Alberto Reif: non solo il figlio del grande giornalista Gianni
Dicembre 13, 2023Il padre giornalista famoso, il figlio calciatore di scarsa fama. E’ questa la storia dei Reif che andiamo a raccontarvi, uno spaccato dell’Italia del dopoguerra e dei favolosi anni ’60 con il boom dei giornali sportivi e la possibilità, per un giovane di belle speranze, di far parte di una squadra di campioni. Avvenne esattamente questo quando Gianni E. Reif diresse ‘Supersport’ per più di dieci anni, il primo settimanale rivale del ‘Guerin Sportivo’, e quando ad Alberto vennero offerte due possibilità che non furono sfruttate come dovevano.
Al Napoli, sotto l’egida di un fuoriclasse come Omar Sivori, e all’Inter come riserva di un Jair colonna portante dei nerazzurri Euromondiali. Nel primo caso era forse troppo giovane, nel secondo la classe dell’ala brasiliana gli precluse ogni occasione di emergere sebbene Reif fosse stato acquistato col beneplacito di Helenio Herrera. Dodici presenze in due anni non sono il massimo per chi vuole cercare di segnalarsi nel calcio che conta ma Boninsegna ne tesseva spesso le lodi : “E’ un’ala con cui mi trovo molto bene”. Fu fuoriclasse «incompreso», gran talento del pallone, ciuffo ribelle e una simpatia travolgente. Spesso, in campo, mani nei fianchi, lo si vedeva sistemarsi il ciuffo da ‘Beatles’, altra etichetta che l’ha sempre accompagnato e che, forse, non gli è mai dispiaciuta.
Gianni E. Reif, il padre
Quando Hitler occupò l’Austria Gianni E. Reif era poco più di un ragazzo. Subitanea la decisione della famiglia, andiamo dalla zia Giovanna a Verona. Nel momento in cui, nel 1938, il futuro giornalista venne in Italia dalla sua madre patria andò incontro a varie vicissitudini. Cittadino austriaco, di origini ebraiche, per sottrarsi alla follia nazista si stabilì in Veneto e studiò prima presso un collegio dei salesiani (mandato dalla zia, spaventata per le frequenti persecuzioni dei tedeschi in casa sua) e poi Legge all’Università di Padova. Si trasferì successivamente a Spinea, in provincia, per restare nascosto e sottrarsi alla vigilanza delle Autorità.
La mamma di Gianni era persona colta. Faceva l’insegnante di Lingue ma non era del tutto di origine ebraica, era cattolica. Ma i nazisti andavano alla ricerca di antenati ebrei fino alla settima generazione. Poi come un fulmine a ciel sereno, a Gianni arriva la notizia che la madre, ammalata di broncopolmonite, è stata internata in Polonia ad Auschwitz. Da quel momento in poi di lei si perdono le tracce. Intanto il padre viene spesso in Italia per portargli i gioielli della madre, di famiglia ricca, che lo aiutano ad andare avanti visto che di soldi non se ne vedono tanti in giro. Il suo sogno, però, è quello di fare il giornalista, gli piace già scrivere di calcio e di motori.
Un giorno, in una piccola pensione, Gianni conosce Firmino che gli presenta Adele Boni. E’ amore fulminante. Dopo una settimana il futuro giornalista italo-austriaco va a stare a casa di Adele che vive da sola con la madre. Ma le peripezie, anche dopo aver trovato l’Amore, non finiscono qui. Gianni, la cui origine ebraica è ormai nota, è ricercato dalle Brigate Nere, lo vogliono uccidere. Così decide di scappare portandosi dietro Adele che nel frattempo ha scoperto di essere incinta. Si rifugiano in campagna, si nascondono in stanze sotterranee, sotto carri di fieno, dove capita, fino a quando una sera i tedeschi bloccano Adele e la picchiano scaraventandola da una parte all’altra della stanza.
