, quasi ad esorcizzare il magone per aver perso, da poco, il grande Mariolino, vero signore delle punizioni ‘a foglia morta’.

L’Inter e una rosa da ringiovanire

Il club nerazzurro puntava al ringiovanimento di una rosa che contava ancora sulla ‘vecchia guardia’, composta da Mario Bertini, Roberto Boninsegna e, in primis, due ‘mostri sacri’ come Giacinto Facchetti e Sandro Mazzola. La dirigenza interista decide, quindi, di rinfrescare l’aria dello spogliatoio puntando su alcune giovani promesse, specie dalla metà campo in su, e rinfoltendo i ranghi con Renzo Rossi, ala prelevata dal Como in B, Aldo Nicoli, trequartista del vivaio nerazzurro, e lo stesso Cerilli. Un ‘nuovo corso’, stavolta con la ‘c’ minuscola, che naufragherà con un deludente nono posto in campionato ed il successivo avvicendamento in panchina tra Luisito Suarez e Beppone Chiappella.

Cerilli era mancino naturale di piede e i calzettoni li portava abbassati fino alla caviglia, bastò questo per accendere la fantasia degli addetti ai lavori e travisare la realtà. Perché, più che il ‘nuovo Corso’, Franco per vocazione offensiva era più simile al suo idolo d’infanzia, el cabezon ’ Omar Sivori. D’altronde, il neo-allenatore Suarez lo aveva appena bocciato da responsabile delle giovanili del Genoa, figurarsi se lo vedeva di buon occhio come primo allenatore dell’Inter.

La girandola dei prestiti

L’amore tra i due non sboccia, eppure Franco ricorda con affetto la sua militanza interista, al fianco di campioni che erano tali anche fuori dal campo. Come Sandro Mazzola, che, toccandosi la maglia, raccomanda a Franco di rispettarla sempre e comunque, perché, a quei tempi, era una seconda pelle. Che nostalgia…

Dopo un biennio anonimo a Milano, con poche presenze ed appena un gol – peraltro spettacolare, con la maglia n. 10 sulle spalle contro la Roma all’Olimpico (1-1), in fuga solitaria, scavalcando Paolo Conti in uscita e depositando di testa in rete – Cerilli è ceduto in prestito al Lanerossi. E qui la profezia di un ‘nuovo corso’ (sempre con la minuscola) si rivela indovinata, perché Franco contribuisce con fantasia ed assist (davvero tanti) alla genesi di una piccola leggenda di provincia, quel Vicenza che si aggiudica al fotofinish il torneo di B edizione ’76-’77, con l’allungo decisivo alla penultima giornata, quando in casa piega per 2-1 la Sambenedettese proprio grazie ad un acuto dell’estroso fantasista di Chioggia. Sembra l’inizio di una storia con un lieto fine e così sarà, ma il copione è più imprevedibile di quanto si possa immaginare.

Il Vicenza nel destino di Franco Cerilli

Infatti, l’Inter richiama alla base Cerilli e lo spedisce di nuovo in prestito, ma stavolta al Monza, ancora in cadetteria, mentre il Lanerossi paga lo scotto del noviziato e parte col freno a mano tirato, appena tre punti in cinque gare. Così, il presidente Giussy Farina si risolve a bussare nuovamente alla porta della ‘Beneamata’ per riottenere in prestito Franco.

Viene accontentato ed è un bene, perché i biancorossi tornano a volare, di lì in poi perdono solo due delle restanti venticinque partite ed inanellano una serie impressionante di vittorie, da urlo lo scoppiettante 4-1 inflitto al ‘San Paolo’ al Napoli (alla ventottesima giornata), chiudendo secondi in classifica dietro la ‘solita’ Juve e alla pari col Torino, campione d’Italia appena due anni prima. Un risultato reso ancor più lusinghiero dal primato incontrastato, nella graduatoria dei bomber, di Paolo Rossi, che fa mangiare la polvere a cannonieri collaudati come Savoldi, i ‘gemelli del gol’ Graziani e Pulici, Bettega e Boninsegna.

