Coppa d’Asia: Australia-Corea del Sud, ne parliamo con Dario Focardi

Coppa d’Asia: Australia-Corea del Sud, ne parliamo con Dario Focardi

Febbraio 2, 2024 0 Di Luca Sisto

La Coppa d’Asia in Qatar entra nel vivo con i quarti di finale. Il big match degli Ottavi tra l’Arabia Saudita di Roberto Mancini e la Corea del Sud di Klinsmann, ha visto la nazionale del Sud-Est Asiatico passare il turno ai rigori, dopo aver trovato il gol del pari solo dopo 8 minuti di recupero dei regolamentari.

Ai Quarti, quindi, ci sarà un altro match di cartello, quello fra Australia e Corea del Sud.

E chi meglio di Dario Focardi, fondatore della pagina Facebook Calcio Oceanico e fra i direttori di All Asian Football, potevamo intervistare per avvicinarci a questa grande sfida?

Dario, intanto grazie per aver accettato il nostro invito: Australia – Corea del Sud è un po’ il derby del cuore per te. Puoi raccontarci da dove nasce la passione per il calcio oceanico e per quello asiatico?

“Per un periodo ho vissuto in Francia, e mi sono letteralmente innamorato di Marama Vahirua, giocatore tahitiano molto conosciuto in Ligue1, che balzò agli onori delle cronache sportive a fine carriera, quando partecipò alla Confederations Cup con la nazionale di Tahiti. Ovviamente presero molti gol, perdendo tutte le partite, ma fu una festa.

Da lì ho continuato a seguire il calcio polinesiano e quello oceanico in generale. Mi sono appassionato all’Australia, anche quando è passata alla AFC (1° Gennaio 2006 ufficialmente), per i motivi che conosciamo, legati alla goleada contro American Samoa. Sei anni fa abbiamo fondato All Asian Football insieme a Nicholas Gineprini che si occupava principalmente della Cina. Già seguivo a distanza il calcio coreano, anche quando ero principalmente legato all’Australia e alla A-League, il torneo professionistico che mi ha dato anche la possibilità di conoscere diversi calciatori, non ultimo il nostro Alino Diamanti. 

Quindi assolutamente sì, per me questa è la partita del cuore.”

Non ti chiedo un pronostico o di dirci chi per te è favorita, ma visto il momento delle due nazionali, che partita ti aspetti? Che tipo di calcio praticano i due allenatori?

“Due filosofie di gioco diverse. O meglio: una, l’Australia una filosofia ce l’ha, nonostante io non sopporti particolarmente né Graham Arnold, che gioca un calcio “antico”, né Klinsmann che una filosofia non ce l’ha e si affida ai singoli della Corea del Sud.

Arnold pratica un classico 4-4-2, compatto, senza stelle, tant’è vero che ha deciso persino di non portare le giovani stelle in rampa di lancio, come Nestory Irankunda e Alex Robertson. E neppure Jamie Maclaren, cannoniere storico della A-League. Questo perché Graham Arnold ha deciso di portarsi dietro i suoi uomini, quelli con cui può giocare un calcio fatto di fisicità, difesa e contropiede. Aspettiamoci quindi una partita di questo tipo, in cui il pallino del gioco è in mano alla Corea del Sud, ma con l’Australia pronta a colpire anche sui calci da fermo.

La Corea del Sud ha in effetti un “non gioco”. Generalmente pratica un 4-4-2, anche se con l’Arabia Saudita è partito 3-4-2-1 per la prima volta. In buona sostanza la cosa non ha funzionato e i giocatori in campo hanno preso in mano la situazione. Si tratta di calciatori di grande talento. Penso a Lee Kang-in del PSG, a Son degli Spurs, Kim Min-jae che ha vinto uno Scudetto col Napoli prima di passare al Bayern Monaco.”

Kim Min-jae, o della spiritualità

Si è parlato tantissimo di Mancini, andato via prima ancora di assistere all’ultimo rigore dei coreani, dopo che i suoi ne avevano falliti due. A tuo giudizio, qual è lo stato attuale del progetto Mancini – Arabia Saudita, e quali sono i prossimi obiettivi?

“L’esperienza di Mancini alla guida dell’Arabia Saudita a mio parere non termina perché è un progetto di lungo termine. Poi magari domani lo cacciano, difficile dirlo. Ma non ho di queste voci, anche perché ci sono clausole enormi, per quanto insomma non abbiano problemi di spesa, ma sarebbe più una questione di immagine. Il momento è molto negativo, l’Arabia Saudita non ha fondamentalmente un bel clima nello spogliatoio da quando c’è Mancini.

Giustamente vuole imporre i suoi schemi culturali e i suoi uomini (contro la Corea del Sud è partito con 8 calciatori dell’Al-Hilal). Ma anche nelle qualificazioni aveva stentato a vincere contro Pakistan e Giordania. Due partite agevoli, soprattutto la prima.

Secondo me dovrebbe essere più accondiscendente. Mi sembra di aver rivisto il primo Mancini, quello che si innervosisce facilmente e non accetta le difficoltà dei suoi. Avrà la pazienza di aspettare? I sauditi avranno la pazienza di attendere i risultati e fidarsi del lavoro del tecnico? Probabilmente il Mancio riteneva fossero più avanti, dopo averli visti ai Mondiali. Invece la situazione è un po’ crepuscolare, diciamo così.”