Poi desistono. La svolta arriva pochi giorni dopo quando un’impiegata del comune procura loro dei documenti falsi che serviranno anche per farsi assumere come interprete dalle ferrovie a cui mostra i documenti italiani (Gianni aveva anche quelli tedeschi che sarebbero serviti se fosse stato fermato dagli italiani). Questa vita su un ottovolante termina con la fine del conflitto bellico. Gianni E. Reif, che nel frattempo è entrato ‘seriamente’ nel mondo della scrittura come sceneggiatore, e Adele finalmente si sposano. Nell’ottobre del 1946 nasce Alberto e due anni più tardi inizia la sua avventura a ‘Supersport’ di cui diventerà direttore.
Reif non è più un ‘signor nessuno’ o uno sconosciuto se a 26 anni, ai Mondiali di calcio in Brasile, è il più giovane giornalista accreditato. La sua fama di penna arguta e sagace cresce sempre di più e sono note le sue amicizie con Gianni Agnelli, Nereo Rocco, Moratti padre, Gipo Viani, tutta gente a cui dava del ‘tu’. Purtroppo morirà giovane, a soli 54 anni, quando il figlio sta spendendo gli ultimi spiccioli di carriera nel Belluno. L’anno dopo, infatti, anche Alberto dirà basta col calcio e si ritirerà.
Alberto Reif, il figlio
Ma ‘il figlio del famoso giornalista’ aveva iniziato la carriera con un botto, anzi con i fuochi di artificio, quelli che solitamente spariamo a Partenope l’ultimo giorno dell’anno. Per il campionato 1966-67 il Napoli lo preleva dall’Olympia Montorio, un club dilettantistico di Verona, con l’intento di farlo entrare in ‘rosa’. Il ragazzo è giovane, ha appena venti anni e davanti a lui ha Altafini, Orlando, Bean e Canè. Si inizia anche a disquisire se è una vera punta o meno, qualcuno dice che è un’ala, qualcun altro afferma di vederlo bene anche dietro gli attaccanti ma la realtà è che il Napoli ha uno squadrone. Dopo le bocche di fuoco di cui sopra, a centrocampo giostrano Sivori, Juliano, Bianchi e Braca.
La speranza è di vederlo in amichevoli ed in Coppa Italia, nulla più. Dopo la preparazione estiva, la foto di rito di inizio campionato, per Alberto Reif c’è solo tribuna. La panchina la vedeva da lontano, da molto lontano. Finché arriva il giorno dell’unica gara che il Napoli disputerà in Coppa Italia in quell’annata, quando gli azzurri entrano nella competizione iridata, il 4 maggio del 1967 a Padova. Reif indossa la maglia numero nove, gioca dal primo minuto. Altafini risponde al biancoscudato Morelli al 70’ e la gara finisce in parità al novantesimo. Tempi supplementari. Ad un minuto dal termine, al 119’ Quintavalle buca Bandoni e dà la vittoria ai patavini che arriveranno addirittura a giocarsi il trofeo. Perderanno solo 1 a 0 la finale contro il Milan con rete di Amarildo.
Dopo quella gara nella competizione tricolore, che segna l’eliminazione degli azzurri, il Napoli disputa le ultime quattro partite della stagione, che lo vedrà arrivare quarto, contro Fiorentina e Torino in casa e Inter e Lecco in trasferta. Due vittorie, una sconfitta ed un pareggio. Ma Reif, l’oggetto misterioso, dov’è? Di lui si perdono definitivamente le tracce e la dirigenza napoletana lo gira alla Spal di Paolo Mazza, per fargli fare le ossa, insieme a Braca. Con i ferraresi Reif metterà insieme 9 presenze e farà il suo esordio in serie A contro il Milan il 24 settembre 1967 (4 a 1 per i rossoneri).