Franco Cerilli protagonista del calcio offensivo del Vicenza

Di quel bel miracolo della provincia italiana si ricorda il gioco spumeggiante e votato all’offensiva, secondo i dettami del modello olandese di quel tempo, con la lucida regia difensiva di Giorgio Carrera, le sgroppate sull’out mancino di Luciano Marangon (anche se poco utilizzato, sia per noie fisiche che per incomprensioni con Fabbri), una mediana che mixava sostanza e tecnica con Mario Guidetti, Giancarlo Salvi e Renato Faloppa, il moto perpetuo del baffuto e capelluto Roberto Filippi e, non ultimo, l’estro fantasioso di Cerilli, che mette a segno il gol del vantaggio iniziale, con una secca staffilata di sinistro dal limite, nel roboante 4-3 casalingo con la Roma (ancora lei a pagare dazio contro Franco…), mentre, defilatosi sulla sinistra, serve sottomisura a Rossi l’assist del sigillo definitivo nella già ricordata vittoria corsara a Napoli.

In quell’undici Franco indossa la maglia di ‘falso’ 7, perché, in ossequio alla duttilità dinamica del football oranje, spesso si accentra o si posiziona sul lato sinistro del rettangolo di gioco, dipingendo calcio col suo sinistro armonioso e sensibile come la corda di uno Stradivari.

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Una convocazione che avrebbe meritato nel 1978

In fondo, se al termine di quella stagione Rossi vola difilato al mondiale argentino, convocato a furor di popolo da Enzo Bearzot, parte del merito si deve anche al biondo fantasista vicentino, che sapeva come innescare e far deflagrare il potenziale offensivo di quella punta minuta ma letale, destinata poi a diventare il leggendario Pablito. Forse, un posticino tra i 22 poteva meritarselo anche Cerilli, che insieme a Walter Novellino del Perugia emerge di una buona spanna fra i trequartisti che frequentano la massima divisione.

Ma la speranza era davvero flebile, con il c.t. azzurro convinto assertore della filosofia dei blocchi in Nazionale – ben 15 erano i prescelti appartenenti alla Juve (9) o al Toro (6), con i granata a fare tutti da rincalzo per i bianconeri, che per otto undicesimi ottennero la titolarità indiscussa – e con due rivali del calibro del ‘barone’ Causio e del ‘poeta del gol’ Claudio Sala. Poco spazio davvero per ‘mastro’ Cerilli, come lo avrebbero omaggiato in seguito i tifosi del Padova.

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Dopo il mondiale, il bel giocattolo si rompe, il Lanerossi risente oltremodo del grave infortunio del libero Carrera e delle partenze del roccioso terzino Lely e di Filippi, il meccanismo fino ad allora perfetto s’inceppa e, anche se Rossi segna ancora e si piazza secondo dietro Bruno Giordano nella classifica dei marcatori, nulla è come prima, il Vicenza scivola in B, sebbene Cerilli resti in A, col neopromosso Pescara. Di quella stagione sfortunata meritano di essere rammentati i due gol messi a segno da Franco contro Bologna e Torino, che paradossalmente migliorano il suo rendimento in zona gol proprio durante un campionato negativo.

La favola del calcio di provincia

Miope, però, chi crede che la favola finisca lì, perché quella stagione emerge un’altra provinciale terribile, il Perugia di Castagner, secondo e, soprattutto, imbattuto per tutto il torneo che decretò il successo del Milan ‘della stella’, quello del decimo scudetto. Pochi anni dopo l’attenzione si sarebbe spostata di nuovo in Veneto, col Verona di Osvaldo Bagnoli campione d’Italia. Insomma, se il ‘nuovo corso’ (sempre con la minuscola, si badi) del ‘Real’ Vicenza durò appena un anno, quello del calcio di provincia che emergeva per spezzare la monotonia dell’oligopolio delle ‘solite’ grandi si sarebbe protratto ancora. Come a dire che, almeno in questo, la profezia avrebbe visto giusto, perché di quel ‘nuovo corso’ Cerilli – con quel “naso triste da italiano allegro”, come l’avrebbe definito Paolo Conte cantando “Bartali” – è stato uno degli antesignani riconosciuti.

 

Testo di: Alfonso Esposito. Avvocato, docente di Diritto Penale alla scuola di specializzazione dell’Università Federico II di Napoli, ha appena pubblicato con la Urbone “LEGGENDAJAX: storia e storie di una svolta epocale”.

Di attaccanti che hanno fatto la storia azzurra ha scritto in “Napoli: segnare il tempo”.

A questo link trovate il suo libro “Il Mito che Insegna”, sul Napoli di Vinicio, edito sempre da Urbone Publishing, per la quale ha pubblicato anche “Alla Riscoperta dell’Est”.

Immagine di copertina tratta da Wikipedia.