Possiamo dire che la Corea stia esportando talento, mentre l’Australia ha un campionato professionistico, la A-League, che punta anche a far crescere giovani calciatori e sta impostando una base multietnica (penso ai diversi calciatori di origine sud-sudanese). Come vedi il futuro del calcio in Australia?

Questa è una bella domanda. Ne ho scritto diverse volte anche di recente: la questione è legata alle iniziative che verranno intraprese a livello federale. Sia per quanto concerne la guida tecnica della nazionale e delle nazionali (che tipo di calcio vogliamo impostare?) – sia per quanto concerne la riforma dei campionati. Ad oggi, l’unico campionato professionistico è la A-League. L’introduzione della seconda divisione, con promozioni e retrocessioni, potrà fare la differenza. Quello che oggi è il secondo livello, per intenderci, i campionati regionali dove trovi squadre come i Marconi Stallions, potrà quindi “interagire” con il primo livello, non più solo in Coppa.

A mio parere, il sistema americano nel calcio non si applica al meglio, anzi, ne limita la competitività. Lo sport negli USA è visto più come intrattenimento e passione. Per me questo sarebbe un passo in avanti. Saranno introdotte due nuove franchigie, una nella capitale Canberra, di grande tradizione, e una ad Auckland. 

Agli australiano da un punto di vista sportivo c’è da insegnargli poco, anche se sono più forti nel Rugby, nel Cricket, e il seguito maggiore è nel football australiano. Ma a livello femminile sono già eccellenti nel calcio. La grande fortuna è stata quella di ospitare una nidiata di ragazzi di origine centro-occidentale africana, che è andata a rimpinguare le fila dei giovani delle nazionali juniores. Il mio sogno è quello di un ritorno di Postecoglu – ora allenatore di successo al Tottenham – con cui ricordo l’Australia nel 2015 ha vinto la sua unica coppa d’Asia, in casa, in finale ai supplementari proprio contro la Corea del Sud.

Ma siccome, almeno a breve, non succederà, mi auguro ad esempio che Harry Kewell, che sta cominciando la sua avventura ai Marinos in J-League, possa un giorno fare lo stesso percorso di Postecoglu e prendere in mano le redini dei Canguri.”

I calciatori coreani stanno diventando un must in Europa, dove spesso arrivano già maturi. Come mai allora il calcio asiatico non gode dello status di quello africano? Per una questione di regolamenti o per tradizione?

“Dobbiamo partire da un presupposto fondamentale. Il Continente Africano ha vissuto un colonialismo molto più recente e diretto, il che favorisce l’approdo di diversi calciatori in Europa, oltre che la crescita dei giovani africani di seconda generazione all’interno di Paesi come Francia, Belgio, Portogallo, Olanda.

In Asia questo aspetto è molto più limitato e meno recente. A questo si aggiunge una sorta di esotismo per cui ancora si pensa, largamente, che gli asiatici non sappiano giocare a calcio. Non come sport primario almeno.

Per quanto riguarda i coreani invece, sono convinto che la loro capacità di tirar fuori quelle punte di talento che hanno fatto grandi carriere in Europa, aiuti molto nella percezione del loro calcio.

Fuori dall’Italia è molto più semplice. In Italia, eccetto Kim Min-jae, ancora non si ha quella consapevolezza del calcio asiatico capace di superare pregiudizi e preconcetti. Il Giappone ha probabilmente un talento medio più sviluppato e calciatori come Nakata e Nakamura hanno fatto da precursori in Italia. Ma i futuri campioni, oggi, sono perlopiù coreani. Lee Kang-in potrà ripercorrere le orme di Cha Bum-kun e Son Heung-min.

Riguardo la questione mediatica, basti pensare che in Italia nessun network ha trasmesso la Coppa d’Asia. Sportitalia ha fatto un buon lavoro acquistando i diritti della Coppa d’Africa, mentre per guardare le partite del torneo in Qatar bisogna sintonizzarsi in streaming sull’app di One Football, che però offre un servizio decisamente non all’altezza. Si blocca di continuo, salta, insomma, il rischio di non potersi godere la partita è sempre dietro l’angolo.

Sarebbe stato meglio se non avessero preso i diritti, e se avessimo potuto guardare la coppa sul canale Youtube della AFC.

La grande differenza fra i diversi continenti resta la gestione del calcio. La AFC è poco rappresentativa di tutto il continente. Se escludiamo la Saudi League, la K-League e la J-League, non ci sono campionati di alto livello. 

Ciò che è successo con l’assegnazione di questa Coppa d’Asia è sintomatico di una gestione dilettantistica: la Cina si è ritirata, la gara è stata riaperta e hanno partecipato Qatar e Corea del Sud. L’hanno spuntata i primi che venivano dai Mondiali giocati solo tredici mesi prima.

Spero che con il discreto successo d’immagine riscosso con questa Coppa d’Asia, almeno sui social in Europa, il trend possa cambiare e possa migliorare la percezione del calcio asiatico. Cosa che favorirebbe lo sviluppo di tutto il movimento.”

 

La redazione di F&L ringrazia l’amico Dario Focardi per il tempo che ci ha dedicato. Vi invitiamo a seguire Dario attraverso le sue pagine e i suoi canali social. E, ovviamente, ci auguriamo di aver contribuito a muovere la vostra passione per il calcio asiatico.

Immagine di copertina tratta da Wikipedia: l’allenatore dell’Australia Graham Arnold.