La cosa curiosa di quell’annata è sempre un incontro di Coppa Italia. Si gioca al San Paolo contro gli estensi che schierano Reif da centravanti in quello che poteva essere il suo stadio. Ebbene, chi ti sblocca la partita? Ma Alberto, diamine! Poi però Orlando, Canè, Altafini e Barison, i quattro cannonieri del Napoli, si rimboccano le maniche e la ribalteranno. La gara finirà 4 a 1 per i partenopei ma con un velenoso gol dell’ex.
Alberto Reif è ancora acerbo, non convince nemmeno con gli spallini poiché questi lo girano al Vicenza dove però le sue quotazioni sembrano crescere. Infatti disputerà 19 gare e segnerà 4 reti con i biancorossi del ‘Menti’. Finalmente il ‘figlio del giornalista’ non è più un ‘raccomandato’. Testimone di questa crescita tecnica e mentale del giocatore è anche l’esordio nella Nazionale Under 23 contro l’Irlanda del Nord, vittoria dell’Italia per 2 a 1. Tutto questo lo porta al clamoroso salto, tanto atteso: quello all’Inter dove rimarrà per due anni. Sulla carta è la riserva di Jair da Costa ma riesce a disputare dieci gare.
L’anno successivo, campionato 1970-71, l’Inter vince lo scudetto in rimonta e Reif, pur disputando solo due partite, rientra tra i Campioni d’Italia. Nell’annata successiva passa al Verona, ancora nella massima serie, totalizzando 16 presenze con due reti. L’essere gracilino e andare a ritmi alterni non convince nemmeno gli scaligeri sebbene il ragazzo continui a mostrare delle buone qualità tecniche ed un discreto tiro dalla distanza. Evidentemente non basta per affermarsi con continuità in serie A. Ecco perchè lo prende l’Atalanta con la quale Reif sembra regredire ai tempi del Napoli di sei anni prima. Infatti con gli orobici disputerà solo una gara di Coppa Italia prima di essere dirottato al Mantova in serie B dove purtroppo non riuscirà ad evitare la retrocessione.
Sarà perché il nome fa tanto ‘esotico’, sarà perché non tutte le speranze di vederlo esplodere sono finite ma Reif avrà un’altra chance in serie A. Questa volta è la Roma che lo acquista ma Prati, Domenghini, Orazi e Spadoni sono delle vecchie volpi del torneo e non gli lasciano nemmeno le briciole. Zero presenze, carriera in declino. Si trasferisce quindi prima alla Mestrina e poi al Belluno dove chiuderà a soli 33 anni. Una professione fatta di 56 presenze in A (con sei reti) e 11 in B.
Quando si ritirò, giramondo del pallone, diventò direttore del garage San Marco, a piazzale Roma a Venezia. Un incarico importante, che svolgeva con passione a contatto con veneziani e turisti, amministrando in allegria un’impresa con 50 dipendenti. Reif si fermava spesso a chiacchierare del calcio che fu con curiosi ed ammiratori ricordando con orgoglio lo scudetto con l’Inter, l’unica nota lieta del suo palmares.
Un tumore al pancreas lo portò via in pochi mesi proprio al compimento dei 66 anni nella sua casa di Padova. La presenza ai funerali di una rappresentanza della grande Inter fu un segno di rispetto, testimoniata da fuoriclasse come Luisito Suarez, Roberto Boninsegna e Bedin. Perché, tra i nerazzurri, in punta di piedi, c’era entrato anche lui anche se, schernendosi, diceva «Non ero da Inter, non sono stato un fuoriclasse, come magari papà avrebbe voluto».
Testo di Davide Morgera. Professore e scrittore, cultore della storia del calcio e del Napoli. Ha pubblicato quattro libri:
Cronache dal secolo scorso: atti unici nella storia del Napoli (con Urbone Publishing).
Azzurro Napoli. Iconografia inedita di una passione infinita.
Volevo essere Sergio Clerici. Memorie e storie di calcio.
L’immagine di copertina e la foto del testo sono tratte dall’archivio personale di Davide Morgera e utilizzate su autorizzazione dell’autore.